La schiusa
era prossima.
Sospesa a un metro da terra, livida come un viscido moccolo, Jeza'n'ah, Dea del
Firmamento, attendeva di dare alla luce il Dio Contemporaneo.
Le Ancelle, tuttintorno a lei, lassistevano come meglio potevano.
Corpi nudi, raggrinziti, cosparsi dunguenti e seccati dal sole, danzavano sulle
fredde maioliche del Tempio della Schiusa. Tracciavano oscuri disegni con
movimenti aggraziati. Sfioravano laria con grigie dita adunche. Toccavano l'addome
rigonfio, tumefatto e necrotico, con gioia contenuta. Quandecco che il battito di
quel bozzolo raddoppiò dintensità.
Il ventre di Jeza'n'ah silluminò di una tenue colorazione vermiglia.
Si udì il sinistro rumore di carta che saccartoccia e infine si strappa.
Un lamento poderoso, un vagito, si levò alto nel mondo sotterraneo: il grido di
un Dio Nascente. Una mano emerse con brutale violenza dalla carne sfatta di
Jeza'n'ah. Cinque dita, lunghe e affusolate, fumanti, si mossero per attanagliare
laria. Brandelli di grembo piovvero ai piedi delle Ancelle, dimprovviso
colpite da una grandinata di braci lordate da sangue nero e viscoso.
«E nato!» gridò una di loro.
Jeza'n'ah non udì altro.
Il Dio Contemporaneo non somigliava alla Dea del Firmamento, no.
Non somigliava a nessuna divinità che nei secoli lo avevano preceduto.
Aveva occhi gelidi come zaffiri, venati doro. Occhi penetranti, capaci di azioni
grandiose, nel bene come nel male.
Era completamente nudo, coperto solo da un sottile strato di fuliggine grigiastra che
lasciava appena trasparire il colore rosato della carnagione. Una lunga chioma di capelli
neri ricadeva scomposta oltre le spalle, solide sì, ma curiosamente prive di ali.
Aveva due sole braccia e due sole gambe, un corpo stranamente esile ma atletico, un
sorriso enigmatico.
Il suo nome, decise fiero, un giorno sarebbe stato sulle labbra di tutti.
Sarebbe stato Adamo.
«Luomo è un Dio caduto che ricorda i cieli
»
Lamartine, Méditations.