Tranne noi mostri

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Quando Bela Lugosi, il più grande interprete di Dracula di tutti i tempi, consumato ormai dalla morfina, fu seppellito con indosso il frac e il mantello di scena, Peter Lorre, l’attore di Il mostro di Düsseldorf, rivolgendosi a  Boris Karloff gli chiese: «Che ne dici Boris? Dobbiamo piantargli un paletto nel cuore?».
Questa storia mi ha sempre divertito, ma ammetto di avere uno spirito un po’ particolare, “di patate”, si sarebbe detto una volta. Non so se Bela sia poi riemerso dalla tomba, lui che si credeva il re dei vampiri, ma per me è stato piuttosto semplice, perché io non sono mai stato davvero vivo, e di conseguenza non potevo essere realmente morto.
Ero un nessuno.
“Cristo, sparate... Abbattetelo”.
Un nessuno con la passione per i film dell’orrore quando l’ingresso al cinema costava solo uno-due dollari e si aveva diritto al doppio spettacolo.
“Sta andando verso il Presidente... Fermatelo...”.
«I film dell’orrore sono il paradigma della società in cui si vive» - sicuro, così ho letto una volta su una rivista. Non lo specchio o la metafora, ma il paradigma - L’invasione degli ultracorpi non è allora che il paradigma della paura dei comunisti nei ’50 e Godzilla il paradigma del terrore nucleare, e così via. Ogni tempo ha i suoi mostri, perché sono i tempi a crearli.
“Mi ha morso, mi ha morso...”.

E cosa c’è più indicato per i nostri, signor Presidente, frutto di lavori mal pagati, di un sistema scolastico classista, di guerre preventive, di discriminazioni razziali, di un brutto, cencioso zombie?
“Aiuto... Qualcuno mi aiuti...”.
Non urli, signor Presidente, per lo meno non ancora, nella stanza non c’è nessuno, tranne noi mostri - come disse il poliziotto in Fluido mortale - tranne noi mostri.

Michele Bolettieri