Lagrimostri

3° classificato al concorso "Premio Scheletri", 2010 - edizione 2

Ogni gioco divertente contiene il germe della distruzione.
Così Lara e Tommaso sottraggono le bottiglie alla raccolta differenziata e le lasciano scivolare nel canale, dietro gli orti, per divertirsi a fracassarle a sassate.
Tre punti al primo colpo, due al secondo... e l'analisi grammaticale per chi perde, da far copiare a chi vince.
È eccitante quando una borsa di nylon che galleggia e pare agitarsi diventa un loro bersaglio.
È terribile quando una pietra ben scagliata rivela un’ammucchiata miagolante di gattini, che affonda rapidamente nella sua tomba d’acqua.
Lara fa in tempo a riconoscerli e capisce chi è stato.
Seduta sul ponte di cemento, coi piedi penzoloni, non riesce a smettere di piangere.

 

Nel momento in cui prende coscienza di sé, percepisce due cose: di esser liquido e di esser fatto di rabbia. Intorno c’è solo acqua, più fredda, torbida, ma il rancore che lo tiene assieme gli impedisce di mescolarsi a essa.
Per chilometri non fa che lasciarsi trasportare, vibrando senza opporre resistenza.
Sfiora rane e ciottoli, granchi e architeuthis, piroghe e transatlantici. Rotola nella risacca, vola in cielo, cavalca i venti. Sale così in alto da non riuscire più a tenere testa al freddo.
E quando cade, assieme alla pioggia, si trasforma.
Ingoia una goccia dopo l’altra. Cresce. Divora ogni impurità.
Polvere, peli, escrementi, pelle, formiche.
Li assimila e li fa ammalare d’odio, finché svapora nuovamente.

Ma ogni volta che cade assieme alla pioggia ricomincia e diventa più feroce. Rimbalza sui rami, striscia nell’erba, s’infiltra nel terreno. Ritrova la memoria e la via di casa.
Finché un giorno, sull’asfalto, sa cosa fare.
Piove a dirotto e lui mangia come non ha mai fatto. Si raccoglie nella cunetta, gorgoglia e s’impenna come una gigantesca serpe d’acqua grigia. La sua rabbia si frantuma in fiotti e schizzi assieme al rumore delle lamiere.

 

Lara segue il corteo, gli occhi gonfi celati dalle lenti scure.
Una mano stringe la vita di sua madre, l'altra regge un fazzoletto, intriso di muco e lacrime.
Tommaso è più indietro, il volto freddo e asciutto. Il cielo è ancora grigio, memore dei nubifragi di quei giorni. Cerca di trattenersi, ma ogni volta che immagina suo padre, immobile sotto quel coperchio di mogano, gli viene un groppo in gola.
Nell'istante in cui gli occhi non riescono a trattenere il dolore, ricorda curiosamente le sue ultime lacrime.
Anche se di rabbia, le ha versate a fianco di sua sorella, quando non era che un bambino.
Non sa spiegarsi perché, ma ha ancora chiara l'immagine del ponte di cemento e di quella prima lacrima, che precipita leggera nell'acqua torbida del canale.

Raffaele Serafini