Undici dita

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Il ruggito tuoneggiò nella foresta.
Ancora.
Presto muoviti! Abbiamo pochi secondi!
Elly afferrò la mano sudaticcia che Marco le tese trascinandola al primo castano trovato.
Nooo! Fermalo!
Marco virò la testa, il sasso già in volo a colpire la civetta.
Ma i rossi occhietti di questa, prima di strabuzzare, avevano già avvisato il Padrone.
Scappiamo!
Elisa scivolò sulla corteccia, Marco pure. Rovinarono nel torrente, grida del Padrone braccavano entrambi.
Sapevano di non poter affogare. L’incubo non terminava se la carogna-vivente non poteva possederli.

 

Che vuole da noi?
Non so. Forse non lo sa neanche lei.
Rispose Elly strizzandosi i capelli impalliditi dal chiaro lunare.
Pensi ci prenderà, prima o poi?
Elly squadrò la propria mano destra, l’unica con cinque dita. Una notte il Padrone gliene amputò tre, sei le divorò a Marco. Avvertiva ancora il pizzicore; quella volta stavano per esser catturati.

L’altro giorno ho dormito riprese Marco, visto che sua sorella non rispondeva: sognavo che fuggivamo liberi come l’aria, eravamo veloci, saltavamo da una cima all’altra come fossero state scalinate... Il Padrone diventava sempre più piccolo, lontano... Ma poi mi sono svegliato, la nostra capanna stava dondolando con lui sotto che impazziva.
Il pizzicore sulle nocche monche di Elly crebbe mentre le sopracciglia della bambina, contro la sua volontà, s’incrinavano. Erano riusciti a raggiungere un nuovo castano ma la punta d’un albero non era fatta per essere la casa di due ragazzini.
La nebbia avvolgeva gli alberi nascondendone radici e fusti. Vedevano solo stelle e pennacchi verdi. Lontano un pino crollava accompagnato da lamenti infernali. Le unghie affilate del non-morto erano tornate a colpire e dentro Elly temeva che la prossima volta che sarebbe toccata a loro non sarebbero riusciti a farcela. Voleva casa sua, mamma, papà, la scuola. Voleva svegliarsi per davvero.
Voleva che quel mondo folle implodesse.

Gianluca Giannattasio