Il
paesaggio suggestivo della valletta richiamava alla mente luoghi esotici e mete lontane;
pochi, vedendo quelle foto, avrebbero creduto che fossero state scattate in una località
amena e poco conosciuta che risaliva parte del corso dellOglio, non molto distante
dalla più nota Valcamonica. Il sole pomeridiano avrebbe presto regalato un suggestivo
tramonto, ma nessuno dei due solitari esploratori era affascinato da quellidea.
<< Senti, non possiamo tornare indietro? Sono stanca morta e mi fanno male le gambe.
>> A lamentarsi era Francesca, venticinque anni, bruna bellezza milanese che già da
diverse ore si stava pentendo di aver accompagnato il suo ragazzo, Massimo, in
quellassurda ricerca per la sua tesi di laurea.
<< Dovrebbe essere oltre quel passo. >> Luomo indicò un punto sul
sentiero montano che stavano percorrendo da oltre tre ore, una svolta in cui la stradina
sembrava tuffarsi in un dedalo di rocce grandi e piccole.
<< Sempre in base a quel tuo stupido libro ? >> sbottò esasperata Francesca.
Massimo non sembrò nemmeno accorgersi dellinsulto, tutto preso dal vecchio diario
dalla rilegatura rovinata che continuava a consultare. << Esatto! Dalla cartina
tracciata dal professor Maccesi dovremmo esserci quasi ! >>
Il suo entusiasmo era giustificabile, dal suo punto di vista. Per la sua tesi in
antropologia non sera accontentato di qualcosa di semplice su cui documentarsi in
qualche polverosa biblioteca, aveva voluto tuffarsi in quella ricerca incredibile.
<< Se oltre quel sentiero troveremo le grotte che visitò Maccesi, diventeremo
famosi. >> Quello era stato il motto che aveva trascinato Francesca lì nel ponte di
Pasqua. Mentre tutti erano al mare, a qualche agriturismo, loro erano lì, in una valletta
dimenticata dal tempo a cercare le ossa del drago di San Galvano della Montagna.
<< Facciamo solo una pausa, amore >>, chiese la ragazza, sedendosi su un sasso
e scolando quel che rimaneva del suo gatorade.
<< Maccesi devessere precipitato giù di qui >>, rifletté lo studente,
sbirciando oltre il bordo del sentiero, dove cera un declivio pietroso e
ripidissimo. Il paesino da cui erano partiti lasciando auto e bagagli si vedeva piccolo,
in lontananza. << Forse era buio, oppure cera un temporale. Se solo fosse
venuto qui di giorno, probabilmente si sarebbe salvato. >> Se però il professor
Demetrio Maccesi, scomparso misteriosamente nel 1909 alletà di 48 anni non fosse
venuto su quel monte, Massimo non avrebbe mai recuperato casualmente il suo diario in una
bancarella di libri depoca al mercatino dellantiquariato di Milano.
<< E se tutto fosse un falso, una burla? >> lo provocò Francesca, <<
forse tra quelle rocce troverai la prova di aver buttato questi ultimi quattro mesi in
unimpresa senza senso! >>
<< Amore, a parte ringraziarti per la fiducia, vorrei rassicurarti che non ho questo
tipo di paura. >> Massimo replicò con una punta dironia nella voce mentre
controllava la piccola videocamera Canon con cui voleva riprendere la
scoperta. << Abbiamo raccolto tante di quelle prove... prima di tutto
losso esposto nella chiesa, giù al paese. Una costola lunga tre metri, più di
quella famosa di Almenno, ma incredibilmente ancora sconosciuta. >>
Francesca annuì quasi senza accorgersene. Poteva dire tutto ma quella cosa appesa dietro
laltare della chiesa di San Galvano della Montagna era senzaltro una costola
animale. Solo degli esami accurati avrebbero rivelato di quale animale. Nel caso delle
altre reliquia di drago sparse in varie località italiane, si trattava spesso
di ossa di mammut, di balena o perfino di coccodrillo, come nellincredibile caso del
convento di Santa Fiora.
<< Forse non è conosciuto perché quella chiesa è sconsacrata da più di
cinquantanni >>, suggerì la ragazza, a sua volta in qualche modo attratta da
quella ricerca.
<< San Galvano della Valle è il paese a cui ufficialmente facciamo risalire la
fondazione a Galvano Menardi, il cavaliere che uccise il drago. >>
Avevano visitato entrambi i paesi: il primo, venti chilometri più a valle, era un
sonnolento borgo che viveva un aspro campanilismo col suo gemello
scissionista, fondato a metà del milleseicento da gente che se nera
andata dal paese natale per motivi sconosciuti.
<< Bè, tra valligiani e montanari ammetto di apprezzare più i primi >>,
commentò Francesca ripensando agli scontrosi paesani di San Galvano della Montagna, che a
malapena gli avevano permesso di prendere alloggio allunica locanda del posto.
<< Dai, ora andiamo, prima che si faccia buio. In caso dormiremo nei sacchi a pelo
proprio tra le ossa del draghetto >>, scherzò Massimo, guadagnandosi
unocchiataccia dalla sua ragazza.
Arrivati alla famigerata svolta sul passo, videro che in effetti la stradina non
proseguiva salendo fino alla sommità del monte, bensì sinoltrava in una serie di
passaggi naturali di rocce e pareti pietrose. Più a valle avevano notato qualche
saltuaria incisione camuna, di cui la vicina Valcamonica era piena. Forse quel popolo
antico era passato anche di lì, ma la cosa era sempre stata taciuta. Francesca aveva
scattato delle foto per la redazione del magazine di viaggi per cui lavorava,
mentre Massimo aveva rimandato tutto a unaltra ricerca: quel giorno aveva in testa
solo il mistero del drago del monte.
<< Dai, andiamo. >> Senzaspettarla il ragazzo scese tra le rocce a volte
così alte da creare una sorta di corridoi scoperti dove la luce del sole penetrava
fiocamente. Francesca lo seguì, stranamente timorosa di rimanere sola in quel posto fuori
dal tempo. Non avevano incontrato nessuno in tre ore di salita e quella solitudine
cominciava a darle lidea di essere persa in un luogo sconosciuto alluomo.
<< Maccesi scrive che man mano che ci saddentra in questo sentiero sembra di
scendere in un labirinto sotterraneo fatto di pietre antiche come il mondo >>, citò
testualmente Massimo, arrancando tra sassi e gradini naturali. << Galvano Menardi,
cavaliere investito, fu convocato dai contadini del paese sotto questo monte, che allora
si chiamava Pietragrande, forse in riferimento al menhir che sorge a valle. Gli chiesero
di uccidere il drago della montagna, che depredava frequentemente il loro borgo, rapendone
perfino le fanciulle. >>
Francesca aumentò il passo, lo zaino pesante che la faceva sudare. La voce di Massimo
echeggiava tra le pareti di quei passaggi scoperti. << Galvano scalò la montagna,
incontrò il mostro e dopo una dura battaglia lo uccise e con lui tutte le sue
progenie, come cita la pergamena trovata e tradotta da Maccesi nella canonica di
Edolo. >>
Francesca si fermò di colpo, convinta daver sentito un rumore di sassi smossi dietro
di sè. Si voltò, ma non vide nessuno. Un brivido la colse ugualmente, vedendo il sole
che man mano sabbassava allorizzonte.
<< Il cavaliere donò parte delle ossa a Pietragrande, che fu ribattezzato col suo
nome. Pur essendo a cavallo non riuscì tuttavia a trasportare lintero cadavere del
mostro giù per limpervio sentiero. >> La voce di Massimo ora scendeva,
infatti, poco più in là in sentiero sinfilava in una sorta di stanzone
darenaria cui faceva da tetto una sorta di pervicace edera rampicante. Probabilmente
lo studente stava già registrando la sua grande scoperta a favore di videocamera.
<< Una volta sconfitto il drago i contadini del posto prosperarono per qualche anno,
finché per motivi ignoti circa un quarto della popolazione decise di andarsene e di
costruire un nuovo paese ai piedi del monte. Lunica citazione in merito trovata da
Maccesi parla ancora del drago, e si riferisce a qualcosa riguardo alla sua prole e al
fatto che - cito testualmente - se essi già tornavano non era più tempo di
combattere, ma di parlare. >>
Francesca si fermò fuori dalla caverna, frugando nei tasconi dello zaino per prendere la
meglite che si era portata dietro. Anche se il buio non era totale, preferiva vedere bene
dove camminava. Gettando unaltra occhiata alle sue spalle, seguì la voce di
Massimo, sempre più distante ma comunque ben udibile.
<< Il professor Maccesi si spinse fin qui basandosi sulle ricerche che aveva
effettuato e agli esclusivi archivi curiali che aveva consultato. Nonostante
lostilità degli abitanti del secondo San Galvano, riuscì a trovare questo sentiero
e a salirlo di notte, perché di giorno temeva che qualcuno potesse seguirlo per
malmenarlo, magari derubarlo. >>
Scendendo Francesca si trovò a sua volta nello stanzone darenaria che poteva
sembrare quasi messa in piedi da mani umane, visto che le due pareti laterali sorreggevano
un enorme pietrone messo a mo di tetto. Prese la macchina digitale dalla tasca della
giacca da escursionista. Quel posto meritava delle foto. Ne scattò un paio guidandosi con
la torcia, poi illuminò qualcosa che la lasciò senza fiato. Una lunga serie
dincisioni rupestri.
<< Ecco, ora sto scendendo in quella che dovrebbe essere lultima stanza! Il
professore fece in tempo ad appuntare queste parole: Lo vedo! Lo scheletro...
Eccolo, è... è qualcosa dincredibile, forse un vero drago, ma furono le
sue ultime parole, perché non poté più scrivere altro. >> Massimo era oramai
molti metri avanti, completamente fuori vista, avendo proseguito dove il sentiero scendeva
nel buio, allargandosi di almeno un metro e mezzo, diventando un grosso corridoio
naturale.
La ragazza osservò le incisioni. Erano molto più definite di quelle camune che lei
conosceva. Quelli che sembravano uomini erano radunati attorno allimboccatura di un
antro scuro, le varie scene sembravano mostrare gli sviluppi di quella iniziale. Gli
uomini entravano con delle torce - forse lanterne ? - in mano, percorrevano un passaggio
guidati da una figura con addosso un abito lungo e scuro. Quando sbucavano in una sorta di
grotta si trovavano davanti a...
<< Mio Dio! Mio Dio, il professore aveva ragione! E... ma cosè?
COSE?!? >>
Un tonfo sordo, liquido, troncò la cronaca concitata di Massimo. Francesca si voltò di
scatto tremando. << Massimo! Che è successo Massimo? >>
Il suo grido rimbalzò tra le pareti, senza risposta, ma gli fece seguito un rumore di
passi che battevano il pavimento. Con orrore la ragazza saccorse che i passi
venivano da dietro, da dovera venuta. Senza pensarci sinfilò di corsa nel
passaggio dovera sparito Massimo poco prima. Corse per il grosso corridoio
rischiando più volte dinciampare, fino a sbucare in una seconda grotta, questa
molto più buia. Illuminò freneticamente intorno a sè continuando a chiamare Massimo.
Individuò prima la sua testa e poi - mezzo metro più dietro - il suo corpo decapitato
che galleggiava nel sangue. Dietro il cadavere lo vide. Lo scheletro di una
creatura bipede alta almeno sei metri stava seduto, appoggiato alla parete, le
gambe spalancate che lambivano altre due uscite che si perdevano chissà dove dentro la
montagna. Francesca fissò la follia incapace di provare qualsiasi emozione cosciente se
non lorrore assoluto. La creatura - drago era una definizione inadatta - aveva un
cranio molto allungato, enorme, e due corte corna laterali. Il sangue di Massimo arrivò a
lambirle i piedi.
<< Mi spiace, signorina. >> La voce la strappò appena dal baratro della
follia. Si voltò, trovandosi a fissare un uomo di mezza età con una lanterna a olio in
mano. Lo riconobbe subito come il sindaco di San Galvano delle Montagna. << Vi
abbiamo fatto capire in tutti i modi che dovevate lasciar perdere il segreto del nostro
paese. >> Dietro il sindaco comparvero altre persone, circa una ventina. Confusa e
paralizzata dal terrore, Francesca riconobbe appena il gestore della locanda, il vigile
del paese, la signora dellemporio.
<< Vi prego... lasciatemi andare...>> indietreggiò verso il fondo della
grotta, tra le gambe dello scheletro.
<< Non possiamo. Il segreto devessere preservato. Le progenie di Voonith ci
proteggono dai pericoli e rendono fertili le nostre donne. >> Il sindaco avanzò
dun passo seguito dagli altri. In quel momento Francesca fece il suo ultimo
ragionamento lucido. Chi aveva ucciso Massimo se loro erano ancora tutti fuori? In
risposta unombra si mosse nel buio, alla sua destra. La luce della torcia illuminò
una figura alta ma ingobbita, il corpo nudo ricoperto di pelle e squame. La sua testa era
grossa, allungata e cornuta, gli occhi da rettile. La sua mano artigliata protesa verso di
lei fu lultima cosa che vide Francesca.