La notte è
serena e non si sente unanima fiatare: questo silenzio mi angoscia, mi scava
lanima, mi tormenta come non mai. Sudo; le gocce di sudore aumentano e inondano la
fronte quando vedo una figura nera, dal volto indefinito, stampata sulla parete della
camera da letto.
Gesticola agitando le mani ossute, le labbra sottili si aprono e chiudono velocemente:
sembra vogliano dirmi qualcosa. Cammina freneticamente lungo il muro; allimprovviso
si stacca e muove i suoi passi verso di me. Dio mio!
Sono passi lenti e assordanti; limmagine continua ad apparirmi vaga e gli intensi
raggi di una luna viva non mi aiutano a rischiarare lenigma della sua identità.
E a un metro!
Infilo le mani nel tiretto del comodino: afferro la pistola e sparo. Il colpo non è in
canna!
La mano scheletrica mi blocca il polso impadronendosi dellarma: me la punta alla
tempia. Ride, ride! Piega lindice scarno, abbassa lentamente il grilletto e con voce
cupa sussurra parole agghiaccianti.
- Adesso vediamo se funziona!
Chiudo gli occhi di scatto rassegnato, la sua voce mi entra nelle viscere, mi pervade il
cervello: è la mia condanna.
Ad un tratto sento un cigolio insistente rompere il silenzio devastante presente
nellaria: la porta si apre, entra qualcuno, accende la luce e la figura misteriosa
si dissolve svanendo nel nulla.
E la mia compagna, Francesca. Regge un bicchiere dacqua, lo poggia sul
comodino; appare preoccupata, mi accarezza la fronte e cerca di tranquillizzarmi per
lennesima volta.
- Amore calmati, è solo un incubo. Devi convincerti che quel colpo è partito
accidentalmente: non è stata colpa tua. Non volevi uccidere tua moglie. Non puoi
continuare a torturarti così!
Francesca si corica nuovamente al mio fianco, mi si accosta dolcemente, mi prende la mano
e avvicina il suo viso al mio.
I lineamenti del suo volto iniziano a trasformarsi: la pelle si ritira, gli zigomi si
fanno più sporgenti e le pupille si dilatano spaventosamente.
La voce cambia tono: da dolce e tenera diventa la riproduzione di quella infernale della
figura appena dileguata.
Sotto le mie dita scorre qualcosa di solido e affilato: mi accorgo di stringere un cumulo
di ossa! Improvvisamente la mano ossuta lascia la mia e prende la pistola dal cassetto
rimasto aperto.
La rivoltella è puntata sul mio cuore; stavolta è la fine, è una fine che mi viene
incontro lentamente perché questo essere mostruoso, che ho accanto, esegue i suoi
movimenti con una lentezza snervante, come se stesse praticando un rito macabro.
Tento di fuggire ma una forza oscura mi tiene ancorato al letto: non riesco a muovermi.
Non ho via di scampo e purtroppo non sto vivendo in un brutto sogno, sto solo aspettando
che la pallottola mi fori il cuore e metta fine a questa agonia.
Ora avvicina la bocca alle mie orecchie e mi bisbiglia.
- Non hai mai avuto un buon rapporto con le armi da fuoco: te lho sempre detto,
caro. Buon viaggio...