Quando Bela
Lugosi, il più grande interprete di Dracula di tutti i tempi, consumato ormai dalla
morfina, fu seppellito con indosso il frac e il mantello di scena, Peter Lorre,
l’attore di Il mostro di Düsseldorf, rivolgendosi a Boris Karloff gli
chiese: «Che ne dici Boris? Dobbiamo piantargli un paletto nel cuore?».
Questa storia mi ha sempre divertito, ma ammetto di avere uno spirito un po’
particolare, “di patate”, si sarebbe detto una volta. Non so se Bela sia poi
riemerso dalla tomba, lui che si credeva il re dei vampiri, ma per me è stato piuttosto
semplice, perché io non sono mai stato davvero vivo, e di conseguenza non potevo essere
realmente morto.
Ero un nessuno.
“Cristo, sparate... Abbattetelo”.
Un nessuno con la passione per i film dell’orrore quando l’ingresso al cinema
costava solo uno-due dollari e si aveva diritto al doppio spettacolo.
“Sta andando verso il Presidente... Fermatelo...”.
«I film dell’orrore sono il paradigma della società in cui si vive» - sicuro,
così ho letto una volta su una rivista. Non lo specchio o la metafora, ma il paradigma - L’invasione
degli ultracorpi non è allora che il paradigma della paura dei comunisti nei
’50 e Godzilla il paradigma del terrore nucleare, e così via. Ogni tempo ha
i suoi mostri, perché sono i tempi a crearli.
“Mi ha morso, mi ha morso...”.
E cosa c’è più indicato per i nostri, signor Presidente, frutto di lavori mal
pagati, di un sistema scolastico classista, di guerre preventive, di discriminazioni
razziali, di un brutto, cencioso zombie?
“Aiuto... Qualcuno mi aiuti...”.
Non urli, signor Presidente, per lo meno non ancora, nella stanza non c’è nessuno,
tranne noi mostri - come disse il poliziotto in Fluido mortale - tranne noi
mostri.