Per amore dei figli

Che fosse pericoloso lo sapevano bene. Non era certo la prima volta che andavano a rubare di notte nella cascina. Avevano rischiato più volte la pelle, questo è vero, ma fortunatamente erano sempre tornati a casa sani e salvi. Dovevano agire in fretta e soprattutto in silenzio.
Entrati senza far rumore in quel cascinale si guardarono attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno a tendergli una trappola. In gioco c’era la loro vita e quella dei loro figli.
Oltre la scala in legno, appoggiati contro la parete c’erano tantissimi sacchi contenti del cibo. Era quello che stavano cercando.
Lui corse in direzione dei viveri e chiamò la sua amata affinché lo raggiungesse.
Questa volta avevano trovato un ben di Dio. C’erano tantissime provviste, ma non era necessario essere esosi, gli occorreva prendere solamente lo stretto necessario. Anche perché, se qualcosa fosse andato storto, avrebbero potuto correre un po’ più velocemente senza essere ingombrati da un peso eccessivo.
Afferrata una discreta quantità di cibo si diressero verso l’uscita.
Fuori dalla cascina la notte era più nera della pece e non c’era neanche un filo di vento a fare rumore. La fattoria a pochi metri di distanza era immersa nel sonno. Nessuna luce accesa, niente di niente.

Lui si accostò allo stipite della porta per controllare che tutto fosse tranquillo. Potevano andarsene da quel posto. La notte taceva e non c’era traccia di alcuna minaccia. Si girò di scatto verso il suo amore e le disse di correre velocemente verso il sentiero e di attenderlo là nel più assoluto silenzio. Lei non esitò a correre come una forsennata in direzione della meta. Una volta uscita dal cascinale la osservò sino a che la notte la avvolse completamente facendola scomparire. Sentiva solo i suo passi picchiare sconnessamente come sulle pelli di un tamburo, diminuendo di intensità sino ad essere impercettibili.
Pochi secondi più tardi partì anche lui. Schizzò fuori dal cascinale ad una velocità impressionante. Si arrestò di scatto quando trovò dinanzi a sé alcune provviste che la sua amata aveva sicuramente perso nella corsa. Poco più avanti c’era del sangue. Lasciò cadere le sue scorte di cibo, quando, a pochi centimetri alla sua sinistra trovò la testa mozzata di lei.
Quale essere mostruoso poteva aver compiuto quel tale scempio? La testa da un lato e le viscere cosparse dall’altra.
Aveva perso la sua amata. I suoi occhi riflettevano la sua disperazione e il suo terrore. Era immobile, in piedi di fronte a ciò che rimaneva di lei.
Improvvisamente un rumore quasi impercettibile alle sue spalle. Come un leggerissimo soffio di vento.
Avvertì un dolore straziante. Si sentì lacerare le carni ed ebbe come la sensazione di venire trascinato verso l’alto.
Urlò più forte che potesse. Gridò con tutta la voce che aveva in corpo affinché qualcuno potesse giungere in suo aiuto. Qualcosa di mostruoso lo stava dilaniando.
I suoi occhi si spensero per sempre. Nella sua mente restò solo il ricordo del suo amore e dei suoi piccoli che, senza i loro genitori non avrebbero avuto speranze e non sarebbero sopravvissuti a lungo. Avevano fallito lui e la sua amata. La morte li aveva colpiti mentre stavano tornando a casa dai figli. Avevano rischiato e perso la vita per amore dei figli.

 

Improvvisamente il cane che dormiva nel cortile della fattoria avvertì tutto quel trambusto ed iniziò ad abbaiare a gran voce.
La luce della casa si accese ed ecco uscire dalla porta un uomo. Con la lanterna in una mano e un fucile nell’altra, avanzava di gran passo in direzione della cascina.
Il portone era socchiuso. Controllò tutto all’interno del fienile ma non trovò nulla di strano.
Sentì una voce chiamarlo dall’esterno.
- Vieni a vedere, papà!
Uscì dal cascinale e vide suo figlio a pochi metri di distanza che con la torcia illuminava il sentiero.
- Che cosa c’è, Fulvio? - disse il padre.
C’era del granturco a terra e vicino ad esso delle grandi quantità di sangue.
- Guarda papà, c’è la testa di un topolino di campagna!
- Vieni via di là! Torniamo a casa! - disse il papà prendendo per mano il bimbo.
Intanto dall’alto di una betulla, come un fantasma bianco, un barbagianni stava nutrendo i suoi piccoli.

Emanuele Mattana