Trecento

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Aprì gli occhi di scatto. Cercò di muovere le braccia e le gambe, ma il suo corpo era immobilizzato, incollato a qualcosa di impercettibile. Si trovava sospeso nel vuoto, con braccia e gambe divaricate. Era nudo, ma non aveva freddo. Un lieve tepore lo faceva sentire come fosse nel ventre materno.
L’iniziazione era avvenuta in una villa in campagna. Ricordava la festa, i fuochi e il tatuaggio. Lui era l’ultimo. Il più giovane. Tutti quanti avevano un numero tatuato sul polso. Il fondatore portava il numero uno, lui il trecento. Trecento dovevano essere gli iscritti. Non riusciva a vedere nulla. Non si poteva muovere e, c’era quel rumore. Un fruscio lento che si avvicinava inesorabile.

Il suo corpo sussultava nel vuoto. Ciò che lo sorreggeva vibrava come una tela al vento. Il rituale era avvenuto nei campi attorno alla villa. Lui al centro, gli altri in cerchio attorno al suo corpo nudo. Ad occhi chiusi, avevano recitato una nenia incomprensibile. Aveva aperto gli occhi solo quando la voce degl’altri era scomparsa e, si era ritrovato in quel luogo. Il rumore, il fruscio sulla tela, si faceva sempre più forte. Cercò di guardare attorno a sè ma non riusciva a muovere la testa. Poi, all’improvviso, una fitta lacerante all’adome. Era sopra di lui, ora lo sapeva. Percepiva le zampe che aderivano alla sua carne. Vedeva le zanne spalancarsi davanti ai suoi occhi. Occhi che chiuse per il terrore. Quell’essere si stava nutrendo delle sue carni. Gridò. Un grido di paura, di rabbia, di dolore. Pianse. Poi, rassegnato, riaprì gli occhi. Attorno a sè vide centinaia di esseri dalla forma aracnoide, lo invitavano ad unirsi a loro. Fece un passo esitante e si accorse che qualcosa era successo al suo corpo. Ora faceva parte del gruppo, dell’elite. Lui era il numero trecento.

Glauco Silvestri