Luciano
saliva lentamente le scale, quasi con malavoglia. Giunse sino al terzo piano, dove
cera il suo appartamento, era lunico ormai rimasto abitato in quel complesso.
Tutti quanti ormai, in qualche modo, se nerano andati. Raggiunse luscio di
casa. La porta era socchiusa, sfiorò la stessa con la mano sino a spalancarla del tutto,
accompagnata da un labile cigolio. Entrò senza indugio lasciandola spalancata.
Lombra di Luciano, proiettata orizzontalmente allinterno del disimpegno lo
faceva sembrare molto più alto di quanto fosse.
Di fronte a se stesso, cera la porta che dava accesso alla cucina, mentre alla sua
sinistra vi era quella del soggiorno e, infine, a destra, lultima relativa alla
camera da letto.
Il ragazzo divideva quellappartamento con suo fratello Giacomo.
Con mano tremante, afferrò il pomello della porta scorrevole della cucina e, la
strattonò sino a farla scivolare completamente contro il muro.
Sul tavolo della cucina cerano ammassati dozzine di piatti sporchi, con due
bottiglie di birra semi vuote.
Decine di mosche ronzavano allinterno del locale, ammassandosi come iene sugli
avanzi di cibo ormai marciti.
Il frigorifero era leggermente aperto, spargeva un ripugnate odore di cibo guasto in tutto
il locale e, sotto lo stesso si spargeva una pozzanghera dacqua. Tutto era in un
disordine esagerato, ma al ragazzo non sembrava importargliene nulla.
Tornò nel piccolo corridoio ed entrò in soggiorno.
Allinterno di quel locale, regnava il caos, libri e riviste sparpagliati a terra, la
piccola boccia contenente il pesce rosso era frantumata a terra e, il pesciolino era ormai
decomposto.
Sui mobili cera una tale quantità di polvere inimmaginabile.
Indietreggiò dando le spalle alla porta dingresso di quel locale, fino a quando
avvertì qualcosa di copioso sotto i suoi piedi.
Abbassò lo sguardo e vide il suo gatto steso a terra esanime con la bocca ridotta ad un
grumo di sangue. A quella vista emise un grugno.
Avanzò in direzione della camera da letto.
Quando varcò ladito, si trovò di fronte ad una visione raccapricciante.
Allinterno della stanza prevaleva un odore stomachevole.
Il letto era tutto intriso di sangue, sotto le lenzuola vi era qualcosa. Luciano si
avvicinò al lato sinistro dello stesso, fino a che sentì qualcosa sfiorargli i
pantaloni. Dalla sommità delle coperte spuntava una mano, il colore di quellarto
era violaceo, allaltezza delle nocche e delle falangi, vi si potevano notare delle
macchie decisamente più scure, quasi fossero degli ematomi.
Non ebbe alcuna reazione di fronte a quellorrendo spettacolo.
Si chinò sino a raggiungere la sommità delle lenzuola verso la parte alta del letto e,
le scostò con decisione.
Al centro di quel giaciglio stava disteso suo fratello Giacomo. Aveva gli occhi spalancati
e sembrava fissarlo. Aveva la bocca serrata a mostrare i denti come fosse un cane
ringhioso, quasi volesse mostrare tutta la sua rabbia. Dalle narici, si snodavano come
serpenti rigagnoli di sangue, ormai incrostato, che seguivano i lineamenti sino al mento.
Aveva il cranio fracassato, infatti, poco sopra gli occhi troneggiava unampia ferita
che, si estendeva dalla fronte sino allorecchio sinistro. Quei pochi capelli che gli
rimanevano erano inzuppati da una vastissima quantità di sangue. Allaltezza del
petto, come crateri, cerano una serie di fori dai quali fuoriusciva unampia
macchia di sangue, ormai coagulato.
Giacomo doveva trovarsi lì da diversi giorni.
Del resto Luciano mancava da casa da oltre una settimana. A seguito di questo triste e
disgustoso teatro, non reagì in alcun modo.
Diede le spalle al corpo esanime del fratello e lentamente si diresse verso il disimpegno.
Discese quasi con sofferenza le scale, sino a giungere al piano terra.
Quando stava per aprire il portone dingresso, che lo avrebbe condotto in strada,
avvertì una serie di colpi provenire dallesterno.
Sentiva delle grida indefinite seguite da una moltitudine di spari.
Aprì lentamente la porta. Il fascio di luce si estendeva sulla pavimentazione aumentando
dampiezza a seguito dellapertura della stessa.
Quando fu spalancata al limite, si portò al centro e osservò quello che stava succedendo
in strada.
Sembrava una vera e propria guerra, cera gente in divisa militare e non, che
esplodevano colpi in tutte le direzioni smembrando altre persone disarmate, le quali gli
si facevano incontro. Poco dopo, alcuni dei militari si diedero alla fuga quando si resero
conto di essere in minoranza rispetto agli altri.
Fu a quel punto che venne sfiorato da una serie di pallottole.
Passarono pochissimi secondi, quando venne scagliato con violenza allinterno del
locale, cadendo ai piedi delle scale a seguito di una forte spinta. Era stato travolto da
una persona. Si scostò di dosso il corpo esanime di una donna e, indietreggiò nei pressi
della piccola rientranza che costeggiava lascensore, scomparendo nel buio.
Osservava senza provare alcuna sensazione, quel corpo che giaceva immobile a terra
completamente devastato di ferite.
Le grida esterne aumentarono di intensità così come gli spari.
Scorse unombra entrare dalla porta. Era un militare, imbracciava una grossa arma,
probabilmente un fucile, e gli dava le spalle.
Luciano era protetto dalle ombre, era al riparo, quello era il suo nascondiglio da giorni.
Respirava in silenzio e fissava con attenzione quel soggetto.
Luomo armato si voltava di scatto puntando larma in ogni direzione, fino a che
non raggiunse il corpo della donna e portò la canna del fucile contro il volto della
stessa e fece esplodere il colpo, scoperchiandole il cranio.
Luciano osservò tutto in totale silenzio, senza alcuna minima reazione.
Il militare portò una mano allaltezza della tasca della giacca e sfilò un
pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e successivamente afferrò laccendino, il
quale scivolò a terra sino a fermarsi accanto allascensore.
Luomo in divisa si incamminò in direzione dellaccendino.
Nascosto nel buio, il ragazzo, lo vedeva avvicinarsi sempre di più, non aveva paura. Era
totalmente appoggiato contro la parete nel buio più totale, aveva la certezza che non
sarebbe stato scoperto.
Vide il militare chinarsi a meno di un metro da lui e recuperare laccendino. Quando
si rialzò e diede le spalle a Luciano, questultimo non esitò a scattare.
Afferrò il militare alle spalle. Luomo inciampò tra i piedi del cadavere della
donna e cadde a terra lasciandosi sfuggire il fucile.
Luciano gli si fece incontro, buttandosi sopra, afferrandolo per una braccio. Luomo
estrasse un coltello e lo affondò nel petto del ragazzo. Non vi fu alcuna reazione di
dolore da parte del giovane. A quel punto, Luciano non esitò più, portò larto
delluomo verso la sua bocca e strinse i suoi denti sino a strappare la carne dal
resto del braccio.
Il militare urlò sino a sgolarsi, ma gli spari esterni coprirono il suo grido.
Disperatamente luomo strillava nella speranza che venisse inteso dai colleghi,
ciononostante, con una furia animale Luciano morse ancora ripetutamente il militare, sino
a lacerargli il collo recidendo la carotide provocando la morte delluomo.
Masticava con ferocia.
Gli spari da fuori non cessavano.
Si rialzò da terra Luciano.
Andò in direzione del portone e lo richiuse senza farsi notare.
Tornò sul corpo del militare e riprese a mangiare.
Della sua specie ne erano rimasti pochissimi, e se voleva continuare a combattere il nuovo
nemico: i vivi, doveva mettersi in forze e nutrirsi, ed evitare di essere visto.
Per il momento era cosciente che la sua specie era più debole e in numero minore, ma
presto li avrebbero sopraffatti.
Finché ci sono i vivi... il cibo non mancherà mai.
Quando i morti camminano, bisogna smettere di uccidere, o si perde la guerra...
Così recitava un verso letto da un prete durante una delle ultime funzioni a cui
partecipò Luciano.
Questo era il suo unico ricordo.