Sopra il
promontorio di Sperlonga a sud di Roma si trova la mia villa circondata da un vasto
giardino che dalla strada sovrastante si prolunga giù verso il litorale. La costruzione
è nascosta da alti pini, alberelli di limoni e siepi di rose e magnolie. Una lunga
scalinata di oltre un centinaio di scalini porta allingresso. Questa scalinata in
mattoni rossi, scende serpeggiando tra alberi e fiori, fiancheggiata da un muretto, sul
quale si alternano lampioncini stile liberty e vecchie statue di dei pagani lultima
della quale, quella di fronte al portone, rappresenta Ade, il dio delloltretomba.
La statua ha un forte impeto, uno slancio a muoversi nel momento in cui vibra in giù un
pugnale stretto in mano. Il dorso e le gambe protese obliquamente in avanti. Laltra
mano è portata sulle labbra come a nascondere la propria identità. Mia moglie vi
lasciava spesso la sua borsetta appesa sul braccio che stringeva il pugnale in segno di
noncuranza e passando davanti alla statua faceva sberleffi. Nella pittura vascolare Ade è
rappresentato, quando lo è, con la testa girata dall'altra parte, come se non avesse una
precisa fisionomia. Tutte queste prove in negativo concorrono a formare un'immagine
precisa di Ade: l'immagine di un vuoto, di un'interiorità o profondità che è
sconosciuta. Ade non è un'assenza, è una presenza nascosta, una pienezza invisibile.
Fredda e limpida giornata di fine febbraio. Passeggiavo con un libro in
mano e proprio ai piedi della statua che rappresentava Ade raccolsi qualcosa che sembrava
una foto. Di certo laveva persa mia moglie dalla borsa che spesso appendeva
allavambraccio della statua. La foto a colori era grande come metà foglio A4 e
quando vidi di che si trattava, dovetti appoggiarmi alla scultura quasi a chiedere
coraggio per non svenire. Cera mia moglie in quella foto abbracciata ad un uomo.
Dietro lo sfondo di una chiesa gotica in restauro. Mia moglie aveva un amante. Il cuore a
martellarmi e il respiro affannoso. La costruzione alle loro spalle doveva essere per
forza la chiesa della Santissima Annunziata, a Castel Volturno, in provincia di Caserta.
Proprio la mia ditta aveva vinto la gara per curarne il restauro. Luomo mi sembrava
di conoscerlo. Mi sforzai di ricordare: era il giovane sindaco di quel paese. Con chi si
ama non si hanno segreti. Una parte della sua vita dunque mi era oscura, come la luna che
nasconde alla terra il lato buio.
Con la mano tremante composi il suo numero di telefonino. Era partita per un viaggio la
sera prima. Non cera linea. Non so come, ma svenni. Mi raccolse il cameriere che mi
adagiò sul letto di casa dove rinvenni. Il dottore disse che dovevo riposare e mi fece
una siringa di calmante. Disse di richiamarlo per il pomeriggio. Se era il caso mi
avrebbero dovuto ricoverare. Dormii. Ebbi un incubo. Ero in una nebbia infuocata da cui
emerse un essere che mi sovrastava e di cui non riuscivo a vederne il volto. Ci fu un urlo
disperato di chi sta per soccombere. La nebbia ardente si diradava e vidi luomo
privo di volto che vibrava una pugnalata nel petto di lei. Marina, mia moglie, cadeva
trafitta dalla lama lucente che lessere senza volto brandiva. Mi svegliai sconvolto.
Ero tutto sudato.
Il guerriero del sogno era Ade il dio della morte. Non persi tempo e contro le
raccomandazioni dei miei inservienti mi vestii e corsi con la macchina in provincia di
Caserta, dove cè la chiesa gotica della Santissima Annunziata.
Lasciai lautostrada allaltezza di Caserta Nord e raggiunsi
la Domiziana, uno stradone che si prolunga a nord in direzione di Roma e a sud, verso
Napoli e Pozzuoli.
Dopo una mezzora ero sulla Domiziana. Ai bordi della carreggiata nonostante il
freddo, gruppetti di ragazze di colore, extracomunitarie a offrire sesso a pagamento.
Seguii le indicazioni stradali. Ci vollero ancora dieci minuti prima di arrivare. Si
levava forte vento polveroso. Presi alla fine per un viottolo di campagna e fermai la
macchina in una radura. In lontananza vidi la massa grigia della cattedrale costruita
dagli Angioini. Taglienti lame di sole tra nubi.
Mi avviai a piedi per un viottolo scosceso. Dopo una ventina di metri fui nei pressi della
cattedrale con le mura circondate da folti siepai e rampicanti. Da qualche parte scorreva
un rumoroso corso dacqua.
La chiesa gotica costruita con pietre di taglio, sorgeva nel mezzo della radura e si
elevava verso il cielo nuvoloso con la sua mole spettrale. Le due torri e il campanile
avevano le sommità dirute. I frantumi delle antiche torri e del campanile erano caduti
torno torno al muraglione perimetrale coprendo di calcinacci folti siepai. I rampicanti
sallungavano da dentro le siepi come dita lungo le fiancate delledificio.
Alcuni rottami delle torri erano stati ammucchiati in un lato, non lontano dalla
vegetazione che nascondeva il corso dacqua nellattesa forse, dei restauri
della Sovrintendenza. Altissime cuspidi, torrette, guglie slanciate, frontoni ad ogiva e
pinnacoli triangolari adornavano le fiancate. Il portone di legno era scardinato ed
infradiciato verso la base. Ai lati, il portale era adorno di sculture di santi. Al di
sopra dellarcata del portale il rosone anchesso in disfacimento. Entrai
scostando i battenti del portone. La chiesa era stata abbandonata al suo destino. Non
cerano guardiani, né sigilli. Del resto non cera più niente da rubare.
La chiesa era stata risparmiata dai bombardamenti dellultima guerra e fu utilizzata
come deposito di viveri per lesercito americano dopo lo sbarco di Anzio. Dopo la
guerra, la costruzione in stato di grave abbandono, passò al demanio dello Stato che
avviò lentissime procedure di restauro. In sostanza non si fece alcun restauro tranne una
rete metallica di recinzione, in più parti tagliata ed arrugginita. Sarebbe toccato alla
mia ditta ristrutturare lintero edificio. Sarebbero passati anni prima che il
restauro fosse completato. Quel posto solitario, non sorvegliato dai vigili e dalla
polizia, era di notte uno dei punti in cui le puttane si davano appuntamento coi clienti.
Cerano vecchi materassi per terra serviti per fare sesso a pagamento. Debole luce
penetrava dai lunghi finestroni privi di vetrata. Il pavimento era stato quasi interamente
distrutto e ai piedi delle colonne della navata centrale erano cresciuti cespi di erbacce.
Lì mia moglie si era baciata con quelluomo.
Al sommo delle ardite ogive e sotto le volte a crociera cerano
nidi di rondini. La chiesa, a tre navate, lunghissima. La profondità poteva superare i
cento metri. Laltezza poteva raggiungerne cinquanta. La navata centrale era
delimitata da una filiera di altissime colonne terminanti in capitelli decorati a fiori e
fogliami.
Le navate laterali contenevano cripte con antichi sarcofagi frantumati. Cerano
nicchie vuote. Mi avviai in fondo alla chiesa dovera rimasto un simulacro di altare
circondato da una pila di colonnine ancora in piedi, che formavano la balaustra. Osservavo
ogni particolare nella ricerca dindizi. Che ci faceva mia moglie lì dentro?
La giornata volgeva a termine: ombre sotto le arcate, tra le colonne,
negli angoli bui, dietro laltare e sarcofagi. Le ombre salivano in alto in densa
nebbia brumosa. Verso laltare oscurità densa. Su una delle colonne striscia di
sangue aggrumato. Poteva averla lasciata una puttana aggredita. Per terra una siringa di
un drogato.
Qualcosa mi tratteneva. Vento ululante apriva e chiudeva con forza il portone
infradiciato. Dalle altissime finestre entravano foglie e polvere. Su una colonna
contigua, nuova striscia di sangue aggrumato. Cera un tanfo come di carne morta.
Annusai come un segugio. Accesi laccendino e osservai per terra. Su mattonelle del
pavimento residuale nei pressi della balausta dellaltare, macchie di sangue.
Listinto mi disse di controllare dietro laltare. Le ombre ormai dense
mimpedivano la vista dei particolari. Proprio lì puzza di carne marcia. Vidi delle
tavole accatastate per terra. Vecchie tavole di legno tarlate frammiste a calcinacci.
Accesi laccendino e con laltra mano ne sollevai una. Sbucarono le dita di una
mano pendula su un pezzo di braccio obliquo.
Mi appoggiai con le spalle allaltare. Ansia devastante. Il cuore mi martellava, mi
mancò il respiro. Tra le ombre sconvolgenti il pericolo. Manti neri, enormi, piovuti
dallalto si posavano a terra in funesti vapori.
Qualcosa ondeggiò che il vento urlava incessante. Qualcosa tra cupe
crepe. E la mano pendula appena visibile nelloscurità. Silenzio. Ombre inquietanti
avvolgenti larto privo di vita. Fuori da qualche parte, il vento fluttuava furioso.
Oscurità pressante.
Tra brume la sagoma enorme di un essere demoniaco starmi di fronte. Il fantasma di un uomo
gigantesco vestito di nero, modellato da cupi mantelli.
Il fantasma stringeva in una mano un pugnale. Ero terrificato e non avevo la forza di
muovermi, né di gridare. Mi accorsi della presenza di sagome nere che annusavano e
frugavano col muso per terra. Ero privo di forze e di volontà, ma mi sforzai di guardare
nella fitta penombra. Erano tre cani. Mi stavano vicino e rovistavano il pavimento,
grattando con le zampe la terra. Gli animali si agitarono e guairono intorno alla mano
pendula. Uno dei cani mi annusò. Ringhiò contro di me, mostrando i denti canini. Con un
guizzo mi azzannò ad un braccio e mi trascinò a terra senza lasciare la presa. Non ebbi
la minima forza di reagire. Udii infine una voce nella semi oscurità e vidi avvicinarsi
fasci di luce. Una delle pile fu fatta convergere sulla mia faccia. La sagoma di un uomo
si avvicinò, mi fissò per un poco. Era lispettore di polizia accorso sul posto.
Il pastore tedesco lasciò la presa dietro il comando di qualcuno. Lispettore mi
chiese:
Lei chi è, che ci fai qui?
Finalmente capii anche se non vedevo: la polizia. Alcuni mi sollevarono. Lattacco di
panico stava scomparendo e con esso le minacciose ombre. Dissi:
Lì sotto dove fiutano i cani, cè un cadavere.
Alla luce di potenti torce fotoelettriche estrassero da quel buco il cadavere di lei:
Marina. Era stata uccisa poche ore prima dal pugnale del suo amante che aveva confessato
il delitto e si era costituito alla polizia. Mia moglie voleva troncare la relazione. Per
questo lui laveva uccisa. Quello doveva essere il loro ultimo incontro. Invece lui
non aveva accettato che lei lo lasciasse.
La polizia dopo i dovuti accertamenti mi mise in libertà.
Ritornato in villa, fissai a lungo la statua di Ade. Il pugnale che brandiva era macchiato di sangue. Fui certo: era stato Ade, il dio invisibile, il dio della Morte che in un modo o nellaltro aveva diretto la volontà dellassassino a pugnalare mia moglie.