Olat

“Ho trascorso una lunga vita di tormento e di dolore, forse mai provati da nessun altro, ma posso dire che la mia vita ha un senso, un preciso scopo e non so quanti altri possano affermarlo.
É questo pensiero che mi ha sostenuto in tutti questi duri anni, in cui c’è stato spazio solo per la sofferenza.
Ma cominciamo dall’inizio di tutto...
Durante la stagione dei funghi, quando ancora non erano contaminati, trascorrevo ogni anno un paio di settimane nella mia casa in Lunigiana, nella Valle delle Grida, a poche centinaia di metri da un piccolo paese di montagna ormai quasi completamente spopolato: Olagrond. Proprio di fronte alla mia casa si trovava quella di Claudio, un anziano signore mio amico, che trascorreva lì gran parte dell’anno.
Conoscevamo molto bene i boschi del posto, spesso vi trascorrevamo quasi l'intera giornata, tornando a casa felici con i cesti pieni di funghi porcini.
Durante le nostre escursioni parlavamo molto, di tanti argomenti, dallo sport alla politica e ricordo che un giorno la discussione finì per trattare non so come di leggende locali. Claudio cominciò a raccontarmi una leggenda locale, secondo la quale in certe notti di luna piena si udirebbero grida strazianti risuonare in tutta la valle. Claudio raccontò di persone del luogo, cercatori di funghi e cacciatori, che dicevano di aver in effetti udito strane grida o lunghi lamenti provenire dai boschi intorno al paese o di avere addirittura visto strane forme nella nebbia. Io ascoltai, ovviamente non troppo convinto, anche se incuriosito il racconto, pensai a come questa storia somigliasse ad un’infinità di altre che trattavano di misteriose creature: dal Chupacabra, a Nessie o a Bigfoot, che in molti giuravano di aver visto, ma sulla cui esistenza non si aveva la minima prova certa, a meno di non voler considerare come tali foto molto sfocate ed isolate, quanto dubbie, impronte sulla neve. Spesso probabilmente si parte da elementi reali, che però col passare del tempo e dei passaggi da una persona all’altra si arricchiscono di elementi irreali, fantasiosi, piccole o grandi incomprensioni, in buona fede o meno, che finiscono per distorcere completamente la realtà.

Ciò che accadde decenni fa , in un caldo pomeriggio d'autunno del 2007, fu però molto più che una leggenda locale, stravolse le mie convinzioni e la mia visione del mondo.
Nonostante tutto il tempo che è passato, non posso fare a meno di ricordare quel giorno con dolore.
Durante una delle nostre escursioni ci addentrammo nel bosco con il mio fuoristrada, lungo una vecchia strada sterrata e poi proseguimmo a piedi, per un paio d’ore, fino a raggiungere la sommità della montagna e fu lì che facemmo la straordinaria scoperta. Fu Claudio a vederla per primo spuntare dal terreno: una testa in pietra, a forma di mezzaluna ed un corpo rettangolare, che rappresentava la forma stilizzata di un guerriero. Ci fu subito chiaro che si trattava di una statua stele, una delle tante ritrovate sparse in tutta la Lunigiana e d’epoca preistorica. Eravamo naturalmente molto emozionati, si trattava di una scoperta di per sé straordinaria ed oltretutto la statua presentava una caratteristica mai rinvenuta prima in altre statue: al centro della statua sporgeva un disco in pietra nera, lucente. Claudio non seppe trattenersi e chissà perché afferrò quel disco e lo estrasse con facilità dalla statua. Improvvisamente iniziò a gridare di dolore, stringendo con sempre più forza quel maledetto disco. Inizialmente fui paralizzato dal terrore, poi cercai di afferrare il disco per strapparglielo dalle mani, ma prima che ci riuscissi produsse un ultimo, straziante urlo, che mi investì con tutta la sua potenza.
Credetemi, quell’urlo non aveva nulla di umano, era difficile credere che fosse stata una persona a produrlo. Non era una semplice onda sonora che si propaga nell’aria, ma molto di più, qualcosa di diverso, che mai avevo udito prima. Era come un’entità dotata di vita propria, di esistenza indipendente da chiunque, o qualunque cosa l’avesse emessa. Avvolgeva il corpo di chi lo udiva, vi penetrava fino alle ossa facendole vibrare e ne stringeva il cuore afferrandolo dall’interno. Fu in quel momento, che con orrore vidi il corpo del mio amico sciogliersi come una candela, tutto: pelle, ossa, muscoli si sciolse in una pozza di liquido, che fu subito assorbita dal terreno. Fu in quel momento, stravolto dall’orrore, che decisi di abbandonare quel luogo per non farvi più ritorno, anche se sapevo bene che l’eco di quel urlo mi avrebbe seguito ovunque, nei miei sogni, nei miei incubi più profondi. Ancora non lo sapevo, ma non avrei potuto mantenere il mio proposito.
Quando tornai a casa sotto shock, raccontai che Claudio si era perso nel bosco, d’altra parte che altro avrei potuto raccontare...
Le ricerche durarono molti giorni, ma ovviamente non portarono a nulla. Lasciai allora quel posto, pensando che mai vi sarei tornato, cercai ostinatamente di dimenticare tutto, di convincermi che ero stato vittima di semplici allucinazioni, che ciò che avevo vissuto non era reale, ma fu tutto inutile. Poi arrivò la prima notte di plenilunio e l’entità mi si presentò per la prima volta, come una voce proveniente dall’interno della mia testa. Il tempo non ha intaccato la mia memoria e ricordo perfettamente le sue parole: “Ascoltami, insignificante creatura, grumo di polvere di stelle. Esistevo già quando gli atomi che compongono il tuo corpo si formarono nel nucleo di qualche antica stella, miliardi di anni fa. Cominciai ad esistere pochi istanti dopo la nascita del tempo e dello spazio, quando ancora il nostro Universo era una densa, informe nube di materia ed energia. Da allora, insieme al mio gemello Olat, perseguo il mio obiettivo, quello di portare l'Universo a quello che deve essere il suo naturale destino: il caos assoluto. Eppure, ovunque nell'Universo, come un morbo che non accenna ad arrestarsi, la vita prolifica e mette ordine nel disordine. Tutte quelle forme, ordinate e complesse... non posso sopportarle! Ma più di tutto non posso sopportare la vita intelligente, questo è il maggiore pericolo, ma d'altra parte anche la maggiore risorsa per me. Vogliono comprendere ostinatamente ogni cosa, costruire opere sempre più grandi e complesse, ma non puoi immaginare con quanta facilità milioni di civiltà si sono spente nel caos, per mano propria e con mia grande gioia”.
“Vai all'inferno!” gli urlai incredulo e lui mi rispose: “Inferno, voi umani usate parole anche per definire cose che non sono per voi concepibili. Sarò felice di andarvi, quando tra miliardi di miliardi di anni avrò compiuto la mia missione. Lì troverò riposo e tu invece troverai la vera essenza ed il vero, infinito tormento del nulla. Se vuoi prima avere una lunga vita su questa terra, ascolta le mie parole e fa quello che ti dico, vivrai più a lungo di qualsiasi altro umano. Dovresti considerare un grande privilegio tutto questo”.
Fui turbato, spaventato da quelle parole, ma non cedetti, lo giurai a me stesso ed al mio amico scomparso, anche se intuii che ciò mi sarebbe costato un'enorme fatica ed un enorme dolore. E così fu.
Per prima cosa mi chiesi il perché di quel lungo monologo, dopo tutto non era forse un'entità quasi onnipotente ed antica quasi quanto l'Universo, perché aveva perso del tempo con un'insignificante umano? La verità é che per perseguire il suo scopo aveva bisogno di me, una creatura intelligente che si piegasse alla sua volontà, diffondesse l'Urlo al resto dell'umanità e con esso il caos.
Poi per la prima volta sperimentai ciò che da allora, ogni mese lunare, avrei dovuto affrontare nei decenni seguenti. Ogni notte di luna piena l’entità che risiedeva dentro di me provava ad uscire, a diffondersi. Ogni volta era una lotta ed un tormento, un dolore inumani. Sentivo i polmoni bruciare dall’interno ed un dolore indescrivibile inondava ogni parte del mio corpo.
Devo confessare che in più di un’occasione fui sul punto di cedere, sotto il peso del dolore e delle minacce e lusinghe di quell’entità. In una notte di diciassette anni fa fui veramente sul punto di liberare l’Urlo. La voce dell’entità si ripresentò, le sue parole sono scolpite nella mia memoria: “Voi umani siete solo punti insignificanti che prendono forma dal nulla e sono destinati, condannati, ad esistere per sempre, oltre il tempo e lo spazio, solo per soffrire. So quale atroce dolore stai provando, libera l‘Urlo e ti concederò il privilegio di svanire nel nulla. Niente più dolore, tormento o disperazione, solo pace assoluta, sarà come se non fossi mai esistito”. In quel momento sentivo le mie carni cuocere, acido scorrere nelle vene e gli occhi sul punto di esplodere, come acini d’uva schiacciati. Mai come allora l’Oblio mi apparve così accogliente, attraente, ma resistetti anche quella volta, fedele al mio giuramento. La voce dell’entità scomparve lentamente e con l’alba anche gli atroci dolori, ma non la disperazione, perché sapevo che tutto si sarebbe ripetuto ogni mese. Pensai di suicidarmi, per mettere fine a tutto e trascinare l’Urlo con me nella tomba, quanto l’avrei voluto... ma nemmeno questo mi era concesso. Tentai di uccidermi, ma scoprii con stupore che mi era impossibile togliermi la vita volontariamente. Vivere per soffrire, questo era il mio destino. Poi arrivarono i giorni della Grande Guerra d’Oriente e per poco tutto non fu vano e l’Olat non raggiunse il suo scopo senza nemmeno lasciare il mio corpo. Continuai a soffrire e resistere anche di fronte alla luna offuscata dalle polveri della guerra. La guerra fu tanto rapida quanto devastante, ma ovviamente sopravvissi anche a questa ed alla grande epidemia che la seguì.
Mi ero ormai rassegnato al mio triste destino, quando un giorno incredibilmente tutto cambiò, un sogno illuminò la mia mente. Capii che sarei dovuto tornare nella Valle delle Grida. Non so come, ma all’improvviso qualcuno o qualcosa ebbe pietà di me e me lo fece sapere. Per qualche motivo a me ignoto, ogni tre cicli di Saros si presenta un’occasione straordinaria: l’Olat è vulnerabile.
Capii subito che vista la mia età avrei avuto una sola occasione, che non potevo mancare.
Ho resistito tutto il tempo necessario ed oggi, nonostante la mia età, grazie ai progressi della medicina ed al fatto che le notti di plenilunio non hanno mai lasciato in me danni permanenti, sono riuscito a scalare questa montagna, tra i boschi, fino a questa stele maledetta.
Ho immesso questa storia in Rete, perché tutti potessero conoscerla, anche se so che molti, ma che dico, tutti la considereranno solo come un racconto di fantasia. Ma non ha importanza, ora è finalmente giunto il momento che ho tanto aspettato. Ho tanta paura, inutile nasconderlo, ma ringrazio ciò che io chiamo Dio che tutto stia per finire.
28 novembre 2061”.

 

Pietro sfiorò con un dito un’icona sul foglio elettronico, per immettere in Rete il documento, poi arrotolò il foglio e lo sigillò in una capsula in xintanio, che seppellì di fronte alla statua stele.
Guardò un’ultima volta, non con odio, ma con ammirazione la luna piena, afferrò il disco nero stretto tra le mani di pietra del guerriero e lo alzò al cielo con entrambe le mani, urlando con rabbia: “Adesso crepa bastardo!”. Un dolore inconcepibile inondò ogni parte del suo corpo, poi iniziò a sciogliersi come una candela. Si sciolsero la pelle, i tendini e i muscoli, cominciando a lasciare scoperte le ossa, ma Pietro non mollò. Il suo torace si gonfiò in modo abnorme, ma ancora non mollò. Per un attimo, un solo istante, nel viso deforme che si scioglieva, mentre vi si rifletteva la luce della luna piena, fu possibile intravedere una rara espressione di serenità, assente in lui da decenni. Poi la sua bocca si dilatò ed infine si liberò, con tutta la sua violenza l’Urlo. Ma questa volta nessun altro lo udì. Si perse nella vallata, spegnendosi nel nulla.
Il disco cadde a terra frantumandosi in mille pezzi, mentre ciò che rimaneva di Pietro veniva assorbito dal terreno. In quel momento, in qualche altra parte dell’Universo, il secondo Olat ebbe un sussulto. Aveva provato un’emozione per lui nuova: la paura.

Simone Babini