Il
monastero saffacciava sui monti, godendo di un panorama che testimoniava la bellezza
austera di quella terra. Lontano dalla capitale, che viveva giorni tormentati, quel luogo
appariva distante dalle miserie umane, anche se la verità, purtroppo, era diversa. Laszlo
lo sapeva fin troppo bene e si era portato dietro gli orrori di quellautunno del
56 da Budapest, quasi infettando il monastero e il villaggio adiacente.
Il giovane si strinse la tonaca, proteggendosi dal freddo pungente di quel novembre, che
filtrava anche attraverso i muri. Era stanco, provato, ma la determinazione lo teneva in
piedi, insieme al desiderio di rivalsa per il suo popolo in quei tempi difficili.
Seduto nella fredda biblioteca seminterrata del monastero, il tavolo davanti a lui era
cosparso di antichi tomi ingialliti, a loro volta coperti da fogli fitti dappunti.
Molti di quei libri erano in latino, pochi in lingua ungherese, alcuni erano scritti in
idiomi quasi dimenticati, risalenti al passato remoto di quel paese.
Concentrato nella stesura di unennesima pagina di annotazioni, non saccorse
dellingresso dellabate in biblioteca.
- Laszlo, dobbiamo parlare. - Padre Vincze richiamò la sua attenzione, con autorità.
Labate era un uomo robusto e grosso, i suoi lineamenti marcati da montanaro celavano
in realtà unintelligenza brillante e una marcata saggezza.
- Mi dica, abate. - Il giovane monaco lo guardò con occhi segnati dalla stanchezza, ma
guardinghi.
- Giù al villaggio sono stati trovati morti due soldati russi. Le loro teste erano
strappate, le ferite cauterizzate in modo innaturale. Si aggiungono ai morti dei giorni
scorsi. Il colonnello Klunikov ha appena fatto arrestare, per rappresaglia, due civili. Ha
detto che, se gli assassini reazionari non si consegneranno ai suoi uomini,
entro questa sera, farà giustiziare quei poveretti.
- Klunikov è una bestia. Pagherà presto anche lui, per i suoi crimini. - Laszlo
commentò con rabbia. Il suo odio per gli invasori sovietici era cresciuto dalla
repressione della rivoluzione, a Budapest. Aveva visto troppe esecuzioni, troppi morti
innocenti, per perdonare, come avrebbe dovuto fare.
Labate lo guardò duramente, ma parlò poi in tono quasi supplichevole.
- Ti prego, devi richiamarlo. Quanti innocenti vuoi far morire, per i tuoi propositi?
Quando sei tornato qui, da Budapest, non avrei mai immaginato il tuo folle intento! -
Indicò i libri sul tavolo, con un gesto di stizza. - Tutto questo sapere non ti ha detto
nulla? Santa Madre Chiesa insegna che la salvezza sta solo in Dio, non negli idoli, nelle
potenze inferiori e...
- Lo racconti alle centinaia di vittime innocenti uccise dai comunisti! Haures ci
proteggerà. Io posso controllarlo. Questa è la salvezza. Ancora un giorno e lui sarà
completamente rigenerato, invincibile.
- E gli altri innocenti? Quelli che in questi giorni stanno pagando per la sete di Haures,
per il suo bisogno di nutrimento?
Laszlo non ribadì nulla, per niente disposto a cambiare idea. Vincze lo guardò,
affranto. Dopo essere stato richiesto dal cardinal Mindszenty, a Budapest, il suo giovane
e brillante allievo era tornato cambiato, imbruttito dallesperienza della
rivoluzione soffocata sotto i cingoli dei blindati russi. Non si poteva spiegare in altro
modo linsano gesto che aveva compiuto, spezzando i sigilli del sepolcro di Haures.
- Bene, Laszlo, come sai non posso far nulla per fermarti. Spero solo che sia sempre Dio,
in qualche modo, a vegliare sulle tue azioni.
Vedendo il giovane rilassare lespressione tesa del viso, Vincze si congedò. Aveva
dei poveri innocenti da assistere, nel terribile momento dellesecuzione. I suoi
pensieri, però, erano concentrati sulla ricerca di un modo per fermare i piani di Laszlo.
Basta morti innocenti. Dopo una notte di preghiere,
labate si svegliò poco prima dellalba, deciso a fare qualcosa per risolvere
quella situazione. Lasciò la sua cella, senza disturbare gli altri tre monaci con cui
divideva quella casa di Dio, e scese in biblioteca. A quellora Laszlo doveva essere
ancora vinto dal sonno e dalla stanchezza. Infatti, era così. I libri giacevano
abbandonati su uno dei tavoli e lo stanzone era deserto. Guardò in fondo alla stanza,
immersa nella penombra, per un momento timoroso che la creatura liberata dalla cripta
potesse essere lì, ad attenderlo. Quandebbe appurato di essere solo, si sedette al
posto solitamente occupato da Laszlo. Quanto tempo aveva? Forse meno di unora.
Doveva fare in fretta. Anche se il monaco ribelle aveva fatto sparire tutti i suoi
appunti, Vincze conosceva così bene i tomi della biblioteca da poter trovare ciò che
cercava.
Aprì le Cronache di Petrus Gimtér, il pesante tomo scritto dal fondatore del
monastero, nel 1121. Saltò le lunghe descrizioni riguardanti la sua costruzione, sulle
fondamenta di un castello edificato ai tempi della provincia romana di Pannonia, nel
quarto secolo dopo Cristo. Erano stati proprio i pannoni a scontrarsi la prima volta con
lentità Haures, durante la calata degli unni. Gimtér, monaco basiliano, riportava
la leggenda secondo cui i pannoni, seppur sconfitti, riuscirono a imprigionare
il demone in un sepolcro costruito secondo i dettami di un antico rituale mitraico, di
grande potere esorcistico. Pare che Haures fosse così temibile che gli unni vincitori si
guardarono bene dal liberarlo, dopo la sconfitta dei pannoni. Abbandonarono anzi il
fortilizio, recuperato secoli dopo dai primi ungheresi cristianizzati.
Vincze stesso aveva visto la cripta segreta del monastero moltissime volte. Tutti i suoi
predecessori lavevano rispettata, senza violarla. Col passare dei secoli,
ovviamente, nessuno credette più allesistenza di Haures, ma, negli annali del
monastero, molti abati avevano riportato delle strane sensazioni che si provavano in
quella cripta. Paura, senso di sconforto, malumori: tutto ciò sembrava permeare quel
locale sotterraneo e il suo sepolcro, ancora chiuso da antichi sigilli. Del resto un altro
libro, lo Pseudomonarchia daemonum, descriveva Haures come uno spirito
infernale guerriero, incontrollabile, sanguinario.
Labate ricordava chiaramente la sensazione terribile di pochi giorni prima, quando
aveva trovato Laszlo accanto al sepolcro spalancato e vuoto. Il giovane aveva con sé un
vero grimorio di magia evocativa, procurato da un misterioso esoterista, a Budapest. Da
quel giorno erano iniziati gli omicidi dei soldati russi giunti lì, in paese, a cercare
dei ribelli fascisti fuggiti da Budapest, dopo la repressione della
rivoluzione.
Dapprima Vincze aveva pensato proprio a quei fantomatici ribelli come artefici di quegli
attentati, di cui forse Laszlo era complice, cercando di far uso di una vecchia leggenda
come arma psicologica. Solo vedendo di persona alcuni dei cadaveri sera convinto che
non poteva essere opera di una mano umana.
Interrogato, Laszlo gli aveva rivelato il vero motivo del suo ritorno a casa: risvegliare
lantico demone e usarlo come alleato contro linvasore russo. Per il momento
Haures stava recuperando le forze, nutrendosi di sangue, carne e tempo per rigenerare il
suo spirito. Dai calcoli di Laszlo, mancava solo un giorno, e poco altro sangue, per
restituire allentità lantico potere. Successo questo, si sarebbe scatenato
indistintamente su ungheresi, russi, comunisti e non, a dispetto di quanto Laszlo credeva.
Vincze doveva trovare un modo per impedirlo, e la risposta doveva essere tra quei libri.
Come mosso da una volontà invisibile, labate aprì un piccolo volume, sepolto sotto
gli altri. Il sigillo di Saul. Ecco lì quel che cercava, la salvezza che
desiderava. Lesse in fretta, temendo di essere scoperto, quindi scappò via, turbato ma
ancor più determinato.
I soldati di Klunikov erano disposti attorno alla piazzetta del
villaggio, armi alla mano, sorvegliando tutti gli abitanti, riuniti a forza in quel luogo.
Il colonnello, impeccabile nella sua uniforme, passò in rassegna i dieci ragazzi, da lui
selezionati, legati davanti al muro di una bottega, pronti a essere fucilati.
Lennesimo militare trovato orrendamente ucciso, quel pomeriggio, era la goccia che
aveva fatto traboccare il vaso. Il russo stava per attuare una rappresaglia
definitiva, a meno che i ribelli anticomunisti non si fossero consegnati per le otto
di quella sera.
I cinque monaci, radunati insieme ai paesani, osservavano impotenti limprovvisato
patibolo. Solo Laszlo Oktoli appariva al contempo rabbioso e speranzoso in un
miracolo.
- Era lultimo sacrificio, vero? Il tuo Haures si manifesterà fra poco, per seminare
distruzione? - Sussurrò Vincze.
- Lui impedirà questulteriore massacro e vendicherà i nostri innocenti. Abbia
fede, abate. È Dio che ispira le mie azioni, non lAvversario.
- Ho fede - replicò. Ma forse oggi la perderò.
Il tempo trascorse veloce e Klunikov segnalò che erano scoccate le otto.
- Visto che i fascisti assassini non si sono consegnati, voi pagherete la loro codardia.
Vedremo poi, se porranno fine ai loro crimini.
Il russo alzò una mano e dieci dei suoi soldati armarono i fucili mitragliatori,
incuranti dei pianti della gente. Vincze sera già offerto al posto di quei
poveretti, ma Klunikov aveva rifiutato, ridendo: non voleva un martire cristiano.
Labate osservò Laszlo, teso come una corda. Poi, dun tratto, i crepitii delle
armi ruppero il silenzio, massacrando dieci innocenti, senza pietà.
- No! Perché è successo questo! Maledetti! - Laszlo balzò verso Klunikov, sgomento e
incredulo. Il russo puntò la sua Tokarev verso il monaco, sorridendo. In quel momento la
terra sotto i dieci cadaveri sembrò ribollire, come fango. I corpi scivolarono di qualche
centimetro nel terriccio, che parve assorbire il loro sangue.
Vincze osservò, terrorizzato, una forma umanoide emergere dal suolo. Era uno spirito
immateriale che prendeva consistenza man mano che i cadaveri sprofondavano. Il corpo
muscoloso, come privo di pelle, aveva una testa di felino, simile a quella di un leopardo,
ma dagli occhi fiammeggianti di antico sapere e ferocia ancestrale. Pochi soldati ebbero
la presenza di spirito di aprire il fuoco, ma i proiettili rimbalzarono sul mostro,
inutili.
Haures afferrò il più vicino, rapido come rapace, strappandogli la testa con un morso.
Fiamme bluastre irradiavano le sue fauci.
- Perché?! Perché appari ora? Dovevi salvarli! - Laszlo urlò, nel fuggi fuggi generale,
mentre la creatura già dilaniava un altro russo.
- Ora sono veramente libero! Voi mi avete nutrito! La vostra paura, il vostro odio mi
hanno sostenuto e forgiato, dallalba dei tempi! - La bestia parlò con voce di
tuono, in una lingua che non era né russo né ungherese, ma che tutti capivano.
Mentre lo scempio del plotone desecuzione proseguiva, Laszlo cadde in ginocchio,
forse finalmente conscio di ciò che aveva liberato.
Haures si voltò verso un Klunikov pietrificato dalla paura, abbandonato dai suoi uomini
che fuggivano verso gli automezzi e i blindati.
Vincze sapeva ciò che doveva essere fatto, anche se tutto il suo essere ripudiava una
scelta del genere. Mentre il demone avanzava quasi divertito verso Klunikov, lui raggiunse
la scena delleccidio. Aveva maneggiato delle armi in tempo di guerra, anche se solo
per intimorire i disertori nazisti, in fuga dallUngheria liberata. Raccolse una
Tokarev da una fondina e armò il colpo.
Le indicazioni del libro per scongiurare Haures erano drammaticamente chiare. Dio
perdoni la mia anima. Puntò la pistola, resistendo alla tentazione di aspettare la
morte del russo, e sparò.
Laszlo cadde, colpito in piena gola, anche se labate aveva mirato al petto. In quel
momento il demone alzò la testa al cielo, ululando disperato, mentre il suo corpo di
nuovo perdeva consistenza.
Morto levocatore, lo spirito infernale non sarà più legato al mondo degli
uomini. Questo diceva il libro.
Vincze buttò la pistola e si lasciò cadere a terra, piangendo per il rimorso, ma anche
di sollievo.
Klunikov guidò con gioia la sua compagnia lontano da quel lurido
villaggio. Era lalba e non si vedeva nessuno in giro, men che meno quei cenciosi
monaci. Si accomodò sul sedile del blindato, ansioso di tornare in città.
Il Sigillo di Saul aveva fatto bene la sua parte, come esca. Per essere libero
di operare in modo occulto nel mondo degli umani, aveva bisogno del sacrificio di un
sacerdote, operato da un suo confratello, in sua presenza. Lo stratagemma del libro era
stata una trovata geniale; aveva un esoterista da ringraziare, a Budapest. Se
quelluomo non lavesse contattato, medianicamente, sarebbe ancora in quel
sepolcro consacrato.
Si aggiustò luniforme, prendendo confidenza con essa. Avrebbe giustificato gli
orrori della notte scorsa con un attacco al gas nervino.
Ora era un uomo di potere, senza contare lindole crudele di quel russo, che aveva
reso la possessione un gioco da ragazzi.
Sorrise nellombra del veicolo. Un mondo intero lo attendeva.