L'uomo
strinse più forte, con i denti e con la forza della disperazione, il laccio emostatico
attorno al braccio sinistro. Poi, senza indugiare, senza dare tempo al ripensamento,
afferrò con la mano libera la piccola accetta e calò il colpo.
Un lampo rosso, come la luce del sole attraverso le palpebre serrate.
Iniziò a scivolare verso lincoscienza.
Sapeva di dover recuperare larto mozzato, riporlo in un contenitore di plastica per
campioni biologici e sigillarlo quindi nella cassaforte refrigerata. Disperato, in un
ultimo momento di lucidità, realizzò il suo fallimento.
Il parassita prese facilmente possesso del suo nuovo ospite.
Lo fece alzare da terra, i primi movimenti ancora incerti, come una marionetta manovrata
da un burattinaio inesperto.
Quindi, affacciandosi verso la realtà direttamente attraverso il nervo ottico, esaminò
con freddezza il moncherino ancora sul pavimento: un patetico tentativo per evitare il
contagio.
- Come se si trattasse del veleno di un serpente. - pensò con disprezzo, corrugando il
volto nel tentativo, grottesco e patetico, di esprimere il senso di sufficienza che
provava.
Alzò allora lo sguardo e vide una sagoma, la sua immagine, riflessa nella
vetrata che isolava il laboratorio dal resto del complesso.
Modificò ancora lespressione facciale, sperimentando un selvaggio raptus di
esaltazione.
Ora sapeva cosa fare: in un gesto di pura volontà uno pseudopodo rostrato si sviluppò al
posto del braccio mancante. Poi una triplice fila di denti deformò la mascella,
acuminati, per placare la sua insaziabile fame.
Luomo si risvegliò.
Si sentiva oppresso come in un claustrofobico loculo, giù, nei meandri della sua stessa
scatola cranica: come impotente, vedeva, sentiva tutto.
A breve, sarebbero scattati gli allarmi di bio-contaminazione: il protocollo di emergenza
richiedeva lisolamento delledificio e la sterilizzazione ad opera
delle letali forze di sicurezza.
A breve avrebbe assistito ad un videogioco dellorrore. In soggettiva. Dal vivo.