Fuori ci sono le belve della notte. Le sento ansimare dietro la zanzariera e il vetro della finestra e quelle spesse sbarre di acciaio che sigillano la casa. Tremola il vento e porta i bisbigli assassini. Fuori, cè il pericolo. Fuori ci sono le belve della notte. Le avevo chiesto di non andare. Attraverso gli alberi, come antenne, si propaga il suono del loro strisciare, dellarrancare costante. Girano in tondo, fanno sortite, aspettano, sibilano. Il buio è la loro tana. In casa sono tranquillo, ho le mie sbarre dappertutto, sulle finestre e sulle porte, croci spesse e grigio scuro, che mi proteggono e le tengono fuori. La luna non esce più da molto. Quando è notte, loscurità è più completa. Voleva uscire, pur provando il brivido. Le belve della notte non perdonano. Lavevo implorata di non andare. Io conosco bene le belve della notte. Sono capaci di respirarti addosso per ore, senza che tu possa vederle, prima di afferrarti.
Lunica difesa è la propria casa. Sbarrata e impenetrabile, il silenzio che diventa soffice cotone sul quale sprofondare. Stanotte il rumore di fuori lo stesso sale, e come spifferi gelati penetra attraverso le fessure. Voleva vedere le sue amiche. Sento distintamente grattare sulle sbarre, e come striduli acuti di singhiozzo. Io so chi è alla porta, io so chi cerca di entrare. Ma la mia casa ormai è impenetrabile, non aprirò a nessuno. Nel tragitto di andata e ritorno sarebbe stata sicura, ha detto. E non teme le belve della notte, che ci sono fuori. Quelle che ci sono fuori puoi anche non temerle, ho pensato. Quelle che ci sono fuori dalla nostra casa.