Si sfilò
lentamente il bracciale di pietre azzurre, la collana e i pendenti, posandoli con cura,
uno accanto allaltro, sul comò. Quasi in trance, lasciò cadere a terra il
coprispalle, leggero come ali di fata, e scivolò fuori dallabito di organza blu,
che abbracciava il suo corpo fino alle caviglie. Poi, senza abbassare lo sguardo, con una
leggera pressione sui talloni, si tolse i sandali, sottili come zampette di ragno, e
sciolse sulle spalle la massa di capelli corvini.
Solo allora ebbe il coraggio di guardarsi allo specchio.
I suoi occhi sembravano talmente grandi da riempire lintera superficie
dargento. Il rimmel, colato lungo le ciglia, disegnava sulle guance livide due
strisce lucenti come bava di lumaca. Una grossa lacrima nera seguì il medesimo sentiero
acquitrinoso.
Lo odiava. Lo odiava con tutta se stessa.
Le sue pupille tremarono di collera.
Laveva usata, si era preso gioco di lei, le aveva spezzato il cuore. Se ne era
andato lasciandola agonizzante, senza nemmeno voltarsi a vedere se respirava ancora.
Strinse i pugni incidendosi la carne con le unghie laccate di blu.
Era solo un maledetto egoista. Non meritava niente.
Come una stupida, aveva creduto alle sue promesse. Chissà a quante altre, prima di lei,
aveva sussurrato allorecchio le stesse parole... era stata uningenua.
Ma quella sera aveva voluto incontrarlo di nuovo per prendersi la rivincita.
Bella come una principessa delle favole, si era preparata con la massima cura. Non aveva
trascurato nulla. Aveva giocato la sua partita e laveva vinta.
Sorrise al suo riflesso, scoprendo due file di zanne rosso sangue.
Almeno quel bastardo aveva un buon sapore.