Prigioniero del buio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Un rumore proveniente dall’esterno lo fece trasalire.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte, nel timore che si facessero di nuovo vivi.
Sfiorò la canna del fucile, per infondersi sicurezza.
Gli sarebbe servito per colpire quei bastardi; qualche pasto frugale e tutte quelle notti insonni non favorivano però lucidità e precisione.
Si alzò in piedi, muovendo un passo dopo l’altro lungo la stanza, orientandosi nel buio.
Si chiese quanti altri compaesani fossero ancora vivi.
Avrebbe provato a cercarli, per combattere insieme quelle creature, mezze uomini e mezze animali, partorite da chissà quale abominio, e piombate all’improvviso nella loro tranquilla cittadina.
Avvicinatosi alla finestra, scostò leggermente la tenda per dare un’occhiata all’esterno.
Pareva tutto tranquillo, se tranquilla poteva chiamarsi la situazione in cui si trovava. Nella penombra riusciva a scorgere, ammassate lungo la strada, le carcasse di uomini e animali.
Allontanatosi da quella scena impietosa, di nuovo immerso nel buio più totale, cercò di riprendere il pieno controllo di sé.

Era troppo importante rimanere calmo e ponderare le future mosse da compiere.
Il suo respiro affannoso riempiva la stanza; lentamente riuscì a rallentarlo, fino a ritrovare un insperato auto controllo.
Incominciò a muoversi a tentoni verso la porta.
Li avrebbe colti di sorpresa, incominciando a correre verso la piazza principale, il fucile pronto a far saltare un po’ di teste.
Percorse il corridoio, inciampando contro spigoli e oggetti vari, insensibile al dolore, concentrato com’era sulla sua missione.
Allungò la mano verso il pomolo della porta, irrigidendosi di colpo.
Di nuovo il respiro affannoso, non più suo questa volta.
E il fetore animalesco che invase le sue narici.
Si precipitò come una furia all’esterno, sorprendendo l’intruso.
La creatura non lo seguì nella sua corsa verso la salvezza.
O per meglio dire, verso i suoi fratelli.

Enrico Arlandini