La grave danza

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2021 - edizione 20

Madre, anche oggi scendi la stessa scalinata, il passo sempre più incerto, gli stracci risucchiati dagli umori della carne in putrefazione. Madre, le unghie infette che graffiano la ringhiera di legno, la testa ormai abbandonata sul collo, lo sguardo macerato riflesso nelle fotografie appese, di quando eri una fanciulla cullata dalla leggerezza. Madre, la tua indelebile ostinazione ridotta a una scia di morte e liquidi organici spalmati sul pavimento, ancora una volta pronta a confessarmi tramite i gorgoglii dei fori nella gola. Mi accomodo sulle viscere della sedia, le tazze cremose dei giorni precedenti dimenticate sul tavolo in preciso ordine; quello di una lenta, perversa ed estenuante agonia.
Madre nera, i lunghi capelli i denti i colpi di tosse sulle mosche il cranio aperto e ronzante lo scheletro consumato la pelle posata dappertutto senza aver perso l’antica grazia il calvario decorato attraverso le pasticche e l’armonia eccole, mani viziate a strizzare i seni insaccati di vermi, dolore dolore dolce dolore per far uscire qualcosa di giallastro e riversarlo come eterno tributo al mio inutile sviluppo. Mi guardi, madre, così sofferente e ammaliata dal fantasma che sei riuscita a creare, gli occhi in doppia, sconcia visuale sulle mie nudità, dentro lo squarcio del freddo ventre ritorto. Per quanto ancora vorrai ricordarmi?

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ANTOLOGIA ALIENA... LA TERRA È SOTTO ATTACCO!
Per secoli, l’umanità ha scrutato il cielo in cerca di risposte, domandandosi se siamo davvero soli nell’universo. “Alieni cattivi” esplora proprio questa dimensione: 20 racconti che ridanno vita a quel timore primordiale, portandolo nel cuore della nostra quotidianità. Ogni storia è un viaggio in un incubo diverso, dove l'invasore non arriva sempre dallo spazio profondo, ma si annida anche tra le pieghe della realtà che conosciamo. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi arricchiti con 20 illustrazioni.

Ti strappi un capello e viene via anche gran parte dell’orecchio, sporca trovata per dare risalto al gusto della bevanda, l’ultima scena necessaria a torturare i miei onori: io, unico essere vissuto di buio e poi morto dentro di te, impiccato grazie alla tua solida corda, privato per sempre di quello spiraglio di luce funesto e ingannevole. E così rivivi i giorni allo stesso modo, impermeabile alla morte, o madre dolorosa, e forse ti ostini a farlo per mostrare a tuo figlio l’orrore che gli avrebbe riservato l’esistenza.

Diego Cocco



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