La stanza
è asettica, spoglia. Ho il lenzuolo tirato fino sul collo ma non lo sento addosso; non
sento niente.
Quando quelluomo inizia a divorarmi non mi accorgo subito che è morto. Forse,
penserò poi, perché non avverto il freddo della sua pelle contro la mia né i suoi denti
marci che mi lacerano la carne. Un altro ha il camice bianco e la mascherina gli copre
quasi interamente il viso. Mi fa:
Sapresti dirmi le tue emozioni adesso?. Intanto si preoccupa di arrestare le
emorragie sempre più numerose sul mio corpo.
Fotogrammi di memoria mi girano in testa a velocità innaturale.
Ti abbiamo anestetizzato Luca. Non ci interessano quelle di
sensazioni.
Intanto scopro con orrore che non ho più le gambe; il cuore accelera. Ora lo so per certo
che è un cadavere o qualcosa del genere: ha i segni dellautopsia sul torace, povero
cristo anche lui; e continua a sbranarmi. Il medico ripete la stessa domanda
continuamente:
Le tue emozioni Luca... I tuoi pensieri... fino a quando lessere mi
spolpa anche le braccia, lasciandomi un tronco insanguinato incapace di ricordare; fino a
quando non inizia a mangiarmi il viso.
Ho gli occhi appannati per le lacrime e non distinguo bene le parole. Riesco a vederne
altri, col camice, in fondo alla sala che credevo vuota. Guardano dei televisori in alto e
prendono appunti. Ormai mi sta mangiando gli occhi; ruggisce mentre lo fa.
Cè poco da disinfettare dottore vorrei dirgli, ma non ho più la bocca,
nè la forza.
Poi penso a mia madre e a Francesca, alla coppa del calcetto e al mio matrimonio. Tutto
scorre nei televisori in alto come un film; ci sono almeno venti spettatori.
Poi più nulla.