L'acquario

Giorni che non andavo a controllare la posta. In fondo, perché avrei dovuto? Non scriveva mai nessuno.
Lo sportello scricchiolava. Dentro c’era uno di quei volantini pieghevoli dei viaggi granturismo da 19,90.
A dire il vero, ero curioso di vedere come fossero, la gente diceva che non erano dei pacchi.
Avrei telefonato per prenotarmi e andare a vedere l’acquario. Non ero mai andato, a vedere l’acquario.
Alzai il ricevitore. Era la prima volta, da un mese.

 

Il granturismo viaggiava spedito in autostrada. C’erano molte persone occupate a guardare il posto vuoto accanto a me.
Dormii per tutto il viaggio, fino a quando un folle trambusto non mi svegliò. Aprii gli occhi e vidi che eravamo arrivati al mare. L’autista attraversò la città senza seguire le indicazioni per il capolinea. Non capivo.
- Dobbiamo scendere - esortai, visto che il mio posto da fan del vomito mi obbligava a stare proprio dietro a quello del conducente. Lui si voltò e mi sorrise, ma la sua faccia non era più la stessa di prima: cadeva a pezzi, deturpato, pareva un lebbroso.

- Ora scendiamo - ghignò - Vedrai come scendiamo all’acquario.
Cominciai a preoccuparmi seriamente, mi voltai verso il passeggero nella fila a fianco alla mia, come per chiedere appoggio.
- Ora scenderemo tutti assieme - disse. Intanto si staccava una benda dal braccio dal quale pendeva una crosta purulenta. La sua faccia sembrava fatta di segatura.
Mi girai a guardare; erano tutti così, adesso, tutti ridevano e mi additavano, si stavano decomponendo ed io avevo solo voglia di gridare.
Intanto, il granturismo percorreva una curva decisamente pericolosa e, nel farlo, andò proprio a schiantarsi contro il guard-rail. Stavamo scendendo davvero, adesso.
Se non fossi riuscito a uscire, sarei finito giù per il dirupo, direttamente in mare.
Era quello l’acquario...

 

Alzai il ricevitore. Era la prima volta, da un mese.
Guardai la cornetta accostata al mio orecchio. E la rimisi giù.

Sara Palladino