Sono dentro
di te.
Loro.
Puoi scappare, gridare aiuto, chiamare la polizia. Ma quale riscatto, quale salvezza,
quando il mostro... sei tu?
È buio, intorno a me. I pallidi raggi lunari illuminano fiocamente il ciottolato: una
luce fallacea, falsa.
Il funereo e statico silenzio è spezzato solamente dallincalzare sempre più rapido
dei miei passi pesanti.
Tum. Tum, tum, tum.
Ecco il porto. Ora riesco ad udire il fruscio untuoso delle acque.
Shh.
Cè, una via duscita. Non posso spararmi, né trafiggermi con
qualsiasi altra arma. Lui, nomade parassita, sopravvivrà, cercherà
unaltra vittima. Unaltra preda.
Ma posso liberare il mondo dalla presenza di questo me stesso in un altro
modo.
Una fitta allinterno, come un pugnale che ti lacera le viscere, mi squarcia
lanimo. Il dolore è talmente forte che apro la bocca per gridare, ma non esce alcun
suono.
Devo sbrigarmi.
Cado a terra, in ginocchio, stringendomi convulsamente il ventre. Ho il respiro pesante,
mi sento ribollire.
Devo fare in fretta.
Raggiungo strisciando il bordo del molo. Sotto di me, vedo scorrere le cupe acque
increspate.
Sono pronto. Chiudo gli occhi.
Faccio per buttarmi giù.
Jack.
No. Non ora.
Jack, guarda nellacqua.
Quella voce sibillina, melensa, ormai così familiare.
Disperato, apro gli occhi e la vedo. Laltra immagine di me. La pelle grigia,
putrida, ricoperta di pustole e piaghe sanguinanti. Gli occhi spenti, allinfuori, le
iridi talmente chiare da sembrare inesistenti. E quel sorriso. Quel ghigno
malefico, il riso beffardo dipinto sulla maschera del vincitore.
No, ce la posso ancora fare. Devo solo sforzarmi un po di più...
Una risata sguaiata mi risuona nella testa.
Ancora un po...
Tump.
Non riesco a muovermi. Non sento più nulla: non sento il fruscio del mare, né il freddo,
né il mio corpo.
Solo quella voce mordace.
Dove credi di andare, Jack?!
Nata a Forlì nel gennaio del 1990. Sono cresciuta con mia madre che mi ha trasmesso la passione per la scrittura. Ora frequento il terzo anno di un istituto tecnico biologico-sanitario.