L'immortalità

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Scendo a trovarla ogni giorno, la mia creatura. Resto a contemplarla per ore, non mi stancherei mai di guardarla, così com’è, addormentata e bellissima. Attorno il silenzio parla di cose che non si possono o non si vogliono pensare. A volte parla nei bisbigli delle comitive in gita, nel cigolio delle loro scarpe sportive ripetuto dal vuoto dei sotterranei. E’ una lingua che conosco bene, eterna come la paura dell’ignoto. La percepisco, viva, quando si fermano alle mie spalle ad ammirare lei.
E passano oltre. Passano tutti, com’è normale che sia. Hanno altri corridoi da percorrere, sono venuti quaggiù per questo. Hanno ancora file e file di morti agghindati a festa da fingere di non voler guardare, oppure da osservare dietro furtive macchine fotografiche, con la curiosità che prende il sopravvento sull’orrore di essere quello che si è, liquame secco e vecchie ossa e lembi di pelle ammuffita.

Lei però è diversa, ha ancora il suo bel viso di bambina, capelli d’oro ad accarezzarle la tenera cute. Lei è il mio capolavoro, il vero trionfo della vita.
Io no. Io sono vecchio, le mie carni marcite, e senza neanche la consolazione o la speranza che possa aver fine questa mia inutile mostruosa condanna a vivere in eterno. Ma a lei ho fatto il dono più grande, le ho dato l’eterna bellezza, l’immortalità vera.
Sono sempre l’ultimo ad andare via. Mi fa male lasciarla sola quaggiù, in fondo al silenzio delle Catacombe. Ma tornerò domani piccola. Ho l’eternità intera per questo.
Sì, fa male. Lei apre gli occhi, me li inchioda addosso con ferocia. Avverto il suo odio nelle lunghe ferite che ogni volta m’infligge con le unghie affilate, nei suoi morsi furiosi.
Non importa. Capirà prima o poi, lo so. Capirà e mi perdonerà tutto.

Maria Galella