Cè più allegria in un forno crematorio che in questa
maledetta biblioteca! pensò Alessandra. Prestava servizio in quel buco puzzoso di
libri marci da quasi tre mesi, e in tutto quel periodo aveva passato ogni giorno a
maledire la scelta di aver voluto fare il servizio civile in quella topaia. Più che una
bibliotecaria si sentiva una becchina. Gli unici utenti della biblioteca erano cinque
vecchi che parevano zombie da quanto i loro volti erano incartapecoriti e i loro movimenti
lenti. Guardandoli non si capiva se erano appena usciti dalle tombe o se ci stavano per
andare. Cristo! Lei aveva solo venticinque anni ed era finita in una biblioteca
dimenticata da Dio, dove letà media dei frequentatori era settantacinque anni.
Ma cosa sta aspettando il comune a cambiare linsegna da biblioteca a ricovero
per anziani? si chiese Alessandra.
La giornata stava procedendo lenta come una tartaruga zoppa, e la giovane stava pensando
seriamente di sottrarsi a quella tortura suicidandosi.
Alessandra si alzò dalla sedia scomoda e, col telecomando puntato contro il
condizionatore, abbassò la temperatura di altri due gradi. Cera più caldo in quel
cubo di cemento che nelle mutande di un muratore obeso che ha appena smontato dopo una
giornata afosa e particolarmente impegnativa. Quando udì dei passi lenti alle sue spalle
storse il naso. Riconobbe subito chi si stava avvicinando dallodore. Un odore di
fumo di caminetto che le era entrato fino nelle ossa. Si chiamava signora Cerina, e una
mummia al suo confronto sembrava una bambina. Parlare con lei era un po come subire
una colonscopia rettale. Aveva il quoziente intellettivo di un palo della luce guasto.
«Nara, oh Alissandra. Ta bolli nai qusta parola?» chiese la vecchia che doveva
aver assistito alla caduta dellimpero romano.
La giovane prese controvoglia il libro aperto che la vecchia le stava porgendo, e lesse la
parola indicatale. La parola era Whore che in inglese significava sgualdrina. Il
libro era un horror iperviolento che la vecchia doveva aver scambiato per uno di quei Harmony
su cui consumava le sue giornate.
«Sgualdrina, signora Cerina. Vuol dire sgualdrina.»
«Ah, bagassa! Adesso ho capito. Graziasa.»
La vecchia si voltò ed iniziò a ciabattare verso lunico tavolo della biblioteca
dove erano seduti gli altri quattro vecchi.
Alessandra fissò con odio quel tavolo circondato dai vecchi. Oltre a signora Cerina,
cera ziu Ninnettu, che non si sa perché leggeva quotidiani degli anni trenta, Donna
Mariedda che non leggeva perché era mezzo cieca ma faceva uncinetto tutto il giorno,
Salvatori su scimprotteddu che aveva perso un braccio in guerra, e compare Gavino
che era impegnato in una faticosa esplorazione delle cavità nasali.
Alessandra pensò che sarebbe stato stupendo se schioccando le dita fossero crepati tutti
quanti nello stesso momento. Non solo gli avrebbe fatto un favore, ma avrebbe fatto in
tempo a tornare a casa in tempo per guardarsi Beautiful. Da quando lavorava lì
aveva dovuto rinunciare allintrigante missione di Brooke, quella di farsi tutti gli
uomini della terra, animali domestici compresi.
Eh sì. Sarebbe proprio bello. pensò. In un attimo la biblioteca
fallirebbe e sarebbero costretti a mandarmi in un'altra biblioteca, magari a
Cagliari.
Senza crederci più di tanto la ragazza schioccò le dita. Non aveva nessuna pretesa o
speranza che accadesse qualcosa; lo fece solo per una sorta di gioco con sé stessa.
Visto. Non è successo niente. pensò con un sorriso amaro sulle labbra.
La ragazza si sedette dietro il bancone ed iniziò a limarsi le unghie cercando di
esorcizzare la noia. Dopo qualche secondo però iniziò a sentire uno strano rumore, come
quello che potrebbe emettere uno sciame di mosche imprigionate in una bottiglia di
plastica. Quella specie di ronzio pareva crescere dintensità ogni secondo di più.
Dimprovviso un fortissimo boato tuonò nella biblioteca, e il muro alle spalle della
ragazza scoppiò sotto il fortissimo impatto di un autobus che oltrepassò le mura ad
altissima velocità, e investì in pieno il tavolo con tutti i vecchini, andandosi poi a
fermare finalmente contro laltro muro della biblioteca.
Alessandra era ancora seduta immobile sulla sedia, con la lametta ancora in mano. Con
sguardo incredulo fissò il grosso pullman che aveva sfondato le mura e ucciso i cinque
vecchi in un colpo solo. La ragazza non riuscì a muoversi.
Dallenorme buco aperto dal grosso veicolo sbucò un uomo ansimante. Quando vide il
sangue sul pavimento lanciò un grido di disgusto, e si voltò verso la ragazza.
«Il conducente è svenuto mentre stava guidando! Deve aver schiacciato
lacceleratore con tutto il suo peso ed è andato a schiantarsi qui.» disse
luomo.
La ragazza, miracolosamente incolume, spostò gli occhi verso quel dinosauro di ferraglia
e lesse il numero dellautobus: 64. Era lunico autobus di quel maledetto
paesino, e non sapeva perché diavolo gli avevano dato il numero sessantaquattro,
essendocene solo uno. Il panico stuprò la giovane.
Mio Dio! È colpa mia! Li ho fatti morire io con quello stupido gioco! pensò
la giovane. Rimase immobile a fissare la pozza di sangue estendersi sul pavimento. Una
lacrima le solcò il viso. Non poteva essere successo davvero! Non così!
Oh cielo, come sono felice! Oggi riuscirò a vedermi Beautiful, e di sicuro
mi manderanno in un altro posto!
La ragazza, che stava piangendo di felicità, raccolse le sue cose e scappò via
dallenorme buco nel muro; Beautiful la stava aspettando. Luomo
ansimante la guardò con compassione e pensò: Poverina, devessere sotto
shock! Doveva proprio essere affezionata a quei cinque rincoglioniti!