Grigio,
verde, giallo, blu. Ormai la sua pelle sembrava mutare di colore come quella di un
camaleonte. Erano giorni che non usciva dallalloggio, non ricordava più quanti. La
dose gliela portava Jean, così non doveva preoccuparsene.
Si alzò dal letto maleodorante, ormai aveva croste e lividi dappertutto, se usciva in
strada comunque lo schifavano. Neppure lui sapeva che cosaveva in corpo.
Decise di farsi un bagno, si trascinò barcollando fino alla vasca di zinco e aprì
lacqua. Cautamente poteva riuscirci. Quando alzò il braccio per strofinare il
sapone, si accorse che sanguinava da una crosta particolarmente livida e scura. Con
lindice scavò, non era normale. Quando ebbe liberato lascesso, vide qualcosa
di bianco e aguzzo. Usciva. Un artiglio bianco dal braccio.
Si voltò e constatò che ne aveva anche sulla schiena, lo specchio inchiodato al muro non
mentiva.
Voleva urlare ma non ci riusciva, gocciolava di sudore oppiaceo nella vasca, credeva di
impazzire.
Mentre si scuoteva gli mancò lequilibrio e scivolò di lato, battendo la testa.
Jean era in ritardo, quella mattina.
Mille giri e appostamenti, poi finalmente ce laveva fatta: aveva le dosi per
entrambi.
Aprì la porta e avvertì subito qualcosa di strano, lacqua in bagno che scorreva.
Si precipitò e lo trovò nella vasca, esanime e violaceo, con strane chiazze bianche su
tutto il corpo. Il pus scorreva fuori, nelle sue mani. Il male scorreva fuori dalle sue
mani. Fissò lo specchio, terrorizzata: cera lei, sdraiata in quella vasca, e unghie
fuoriuscivano dal suo corpo.
Domani qualcuno li avrebbe ritrovati distesi, sul pavimento freddo.
Niente ormai poteva scalfire la loro pelle perfetta.