Si
incamminò lungo il viale scosceso contando i passi che lo separavano dal cimitero.
Duemilacinquecentoventi. Il cancello era chiuso e mentre lo scavalcava si ferì alla
gamba.
- Il sangue è pericoloso - pensò e si impedì di sanguinare legando stretto al polpaccio
un laccio di cuoio.
Una luna opaca era appesa nel cielo sopra un campo sterminato di lapidi: né una croce né
un nome, né un angelo di pietra o un fiore. Solo rovi e pietre.
Il ragazzino incespicando nelloscurità, si diresse verso il centro dove campeggiava
un enorme monolite. Nero.
Si avvicinò e attese che i corvi si allontanassero e il vento si placasse. Ora non
cera più nessun segno di vita. Solo morte.
Poi la terra parve scuotersi, scrollarsi, ribollire. Le zolle iniziarono a roteare in un
vortice che avvolse il monolite e si arrampicò fino alla cima, furioso, finché il
manufatto non fu completamente ricoperto.
Lentamente la terra si compattò in un fango denso e putrido che delineò una figura prima
mostruosa e animalesca, poi quasi umana, con la testa, il tronco e la braccia. Il bambino
si inginocchiò e protese le braccia verso quellimmagine.
- Padre - disse. - Sono venuto a chiederti di tornare.
Il gigante di fango e pietra parve gonfiarsi fino a scoppiare, poi si allungò a dismisura
come se fosse sotto la spinta di forze contrarie. Infine nella testa granitica si delineò
un volto dagli occhi feroci. - Come osi convocarmi? - disse.
- Abbiamo bisogno di te - rispose il bambino.
Il mostro allora si scosse e si protese in avanti ansimando.
- Ci sono umani? - chiese.
- Sì, sono tornati. Anche questi vogliono colonnizzare il nostro pianeta.
Il monolite di terra e fango rise forte, poi si incamminò verso le case mentre in lui la
fame cresceva.