Di carne e sangue

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

La porta si apre, una lama di luce mi incide gli occhi. Lui entra, il passo sicuro del padrone che si concede alla vista dello schiavo. In un angolo, vicino al frigorifero, getta la borsa piena di cibo e si proietta dentro.
Tira le labbra in una smorfia che subito diventa l’ombra di un ghigno isterico. Scopre le lunghe zanne lucide di saliva e la lingua che si agita lenta sul palato. Ha fame di sangue e carne, quando viene qui.
Mi toglie le catene, strappa via la tuta già mezza sbrindellata e di colpo mi prende. E’ forte e selvaggio, è un animale ancestrale scaturito da un ventre maligno. Avverto il suo respiro gelido come la morte, i denti che affondano nel mio collo, Lui che succhia con la bramosia di chi da secoli è abituato a nutrirsi degli uomini. Allora una scarica di piacere mi scuote il corpo e devasta tutti i miei sensi. Zampillo sangue e sperma. Forse grido, forse muoio; o forse lo vorrei. Ma inutilmente. Lui è attento a non bere troppo, a lasciarmi in vita per il prossimo banchetto.
Poi se ne va, silenzioso come è venuto.
Rimango solo in questa casa buia persa fra le montagne, il luogo dove tiene segregata la sua riserva alimentare, nutrita con alimenti biologici privi di additivi, perché mi vuole in salute.
Metto via il cibo. Poi mangerò, adesso non ho fame. Mi sposto al limite della distanza che la catena mi permette e raccolgo il foglietto di carta uscito dalla tasca della tuta. L’ultimo esame fatto prima che lui mi catturasse. Il solito test per l’AIDS.
Positivo, dice sinteticamente il referto.
Accartoccio il foglio e lo getto in un angolo. E rido e piango, e ancora rido; sono solo cibo avariato, lentamente lo avvelenerò.

Giuseppe Agnoletti