Strana la vita.
Spesso accadono cose inspiegabili, la cui colpa non è attribuibile a nessuno, se non a
qualche cosa che va al di là delle nostre conoscenze.
Sono il terzo di quattro figli. Mia madre era un'insegnante e mio padre ha lavorato per
un'intera vita come postino, prima che un infarto ce lo rapisse all'età di cinquantatré
anni. I miei ci hanno cresciuto tutti allo stesso modo, senza distinzione alcuna, quindi
devo giungere alla conclusione che se sono cresciuto così, la colpa è solo mia o del mio
cervello. Non posso certo accusare mia madre, se per un certo periodo, quand'ero bambino,
invece di giocare a pallone per le strade insieme ai miei coetanei, andavo tutto solo a
caccia di lucertole, rane e topi ed amavo sezionarli, esplorarne le interiora e guardarli
per ore con le mani sporche di sangue. I miei fratelli sono tutti diventati gente
rispettabile, con un buon lavoro ed un'ottima reputazione, con la coscienza pulita e con
la convinzione di potersi accontentare di quanto la vita stava loro offrendo. Solo io
ardevo dentro, di un qualcosa che non sapevo spiegare. Dopo la morte di papà, ho lasciato
la mia città: volevo dare un perché a tutto ciò che mi opprimeva e sapevo bene che
rimanendo nei luoghi in cui sono cresciuto non ci sarei riuscito. Per anni ho aspettato in
attesa di una risposta, poi stanotte è finalmente successo.
Non sono in grado di stabilire se sia vero o meno, so solo che all'improvviso ho sentito
dentro la mia testa una voce che mi ripeteva continuamente UCCIDI!.
Era forte, troppo forte perché potessi porvi a lungo resistenza, quindi ho deciso di
rinunciarvi fin dall'inizio. Ho preso il più affilato dei miei coltelli da cucina e sono
uscito. Nel cuore della notte ho iniziato a girare in cerca di una vittima: l'unica
certezza era il desio di uccidere un essere umano e non più animali, come quand'ero
bambino. Volevo provare le sensazioni che possono derivare dal privare la vita, vedere il
terrore farsi strada negli occhi delle mie vittime, sentirsi un dio che possiede potere di
vita e di morte sui comuni esseri viventi. Uomini stavolta, non animali, ho sete del loro
sangue. Non sono un vampiro, ma il veder scorrere quel liquido vitale, mi riempe di
energia allo stesso modo di come si tramanda nelle leggende su quelle creature malefiche.
Il sangue delle mie prede giovanili mi aveva in qualche modo saziato per molto tempo, ma
adesso è come se fossero finite le scorte e devo andare a caccia. Mi sono finalmente
svegliato.
Per caso sono finito davanti al cimitero e trovo una macchina tappezzata di giornali, che
compie strane vibrazioni.
Com'è strana la vita, due giovani vengono a fare l'amore proprio vicino ad un luogo
sacro, dove è la morte la regina incontrastata. E forse è proprio lei, la signora con la
falce che mi ha inviato, per punirli di cotanto oltraggio. Ma qualsiasi sia il motivo per
cui sono arrivato qui, non mi importa. Ho bisogno di placare la mia sete. Mi avvicino
lentamente, senza farmi notare e la cosa non è affatto difficile, visto l'intensità dei
rumori che provengono dall'interno. Sfondo il finestrino con un pugno. I due amanti sono
disorientati e spaventati e prima che il giovanotto possa reagire, gli pianto il coltello
nel collo e gli lascio come ricordo un profondo solco, da cui esce sangue in maniera
copiosa. Mi sento pervadere di una nuova vita, della stessa gioia e forza di quando ero
bambino, il ciclo ricomincia.
La ragazza emana un grido violentissimo, apre la porta dell'auto, fugge e, dopo aver
scavalcato il muretto, si rifugia nel cimitero. Avrei potuto fermarla tranquillamente, non
era molto veloce, in preda al panico com'era, ma mi piace l'idea di ucciderla lì dentro,
con tutte quelle foto che ci osservano, voglio mostrare ad altri la mia potenza.
Passeggio tranquillamente, sicuro che prima o poi la prendo ed avrò il mio divertimento.
Non ho intenzione di violentarla, mi diverto solo a vedere il sangue che scorre e basta,
non desidero altro.
Ad un tratto, mi sento un colpo alla testa e tutto si fa buio, avverto qualcosa di caldo
che scivola sulla faccia e sento dei respiri affannosi e terrorizzati, misti a lacrime.
Altri colpi mi giungono in varie parti del corpo e mi fanno male. Uno di questi mi giunge
alla schiena ed improvvisamente cado all'indietro. Riesco a malapena a girare la testa, la
vista mi è tornata in parte e osservo che quella maledetta cagna che ho lasciato fuggire
ha in mano una zappa, evidentemente dimenticata dal custode o da qualche ragazzo di
un'impresa di pompe funebri. Lei è terrorizzata e si dà alla fuga. Vorrei alzarmi ed
inseguirla, ma non ci riesco. Non riesco a muovere nemmeno un dito. Non sento dolore
però, non sento più niente.
Lentamente odo dei piccoli squittii, ma non riesco a girare la testa per vedere chi li
emette, anche se non ci vuole molto per capire che sono dei topi. Finalmente qualcuno
entra nel mio campo visivo, che nel frattempo si sta assottigliando sempre di più.
Qualcuno di loro mi osserva impaurito, qualcun altro osa di più e mi morde un dito. Non
mi muovo, non riesco a muovermi. Ho la schiena spezzata e con grande fatica riesco solo a
girare la testa in modo da poter guardare la luna ed evitarmi la visione di quelle
bestiacce.
Da piccolo amavo uccidere rane, lucertole e topi. Ora sono in un cimitero, con la schiena
spezzata, prossimo alla fine con quei maledetti roditori che a poco a poco si stanno
cibando delle mie carni.
Strana la vita.