Nello specchio

Ancora gronda di piacere il mio corpo nudo, nel letto. Ancora trattiene in sé il sapore di un'estasi appena consumata. Mi sveglio ricoperto di graffi e di morsi. Le mie braccia sono livide e gonfie, come se avessi combattuto all'ultimo respiro. Eppure ho dormito da solo. Eppure stanotte, nella mia stanza non è passato nessuno. Mi torna alla mente il sogno, così vivo. Mi torni in mente tu, ancora più viva in mezzo ad esso. Una nuova volta ho fatto l'amore con te, misteriosa creatura senza volto. In un sogno tanto bruciante da dominare l'inferno. In quel delirio abissale che da giorni si rinnova, deragliando la mia mente dai binari di ogni passata certezza. Anche stanotte ho fatto l'amore con te. In uno spazio tanto irreale e ignoto, da sconfinare nelle mie paure più radicate. Sei l’abisso che dilata il mio cuore ferito. Sei il fiume di emozioni che sfocia rabbioso nella mia anima, mentre essa appare umiliata. Eppure sei la consolatrice perfetta, che sola può calmare il mio dolore. Penso all’ultima sera che ho fatto amore con Michela.
L’odore del suo sesso si appiccica ai peli del mio pizzetto. La mia lingua si distende fino a nuotare dentro di lei. Con forza, con vigore estremo, fino quasi a sfidare i crampi. Io amo il suono che tutto ciò fa, io amo sentire i suoi gemiti confondersi con quel rumore, io amo riempirmi del sapore delle sue carni. Le sue mani mi strappano capelli, poi mi implora a gesti di invadere il suo corpo. Le sussurro all’orecchio che la aprirò in due come una mela. Mi ha chiesto di chiamarla puttanella, ma solo mentre facciamo l’amore. Di dirle parole volgari, di creare situazioni torbide. La eccita terribilmente. La guardo negli occhi. Lo faccio con durezza. La prendo con energia e la porto di prepotenza al centro del letto. “Tu sei mia, puttanella. Solo mia. Ricordatelo”. Mi sorride in modo strano, mentre le dico quelle parole. Sento lo stomaco che brucia, come se l’istinto mi suggerisse l'oscuro contenuto di quel sorriso. Ma no, non può essere. Io la amo. La amo come mai ho amato qualcuno...
Ho il diavolo in corpo, a questi ricordi. Rabbia. Il dolore di una ferita che non si può più ricucire. Ripenso a quel sorriso e ci vedo un baratro senza fondo. Faccio fatica a trattenere in me il dolore. Mi alzo dal letto. Mi metto davanti allo specchio. Guardo da vicino i miei occhi. Ho le borse, e la barba incolta. Mentre mi guardo allo specchio, con la coda dell'occhio ti scorgo alle mie spalle. Ancora una volta, nello specchio. Mi volto all'improvviso. Eppure dietro di me non c'è nessuno. Mi fai paura, col tuo silenzio. Con le tue misteriose apparizioni. Avverto la tua presenza. Il cuore mi batte forte. Lentamente torno a guardare nello specchio. Ancora di sfuggita, alle mie spalle vedo che si muove qualcosa. Sei tu, amica mia. L’entità femminile dei miei sogni. Cammini verso di me.
Come al solito non vedo il tuo volto, che da lontano pare sempre senza alcun lineamento. Ti avvicini a me. I tuoi occhi guardano verso i miei. Li riconosco agghiacchiato. Esco dalla mia stanza, mentre il cuore mi martella come una mitragliatrice impazzita. Per un solo attimo ho visto il tuo volto. E di esso stavolta ho avuto infinito sgomento. Mio Dio! Era il volto di mia madre! Ho paura di te! Ho paura di te, almeno quanto ne ho bisogno. Tu sei il mio più grande orrore, ma assieme la mia più grande consolazione.
“La amavo. misteriosa creatura, io amavo Michela con tutto me stesso. E nulla le ho mai fatto mancare. Ma la vita ha altre regole, e solo l’amore detta dominio e possesso su una donna. L’amore per una donna, amica mia, non è quasi mai fatto di buoni sentimenti. L’amore per una donna è guerra. E’ subdola e spietata legge del più forte. E’ il dominio di un animale sul branco dei suoi avversari. E io mi rodo di quel possesso che ho perduto. Perchè il mio orgoglio è ferito. Nel profondo.”
Cammino nel bosco. E penso a te. Confondo i mille volti di donna con cui mi appari, con quello della donna che mi ha tradito. Io non ti ho mai vista veramente. E tu per me non hai volto e non hai corpo. Ma con certezza ormai so che esisti e che appartieni alle mura di questa casa. Nessuna donna umana potrebbe capire i miei sensi, come hai fatto tu in queste notti. Nessuna donna saprebbe consolare come fai tu il mio cuore. Hai il profumo dell'inferno e la mia anima sconsolata e dolente, in esso, ha imparato a rifugiarsi.
Torno col buio, nella mia stanza. Nella casa di montagna abbandonata dei miei nonni. Spengo la luce. Accendo una candela, e mi metto di nuovo davanti allo specchio. Fisso intensamente i miei occhi, da vicino. E ti attendo. Non vedo bene le cose nel dettaglio, amica mia. Ma nella mia cecità, so distinguere le luci dalle ombre. E tu di sola ombra sei fatta. Dopo qualche minuto dietro di me, nel buio, cammina di nuovo la tua presenza femminile. Ti chiamo. Guardo nei miei occhi, e dietro la mia immagine, con la coda dell'occhio ti vedo. A poco a poco compare il tuo volto. Non sei più mia madre. Ora hai preso il volto di Lucia. La ragazzina di cui ero stato per anni segretamente innamorato, nella mia adolescenza. Sei senza vestito alcuno. Con malizia cammini alle mie spalle. Mi seduci con occhi di bambina. Ancora nel tuo corpo, il mio corpo vuole entrare, come coltello che entra nella carne viva. Di piacere ancora voglio straziarmi con te, come brace che si consuma nel fuoco vivo. Sei l'eco dei miei più nascosti desideri. E quando il sonno cadrà nuovamente su di me, di nuovo impazzirai nelle mie carni. Tu sarai ovunque e ovunque io starò in te. Senza volto, nè anima. Senza cuore, nè tenerezza alcuna. Io e te, ormai, siamo una cosa sola. Suona il campanello. La tua immagine a quel suono scompare dalla specchio.
Accendo la luce. Eppure nessuno sa che io ora sto qui. Chiedo al citofono chi è. Riconosco la voce, e resto stupito di quello che sento: E’ Michela. Non so che ci faccia qui. E non so come abbia fatto a trovarmi. Entra in lacrime. Dice che mi cercava da giorni. Dov’ero finito? Mi dice che mi ama. Il mio cuore è contrastato. Le chiedo di quell’altro, lo faccio con dolore. Lo faccio con disprezzo. E lei mi dice che era confusa. Che non sapeva quello che stava passando. Ama me. Ora l’ha capito. Me lo assicura. Mi chiede scusa. Mi dice che sa quello che ho passato. E io invece sento dolore. Tutto quello in cui credevo non ha più lo stesso senso. La nostra complicità è stata tradita, e non bastano parole per ricucirla. La penso nel letto con lui. La penso mentre mi riempie di scuse per vedersi con lui. In me irrompe il dolore struggente di una rinnovata morte. Le dico di andarsene. Le dico che per me lei non è più niente. Provo rabbia e infinita tristezza. Ma con che faccia si ripresenta qui? Non lo capisce quello che mi ha fatto passare? Non capisce l’umiliazione che ho dovuto passare a causa sua. Sento come un groppo in gola. E mi rendo conto di quanto ancora sono innamorato di lei.
Vado in camera. Non voglio che mi veda mentre sto male. Ma lei mi segue. Mi dice che non sto bene e che ora mi starà vicino. Mi dice che vuole riniziare con me. Ti passa davanti. Passa davanti allo specchio. E io so, amica mia, quanto la odii. Dallo specchio vedo uscire due braccia mostruose. Lei sta gridando, e intanto tu la muovi come se fosse fatta di stoffa. La tua mano le tappa la bocca, e le alza il collo. Senza pietà alcuna, con la lama di un coltello le togli la vita. Urlo incredulo per quello che ho visto. Nel mio petto esplode l'inferno.
Che cosa le hai fatto? Sei un mostro! Ho paura davvero. Tanta paura io non l'ho mai avuta in tutta la mia vita. Lo giuro! Resto immobile e disperato. A bocca aperta. Tu hai ucciso la donna che più di ogni altra ho amato. La donna per cui ho speso più vita ed emozioni! La donna che ha rubato dal cuore ogni mia ragione. Io l'amavo! Mi capisci? Soffrivo ma la amavo con tutto me stesso... In lacrime ti chiamo. Ti invoco. Ma tu non rispondi più. Guardo nello specchio, e in esso ovunque ancora ti cerco. Alle mie spalle. In ogni angolo. Ti dico di uscire. Ma non avverto più la tua presenza. Mi allontano. Nello specchio non ci sei più tu. In esso vedo solo la mia immagine consumata e distrutta. Sono sporco di sangue ovunque e sto piangendo come un bambino. Nella mia mano, ancora tremante, io stringo con’impietosa fermezza il manico di un coltello assassino.

Il Ramo Rubato