Al buio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Sara continuò a singhiozzare. Sola, nell’oscurità, si rannichiò nel suo lettino con le sbarre di legno; era ancora piccola e sarebbe potuta cadere dormendo. Suo padre l’aveva spinta nel corridoio, facendo stridere le rotelline di plastica montate quello stesso sabato pomeriggio, dichiarando che lui e mamma volevano stare un po’ soli. Ma Sara non aveva inteso ragioni; aveva cominciato a piangere e i suoi avevano dato poca importanza alla cosa, prendendo quelle lacrime per degli stupidi capricci. E così, quella sera stessa, era stata messa nel corridoio, nonostante le sue proteste; era troppo piccola per poter esprimere il suo senso di angoscia e di terrore se non piangendo a dirotto. Come avrebbe potuto spiegare altrimenti, che, quando si resta da soli al buio, accadono cose spaventose, cose orrende e che, se non ci sono i tuoi genitori a proteggerti, possono farti del male, strisciando silenziosamente nell’oscurità e avvicinandosi sempre di più...
Stringendo il suo peluche bagnato dal pianto, Sara si addormentò. Si svegliò poco dopo, gli occhi ancora umidi, spalancati in un’espressione di sorpresa : da sotto la porta dell’ingresso filtrava un filo di luce bianca; dapprima tenue, poi sempre più intenso, fino ad illuminare il freddo pavimento di marmo.

La piccola ora tremava, non riuscendo a fare altro che gemere sommessamente, mentre la porta si apriva con un sinistro cigolio: una luce abbagliante e poi più nulla.
Il mattino dopo i genitori di Sara, aprendo la porta della camera da letto, trovarono il lettino vuoto e il peluche sul pavimento; la porta era chiusa a doppia mandata e le chiavi erano sul tavolino dell’ingresso. Sconvolti, si precipitarono al telefono per chiamare la polizia, non notando neppure le screziature corvine, che si diramavano da sotto la porta, allungandosi verso il lettino come le nere braccia della morte.

Francesca Tanti