Anime perdute

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

<< Sei solo uno sfigato! >> mi disse con scherno.
<< Io uscire con te? Ma per chi mi hai preso? >> il suo tono si fece schifato.
<< Tu devi essere un demente ritardato per aver osato chiedermelo! Vattene! Sciò! >>
Rimasi impietrito, col cuore a pezzi. La vidi allontanarsi con passo spedito.
Jennifer, ragazza molto bella, ma non altrettanto dolce e gentile, me ne resi conto tardi.
Vagai senza meta. Senza accorgermi arrivai dinnanzi un negozietto di robe riguardanti stregoneria, chiromanzia e cianfrusaglie varie. Entrai per curiosare un po’.
Il mio sguardo vagava tra croci in metallo, acchiappasogni indiani, sfere di vetro, tavole ouija; ma quello che mi colpì era una serie di statuine di porcellana raffiguranti piccoli animali come cani, gatti, civette; la cosa curiosa era che tutte avevano la testa girata da un lato. Volli acquistarne.
<< Non lasciare che ti guardi! >> mi disse il vecchietto negoziante.
- E’ matto! - pensai, e me ne andai senza dire niente.
Mi accorsi che la testa del gufo era collegata al busto con un perno e quindi poteva ruotare. Senza pensarci troppo girai la testa in modo che guardasse avanti.

Un flash, un vuoto di memoria. Non capisco cosa sia successo, ma quello che vedo ora è il mio stesso corpo disteso a terra senza vita. L’immagine si allontana sempre più come se stessi camminando all’indietro, eppure sono fermo; ma, dove? Continuo a vedere il mio corpo allontanarsi sempre più, al di là di un vetro giallo. L’ultimo vetro giallo che ricordo di aver visto sono gli occhi del gufo di porcellana. Attorno a me si sta facendo buio, e l’immagine del mio corpo sempre più piccola. Ormai non m’importa più niente; il mio ultimo pensiero è il gattino di porcellana che ho spedito a Jennifer.
Buio.

Nicola Battù