Venite, amici miei

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Stanno arrivando. Li sento. Sento i loro respiri affannati in lontananza, i loro passi frenetici sdruciolare tra le macerie della città. Le loro sagome nere impazzite si stagliano sui falò accesi tra i palazzi in rovina. Il mondo ormai è in mano ai divoratori, non abbiamo più scampo. Ma non voglio cedere, non posso arrendermi adesso. Devo allontanarmi, scappare. Avverto delle fitte allo stomaco, che si ripercuotono come un dolore sordo in tutto il corpo. Mi piego su me stesso, per un momento perdo il controllo. Una parentesi di incoscienza che quasi mi è fatale. Lei è arrivata lentamente, strisciando nell’oscurità. Alzo il viso in quel momento, vedo con orrore il bagliore della luna piena riflettersi nei suoi occhi. Fa tempo quasi a toccarmi. Mio Dio, no! Fuggo con la forza del terrore dentro di me. Ma loro non demordono, mi stanno dietro come mastini. Le mie condizioni fisiche non mi permettono di correre come vorrei, e loro guadagnano terreno.

Dove posso nascondermi? Quasi impazzisco dal dolore e dalla paura. Forse dovrei uccidermi. Poi decido di fermarmi. Sconfitto, distrutto. Basta fuggire, amici miei, mi avete trovato alla fine, venite pure a prendermi. Anche tu tesoro, vieni pure da me. Qualcosa ha preso il sopravvento ormai sui miei sentimenti umani. Un’altra fitta al ventre. E’ la fame, vorace, un’incontenibile brama di sangue umano. Il morso sul braccio non mi fa più male. Tutta la mia carne è semiputrida e non provo più sensazioni. Solo una gran voglia di mordere, dilaniare. Venite, amici miei, vieni, amore mio. Vi aspetto, è ora di cena.

Marco Tedeschi

Sono nato a Verona nel 1966; diplomato al Liceo Artistico e successivamente all'Accademia di Belle Arti di Verona; dopo svariati lavori tra i quali il restauratore e il grafico pubblicitario, da otto anni a questa parte lavoro come insegnante di Arte e Immagine.