Il Demone del Pentimento

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Mi misi a correre. L’idea era quella: scappare, scappare semplicemente. Oh... sì, sarebbe stato facile. Senza dubbio. Uno scherzo. E allora cos’era quest’angoscia che mi persuadeva al singolo poggiare del piede sull’asfalto bagnato, in corsa verso la salvezza, in fuga da lui, lui che sembrava avvicinarsi, invece?
Non pensarci, ripeté l’instancabile voce della mia mente, per non affaticare inutilmente, ulteriormente quel corpo emaciato che proseguiva da ore. Corri!
E si fermò. L’angoscia, quasi dolcemente. Per un attimo rimasi intontito, ormai ci avevo fatto l’abitudine, e il doversi arrestare all’improvviso dopo quella lunga, estenuante corsa mi lasciò senza fiato...
Ma poi venne il buio. Buio forse non è il termine adatto, era notte profonda e pioveva a dirotto, l’oscurità di certo non mancava, forse sarebbe più giusto dire... e il nulla mi assalì.

Non avevo idea di quanto rimasi privo di conoscenza, riconobbi solo ai miei piedi i segni inconfondibili che l’orrore era stato consumato, l’abominio, la bestia, lui, chiunque fosse, aveva versato la pura linfa vitale di un altro innocente! Oh, essere spregevole perché mi torturi ancora?! A che scopo, Dio, donarmi la vita se poi non la posso vivere?!
Piansi lacrime amare quella notte, lacrime di dolore e di pena per l’ultima delle vittime del mostro; ma quella notte i fiumi di strazio si unirono a quelli dell’intelletto: meditai al termine degli orrori.
Non fu facile, tre lunghe notti mi separarono dalla soluzione, ma una sera al sorgere della luna piena, lei venne come una grazia. Non c’era nessun lui ma solo e solamente io: ero irreversibilmente e senza ombra di dubbio alcuno... un lupo mannaro! Un insulto alla natura, ecco cos’ero, carne sangue odio e abominio!
E la fine mi fu chiara, preparai gli strumenti di morte, le mie ultime parole e liberai la mia anima per sempre.

Filippo Cova