Voodoo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Ward fece appena in tempo a gettarsi per terra: il coltello passò a un pelo dal suo coloniale, andando a piantarsi nella parete del piccolo ufficio.
Lo scompiglio durò poco: qualche ordine urlato, un paio di soldati mandati a setacciare la zona, e Ward era già in piedi, stizzito per l’accaduto e visibilmente scosso. Quel bastardo l’aveva preso di mira, e questo non gli piaceva affatto; inoltre, ora avrebbe dovuto riferire a Rodetsky.
- Signore, non potevo sapere che la ragazza fosse figlia di quello stregone. Almeno, non mi sono posto il problema, quando l’ho vista sola...
La reazione del colonello fu peggiore del previsto.
- Al diavolo! Tu sei un altro di quei fottuti pazzi convinti che un negro non sia un essere umano! Non sono loro i nemici. L’ultima cosa che voglio è uno scontro coi locali, dannazione! Considerati fortunato, se sei ancora vivo: quell’attentato era una bazzecola. Tu non hai la minima idea di ciò che è capace di fare un uomo come quello.
Ward imprecò sottovoce, contro Rodetsky, contro Haiti, contro la guerra, contro quei maledetti automi.

“Non se la devono passare granché bene, laggiù a Port-Au-Prince” pensò Ward, mentre osservava l’orrenda orda di morti abbattersi sul villaggio indifeso. I suoi soldati lo guardavano, dubbiosi, ma Ward continuava a fumare, gustandosi la scena.
- Ward, Rodetsky ha ordinato...
- Il diavolo si porti Rodetsky! Questi cani haitiani meritano di morire!
Fu allora che lo sguardo di Ward, indifferente ai corpi dilaniati e agli zombi loro carnefici, incontrò quello dello stregone. Uno sguardo fisso, e leggermente divertito. Ward si chiese se quell’uomo fosse poi così pericoloso come sosteneva il colonello. Fu il suo ultimo pensiero lucido. Quando si voltò, il volto scarnificato, la bocca contorta in spasmi inumani, era irriconoscibile.
Fu il suo stesso plotone a massacrarlo.

Andrea Piras