Arma finale

Terra, anno 2443. Seconda decade della guerra di dominio. Palazzo del presidente a vita Hugoz.
- Mio signore, il settore Omega è caduto.
- Maledizione Oracolo, avevamo appena conquistato il settore Alfa.
Il presidente Hugoz si aggirava inquieto nella grande sala del suo palazzo, trascinando sul pavimento la toga nera che ricopriva il suo fisico minuto. Occhi da uno sguardo ascetico erano incorniciati da un volto pallido dalla rada barba bianca e la fronte glabra. La sua figura sembrava ancora più minuta con al fianco il consigliere robotico Oracolo, una montagna metallica monocola che svolgeva anche le funzioni di body-guard, maggiordomo e consulente bellico.
- La guerra è in una situazione di stallo.
- Sì mio signore... contavamo sui cannoni magnetici.
- Sì, ma il nemico ha sviluppato scudi anti-energia che hanno reso vani i nostri attacchi.
- Mio signore...
- Sì Oracolo?
- Ci sono degli stranieri... che dicono di avere armi tali da cambiare il corso della guerra.
- Degli stranieri... e potrebbero avere ciò che i miei migliori scienziati non riescono a inventare?
- A questo punto non abbiamo niente da perdere mio signore.
Lo sguardo inquieto di Hugoz vagò pochi minuti nella grande sala, a nessuno, oltre al fedele Oracolo, era permesso parlargli con altrettanta franchezza.
- Falli chiamare.
- Sono qui fuori mio signore.

Hugoz sorrise dell’efficiente preveggenza del suo servitore. Sorriso che gli morì sulle labbra quando davanti ai suoi occhi comparirono cinque figure incappucciate, con lunghi mantelli che sfioravano il pavimento.
- Il mio servitore afferma che siete in possesso di armi micidiali ignote ai miei scienziati, è vero?
- ...
- Non parlano bene la nostra lingua mio signore.
- Ma da dove vengono?
- Non sono sicuro... forse dalle terre sterili... io ho appurato le loro intenzioni con la mia sonda mentale.
Una garanzia più che sufficiente. Grazie a quella sonda Oracolo, la cui fedeltà era meccanicamente sicura, gli aveva salvato la vita diverse volte.
- Cosa volete in cambio?
- ...
- Hanno un solo desiderio mio signore.
- Va bene... mi fido di te Oracolo. Se faranno quello che promettono avranno qualsiasi cosa, altrimenti... avranno molto tempo per pentirsi.

 

I cinque non avevano mentito. In poco tempo le armate di Hugoz sbaragliarono gli avversari volgendo lo scontro a loro favore. Le fabbriche rimasero in funzione giorno e notte per produrre le armi con le indicazioni e la supervisione degli stranieri. La potenza delle quali superò ogni aspettativa.

 

Hugoz sorrideva. Un’espressione che in pochi avevano visto e che da molto non compariva sul suo volto. Nella grande sala del palazzo, con al fianco il fedele Oracolo, era pronto a mantenere la parola data ai cinque stranieri.
- Che volete?
- ...
Un dito comparve dall’ampio drappeggio di uno dei figuri, indicando un punto buio sul fondo della sala.
- Mio signore vogliono accedere ai sotterranei.
- Ma non c’è nulla di valore.
- Vogliono visitare l’antico museo.
- Va bene Oracolo... li accompagnerai tu.
Hugoz vide i cinque allontanarsi in compagnia del suo fedele servitore. La loro richiesta era strana, ma avevano mantenuto la parola. Le loro armi erano incredibili. Il presidente stringeva tra le mani una delle terribili novità. Una sorta di sbarra lunga di materiale lucente, affilato e maneggevole. Quell’arma non si fermava davanti agli scudi anti-magnetici e non veniva rilevata da sensori di energia. Oracolo aveva spiegato al presidente che gli stranieri la chiamavano spada e insieme ad altre, dai nomi altrettanto sinistri, come arco, frecce, ascia e coltelli avevano fatto la differenza.

 

- Questo non è proprio un museo. Da tempo si è perso la memoria del significato degli oggetti qui custoditi.
Il gruppo si aggirava in bui corridoi circondato da manufatti da fogge insolite. Oracolo aveva presto ceduto il ruolo di guida a uno degli stranieri che aveva mostrato uno strano bastone.
Dopo una breve passeggiata si fermarono.
- Cercavate questo?
Davanti a loro un insieme di monoliti disposti in ordine concentrico. I cinque fecero cadere a terra i loro mantelli. Allo sguardo curioso di Oracolo si presentarono degli uomini dall’aspetto robusto, coperti di pelli, dalle barbe e i capelli lunghi. L’uomo col bastone aveva il volto dipinto e condusse i suoi compagni al centro di quelle pietre iniziando una litania incomprensibile.
Oracolo sapeva che gli stranieri erano scappati dal loro mondo per sfuggire a un’epidemia o una guerra. Persi nelle pieghe del tempo avevano bisogno di una “porta”, ma il mondo dove erano capitati (il mondo di Oracolo) da tempo non celebrava i vecchi riti e le vestigia di quelle religioni erano state cancellate dai furori delle guerre. Avevano percepito la presenza di un passaggio nelle viscere del palazzo presidenziale e si erano adoperati per raggiungerlo in sicurezza.
Un bagliore innaturale iniziò ad avvolgere le cinque figure.
Con un lampo che avrebbe accecato qualsiasi essere umano i cinque scomparvero. Oracolo rimasto solo osservava una targa impolverata alla base di quei monoliti, con la sua mano robotica spostò la polvere; la scritta che apparve era per lui priva di significato: Stonehenge. Oracolo non era programmato per sorprendersi e fedele alla sua natura si voltò apprestandosi a tornare dal suo padrone.

Marco Ferrandino