Quando
sento parlare di case infestate o di persone che aprono quotidianamente le porte degli
abissi, un leggero tremolio si impossessa dei miei arti e faccio fatica persino a parlare.
Sono una persona estremamente realista, non credevo a fantasmi né ad alcun tipo di
esperienza paranormale. Non ci credevo... fino a qualche settimana fa. Mi chiamo Gabriel
Dark, sono nato e cresciuto in Italia ma ho il doppio passaporto, in quanto mio padre è
originario di Providence, un paese degli Stati Uniti dAmerica. Ho sempre vissuto a
Roma e qui lavoro presso una ditta che si occupa di immobili. Quando alcune persone
ricevono delle case in eredità e se ne vogliono liberare, la mia azienda propone delle
offerte in denaro per accaparrarsi le proprietà.
Da premettere che la mia ditta non lavora solamente in zona, ma spesso noi dipendenti
siamo costretti a girovagare per lItalia, tutto a loro spese, naturalmente.
Due settimane fa mi trovavo in ufficio, adagiato sulla mia sedia, intento a compilare
alcuni moduli per la chiusura di una trattativa in zona. Il capo, una persona di statura
media, con un girovita decisamente eccessivo e con radi capelli, mi fece chiamare
urgentemente nella sua stanza. Quando entrai, il capo si trovava in piedi, dinanzi alla
finestra e stava scrutando attentamente la pioggia che accarezzava tumultuosamente le
vetrate dellufficio.
Fu di poche parole, mi disse che un tale Bosti aveva chiamato in sede riferendo della
possibilità di trattare unenorme casa che presto avrebbe ereditato. Era situata nel
casertano, con esattezza a Pontelatone, piccolo paesino di campagna situato sotto il monte
Maggiore. Sarebbe toccato a me andare a visionare la costruzione e analizzare i pro e i
contro di un eventuale acquisto. Avrei dovuto accertarmi delle condizioni, della grandezza
e approssimativamente stilare un prezzo base dofferta. Quando stavo per abbandonare
lufficio il capo mi fermò mettendomi al corrente dellunico inghippo che avrei
potuto incontrare. La casa, al momento, non era vuota, il nonno della persona che aveva
telefonato abitava ancora tra quelle mura. Il signor Bosti aveva parlato di una persona
anziana non molto cortese, ma che era stata messa al corrente della mia visita e che mi
avrebbe accolto senza remore.
Pensai che forse sarebbe potuto essere un vantaggio avere qualcuno che mi avrebbe potuto
illustrare al meglio ogni angolo dellimmobile, così raccolsi la notizia come una
cosa positiva... mi sbagliavo, quanto mi sbagliavo!
Abbandonai la sede, diedi una fugace occhiata verso il cielo, era imbottito di nuvole nere
pronte a riversare tutta la loro collera sul mondo. Non era uno scenario incoraggiante, ma
per me che non mi lasciavo impressionare da nulla, era la solita giornata piovosa e niente
più. Non persi tempo, passò poco più di mezzora e già mi trovavo alla guida
dellauto di servizio, autostrada davanti agli occhi e sigaretta fumante tra le dita.
Sarei giunto a Caserta nel primo pomeriggio. Un cielo macchiato di nero troneggiava sul
mio percorso, in alcuni punti, la volta celeste, perdeva la sua tetra tonalità, andandosi
a modellare con rosei colori che si mostravano in lontananza. La quarta sigaretta era
morta sotto le mie mani e lultima boccata di fumo era fuggita via come uno spettro
attraverso il finestrino. Il tempo scivolò via veloce e quel viaggio di due ore sembrò
una rasserenante passeggiata. Giunsi a Caserta, imboccai la strada che mi avrebbe condotto
a S. Maria C.V. poi di lì avrei preso per S. Angelo in Formis e dopo un bel po di
strada, malamente asfaltata, sarei giunto a destinazione.
La pioggia aveva cessato il suo battito costante contro lasfalto. I sentieri che
fiancheggiavo erano verdi vallate e enormi montagne. Iniziai a ispezionare la zona con il
mio occhio esperto. Sarebbe stata lideale vacanza per lamante della natura. La
casa che avremmo comprato in quel luogo, con unadeguata ristrutturazione, sarebbe
valsa davvero un bel po di quattrini.
Mi ritrovai in paese quando lora di pranzo era passata da un pezzo. Il mio stomaco
chiedeva impetuosamente di essere sfamato. Scesi dallauto, mi sgranchii le gambe e
mi avvicinai ad un piccolo bar che addobbava la spoglia piazza di Pontelatone.
Il centro del paese si completava con unedicola e un piccolo tabacchi. Era il paese
più piccolo che avessi mai visto, ma probabilmente, tuttintorno, chilometri e
chilometri di campagna lo rendevano molto più grande di quanto non sembrasse.
Entrai nel piccolo bar, un bancone sporco attendeva clienti che non cerano. Una
vecchia insegna, mezza rotta, pubblicizzava una strana marca di gelati. Chiesi un caffé e
sfamai il mio appetito con due buste di patatine, era tutto quello che riuscii a trovare
di commestibile.
Luomo che si trovava dietro la cassa era sicuramente il proprietario del locale. Era
molto alto, capelli neri e barba incolta. Sicuramente non aveva problemi a difendersi, se
mai ce ne fosse stato bisogno. Chiesi, mentre sorseggiavo il caffé, dove si trovava la
proprietà dei Bosti. Lespressione cupa, che già di per sé, addobbava il viso del
barista, divenne ancora più ombrosa.
Dopo avermi scrutato con attenzione mi chiese il motivo di quella domanda, asserendo che
nessuno cercava quella casa e chi la conosceva ne restava alla larga. I suoi discorsi non
fecero altro che incuriosirmi ulteriormente. Narrai la mia storia, il mio scopo e cercai
di spillargli delle nuove informazioni sulla struttura. Luomo con voce fessa e rauca
mi disse che quella casa era maledetta, che era abitata da un vecchio pazzo che aveva
aperto porte che mai sarebbero dovute essere aperte. Tutti in paese evitavano il vecchio
Jon e ogni persona sana di mente si guardava bene dallavvicinarsi alla sua
proprietà. Raccontò di alcuni periodi dellanno durante i quali, dalla casa,
giungevano grida di angoscia, urla di terrore, pianti di bambini. Spesso il bestiame dei
dintorni veniva trovato morto, mucche, bufali, cavalli, con corpi squarciati e privi di
sangue. Narrò di alcune strane melodie che provenivano dallabitazione del vecchio e
di alcuni versi figli di nessun animale conosciuto. Il suo monologo su casa Bosti ebbe uno
strano effetto, naturalmente ero terribilmente scettico e ritenevo tutte quelle parole
come dei racconti popolari, leggende.
Ma qualcosa mi inquietò. Quando guardai fuori mi accorsi che la luce aveva ceduto posto
al buio, che man mano stava calando. Mentre stavo giungendo in paese mi ero accorto della
scarsa illuminazione delle strade e della quasi totale assenza di una rete elettrica.
Spostarsi tra quelle terre, senza lausilio del sole, doveva essere un compito
estremamente arduo e sicuramente non per persone facilmente impressionabili.
Chiesi nuovamente alluomo che sentiero dovevo percorrere per giungere alla residenza
dei Bosti. Quando il proprietario del bar capì che nulla mi avrebbe convinto ad
abbandonare il mio scopo mi parlò di un sentiero dal quale è quasi impossibile vedere la
luna, mi parlò delle tenebre che sembrano muoversi e assumere bizzarre forme dinanzi agli
occhi degli incauti esploratori. Il succo fu che avrei dovuto proseguire a nord, avrei
incontrato un sentiero non percorribile in automobile, avrei dovuto percorrerlo e dopo
duecento metri mi sarei trovato di fronte alla casa del vecchio Jon. Abbandonai il bar e
luomo mi salutò quasi come se fosse preoccupato per me. Non perse occasione per
cercare di persuadermi, ma ero troppo fermo sulla mia decisione per credere a sciocche
storie di fantasmi.
Mi accorsi, quasi distrattamente, che la piccola piazza era vuota, con lavvento
delle tenebre le poche persone in giro si erano rintanate nelle proprie abitazioni,
timorose nei confronti di qualcosa che non riuscivo a percepire. Misi in moto lauto
e mi incamminai verso nord, come mi aveva gentilmente indicato luomo del bar. Era
difficile riuscire a capire che cosa mi circondasse. I poveri lampioni della piazza
illuminavano a mala pena e quando mi allontanai definitivamente tutta la tenebra padrona
del posto mi circondò. Io non credevo a tutte le storie che mi aveva raccontato
luomo, ero lì per svolgere il mio lavoro e probabilmente il vecchio Jon mi avrebbe
offerto anche il pernottamento. Sporadiche folate di vento smuovevano il fogliame che
circondava ogni dove di quel luogo. Gli alberi erano scossi dagli sbuffi del vento e i
rami sembravano braccia in preda ad attacchi epilettici. Giunsi ad un bivio. La strada
sulla destra era asfaltata e conduceva fuori paese, il sentiero che cera sulla mia
sinistra era troppo stretto per essere percorso in auto... doveva essere il sentiero che
mi era stato indicato.
Capii di essere sulla rotta giusta. Abbandonai lauto e mi accorsi di quanto bassa
fosse diventata la temperatura di quel luogo.
Non avevo scorto case nel mio tragitto e un piccolo lampione aveva il compito ingrato di
illuminare quellenorme bivio. La luce era scarsa e illuminava fiocamente il sentiero
che avrei dovuto intraprendere. Per prima cosa, pensai, bisognava rendere quel sentiero
accessibile alle auto, non mi piaceva lidea di percorrerlo a piedi e per di più in
piena notte... il pericolo di qualche lupo non era da scartare. I miei passi erano
musicati dal fogliame che docilmente calpestavo. Volsi lo sguardo verso il cielo e capii
perché luomo del bar mi aveva indicato quel sentiero come un posto dal quale
non è possibile vedere la luna, i rami fitti degli alberi formavano quasi una
galleria, o meglio un tunnel che rendeva impossibile la panoramica del cielo. Devo
ammetterlo, quella cosa non mi piacque, mi sentii quasi come imprigionato e un lieve
attacco di claustrofobia mi assalì per qualche secondo. Avvertii uno strano vocio, poi
una macabra musica iniziò a turbare il mio udito. Quando giunsi alla casa un senso di
angoscia si era imprigionato nel mio corpo. Era una vecchia costruzione con una grossa
porta dingresso e sulla facciata principale portava due finestre poste in alto...
davano limpressione che quella casa avesse due occhi. Il colore mi sembrava bianco,
ma vista la scarsa illuminazione non ci giurerei. Sulla finestra di destra mi sembrò di
vedere qualcosa, unombra apparve con un sorriso stampato sul viso... apparve per
essere subito inghiottita dalle tenebre. Pensai potesse essere Jon, ma quel posto e forse
i racconti delluomo mi stavano suggestionando. Un rumore di tamburi echeggiò
improvvisamente nel nulla che mi circondava. Proveniva dalla casa. Mi avvicinai a passo
svelto. Scorsi una porta semichiusa che dava su alcune scale. Spinto dalla curiosità
entrai... quanto fui incosciente Dio solo lo sa. Man mano che scendevo le scale il rumore
di tamburi aumentava sempre più. Qualcosa si mosse alle mie spalle... udii un cachinno
giungere da un angolo buio situato alla mia destra. Non potei far altro che rabbrividire
copiosamente. Ancora un cachinno dalloscurità seguito dallapparizione di due
occhi rossi comparsi dal nulla. Mi diedi ad una fuga sfrenata verso il basso. Avevo
percorso quelle scale per molto tempo in preda al panico e mi ritrovai in una grotta
completamente coperta dalle tenebre. Mi sembrava di essere in un abisso, in un incubo
ignoto. La grotta aveva numerosi accessi dai quali giungeva una luce blu, simile alla luce
lunare, che permetteva ai miei occhi di scrutare tutto quello che mi circondava. Vidi una
pietra rotonda e grande come un tavolo, sulla quale cera il corpo di una donna
incatenato e con il ventre squartato. Il puzzo di sangue era terribile. Mi avvicinai e
lorrore mi assalì completamente. Sul volto della donna erano state fatte strane
incisioni, strani simboli le avevano scarnificato il viso. Una figura venne fuori dal
buio, pallida, scheletrica, reggeva tra le mani insanguinate qualcosa... urlai, non mi
riuscii a trattenere, urlai più volte. Quelluomo scheletrico aveva tra le mani una
specie di neonato... non era un cucciolo di uomo... no! La piccola creatura si dibatteva
tra le mani dellessere, emettendo rauchi suoni gutturali. La luce lunare si accese
improvvisamente... il corpo del neonato era completamente coperto di peli, gli atri
inferiori culminavano con degli zoccoli e al posto della mani aveva due tenaglie, la
testa... la piccola testolina era simile a quella di un cavallo, con due corna che
spuntavano dal cranio e con delle orecchie simile a quelle di un pipistrello... vidi delle
piccole ali, sulla schiena, ma non ne fui sicuro.
Sono Jon, disse luomo scheletrico, signore degli abissi!