No, ti prego... non voglio... no! implorava Toby con i suoi
occhioni lucidi mentre sostava in ginocchio davanti a lui.
Quello, dopo averlo afferrato per il polso, cominciò a trascinarlo attraverso un tetro
corridoio e Toby sapeva dove lo avrebbe condotto: succedeva ogni fine settimana.
Vado a telefonare, spera solo che la troia paghi! gli gridò.
Aprì la decrepita porta di un ripostiglio e la luce che vi filtrò illuminò delle pareti
schizzate di rosso e percorse da profondi graffi. Scagliò dentro il piccolo e ce lo
chiuse.
Sei morto, lo sai? sussurrò una voce nel buio.
Toby si girò a fissare loscurità circostante.
Me lo dite ogni settimana rispose singhiozzando ma la mamma pagherà e
verrà a prendermi.
E quello che credevamo tutti disse la voce, mentre volti bianchi di
bambini si materializzarono nelloscurità.
Ci speravamo anche noi dissero piano in coro fissando il coetaneo con le loro
orbite vuote.
Siete degli angeli? deglutì con forza, non glielo aveva mai domandato negli
incontri precedenti.
No, Toby, gli angeli sono da unaltra parte... qui ci siamo solo noi, i tuoi
fratellini rispose uno dei bambini.
Istintivamente Toby chiuse gli occhi e si portò le mani a coppa sulle orecchie, ma non
gli servì a molto, li percepiva fluttuare accanto a sè.
Mamma e papà hanno litigato perché non hanno i soldi per mantenerci... e così
morirai coperto di cinghiate... ma non avere paura, vivrai per sempre dentro lo sgabuzzino
insieme a noi... manchi solo tu dissero ancora i suoi fratelli dissolvendosi al
rientro della luce.
Il padre di Toby si ergeva davanti a lui, il collo lievemente inclinato e le labbra
coperte da una patina bianca. Nella destra stringeva una cintura di cuoio con la pesante
fibbia che oscillava pronta a colpire, colpire, colpire... finchè farà buio anche per
Toby.