La piccola
Pace, come tutti i bambini, era curiosa. Nelletà in cui sotto ogni granello di
polvere si cela un perché, esasperava la madre con le sue interminabili domande, seguite
da altrettanti Ooh, a sottolineare lo stupore che le risposte le procuravano.
Per fortuna sulle origini del suo nome non aveva mai indagato, a dispetto degli ideali
pacifisti dei genitori.
La domenica mattina, quando la nonna laccompagnava in chiesa, ad affascinare oltre
misura la bimba non erano tanto i suggestivi affreschi della navata, quanto la condotta di
quella moltitudine che guardava laltare e pareva non stancarsi mai di quel rituale
immutabile. Pace ascoltava con attenzione tutte le preghiere, cercando di dare un senso
alle parole di cui ancora non conosceva il significato. Cercava di capire perché tutti,
in un istante preciso, si sedevano, si alzavano, singinocchiavano o compivano gesti
che singolarmente le sarebbero parsi ridicoli, ma messi in atto da decine di persone
contemporaneamente, le apparivano maestosi e solenni.
A causarle il maggior sbigottimento era stata soprattutto una frase. Al funerale di una
prozia, il primo cui assisteva, si era lasciata rapire dalle cupe cantilene che sgorgavano
dai petti e dalle gole, quando allimprovviso, come un mormorio impetuoso, aveva
udito tutti pronunciare il suo nome: -... RIPOSA IN PACE, AMEN!
Lepisodio laveva così colpita che da quella volta, ad ogni funerale,
attendeva quel momento con trepidazione, sentendosi scioccamente compiaciuta
dallinatteso richiamo.
Anche dopo gli anni delladolescenza, quando il suo corpo era ormai cambiato e la
chiesa del paese natio era solo un ricordo, Pace non aveva dimenticato il piacere che le
procuravano quelle parole. Dopo ogni pasto, gonfiando il petto irsuto, le ripeteva ad alta
voce, nonostante le sue fauci le tramutassero in un ringhio indecifrabile. Ghignando di
soddisfazione, dopo aver svuotato la cassa toracica della sua vittima, trovava quel doppio
senso particolarmente azzeccato.
Alle esequie seguenti, di solito stava in piedi vicino allacquasantiera, indossando
una faccia compiaciuta e boriosa. Quando il sacerdote intonava lEterno
riposo, era lunica a lasciarsi sfuggire un sorriso.