Buio.
Quando si è al buio si ha paura.
Quando si ha paura si è al buio.
È sempre buio quando si ha paura.
Buio.
Silenzio.
Nico stava raggomitolato nel vano sotto allacquaio, con le braccia intorno alle
ginocchia e i flaconi di sapone sparsi tutto intorno. Una vecchia spugna, da qualche
parte, emanava un odore molliccio di alghe putrefatte. Le ante era chiuse. Nico
controllava ogni respiro, e sentiva sfrigolare la pioggerellina fitta e instancabile sui
vetri della finestra di cucina.
Era lì da tanto; cera puzzo, e gli facevano male le gambe. Per la prima volta da
quando li avevano visti correre giù in strada - persino da quando il vetro si era rotto e
la mamma aveva gridato - le lacrime premevano per uscire.
Scendere.
Glielo impedì.
Ecco di nuovo quel suono, quel brutto verso, come di un vecchio col catarro che si raschia
la gola, ma più acuto e vibrante. Nico udì lo scalpiccio dei suo artigli sulle
mattonelle lucide del cucinotto.
Nascose la faccia fra le mani.
Lo sentì avvicinarsi spostando i barattoli di latta e i bicchieri infranti disseminati
sul pavimento.
Lo sentì fermarsi.
Fuori batteva la pioggia.
Un tuono. Un bubbolio.
Laltro, emise un sibilo. Nico lo vide con locchio dellimmaginazione
alzare la testa, socchiudere quegli occhiacci cattivi e aspirare aria nelle narici sporche
di muco e sangue rappreso.
Oh, sì; se voglion scendere a tutti i costi... scenderanno.
E infatti, adesso piangeva.
Bu! Gli aveva fatto la mamma prima che arrivassero.
Gli artigli graffiarono il legno dello sportello. Nico lo sentì ridere. Non aveva modo di
saperlo, ma ne era sicuro: erano risa.
Le ante si aprirono.
LAltro sorrise, gli occhi gialli che brillavano nella penombra, la bocca socchiusa
con i denti storti e appuntiti.
- Bu - gli fece.
Nico gridò.