La grande attrazione del circo Turot

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Anche quella sera Turot era riuscito a radunare per il suo circo un pubblico discretamente numeroso.
- Ed ecco signore e signori, la nostra grande attrazione!
Come sempre, ricevette in risposta un coro di insulti e battute sarcastiche. Ma quando aprì il sipario, calò improvvisamente un silenzio stupito.
Dentro una grande gabbia, il morto vivo stava in piedi, immobile. Dalla pelle affioravano ossa e viscere bluastre.
-Ma è un cadavere schifoso! Puzza più del pesce marcio!!!- gridò qualcuno, suscitando uno scroscio unanime di risa.
Alcuni inservienti cominciarono a quel punto a schioccare le fruste, mentre altri aizzavano la creatura con tizzoni ardenti. Ma questa si mosse appena, puntando lentamente una mano scheletrica verso gli spettatori.
Quel gesto bastò a scatenare il terrore. Le prime file si alzarono all’unisono, scaraventandosi su quelle retrostanti come un’onda sugli scogli. Una donna svenne. I più coraggiosi, cominciarono a scagliare sassi e frutta marcia.

-Ecco a voi il morto vivo! La creatura dell’inferno tornata sulla terra per annunciare l’apocalisse!- gridò soddisfatto Turot. Lo aveva comprato per poche monete in un piccolo paese sperduto tra le montagne. I familiari erano felici di liberarsene, dicevano che il ragazzo era così stupido da non essersi nemmeno accorto di essere morto. Lo tenevano incatenato, nutrendolo di ossa e topi.
Quella sera, il morto vivo però non si lanciò rabbioso contro le sbarre sbavando sangue. Per alcuni lunghi minuti la sua attenzione si soffermò sui volti rabbiosi e spaventati del pubblico, sulla donna barbuta che piangeva silenziosamente, sui fratelli siamesi che mangiavano avanzi in una nicchia fetida. Per tutti indistintamente, provò una infinita pietà.
Poi improvvisamente il suo corpo si afflosciò, disfacendosi in pochi istanti come carta bruciata. E mentre la gente si accalcava curiosa intorno alla gabbia, il suo spirito finalmente volava libero come polvere nel vento.

Sebastiano Natalicchio