Dolcetto!

Matteo guardava il suo fratellone allontanarsi.
Era troppo piccolino per andare con gli altri, gli aveva detto la mamma, e i suoi pianti disperati non erano riusciti a convincerla.
Dolcetto o scherzetto, aveva cantilenato tutto il giorno suo fratello, facendo le prove ufficiali per la serata.
Doccetto o schezzetto, aveva ripetuto lui sottovoce, mentre lo vedeva impiastricciarsi il viso con i trucchi della mamma per sembrare un vero vampiro.
Doccetto o schezzetto, ripeteva, mentre la mamma preparava sacchetti di caramelle per i bambini più grandi.
Guardava le sue manine e contava quante dita ancora ci sarebbero volute per avere dieci anni come suo fratello. Ci volevano una mano e un dito. Poi sarebbe andato anche lui a prendere le caramelle per le case e fare gli scherzetti. Vestito da fantasma però, come Casper!
Ecco un gruppo di bambini grandi che si avvicinava al vialetto.
La mamma li raggiungeva pronta con i suoi sacchetti colorati, mentre Matteo restava a guardare la grande zucca col sorriso cattivo, che troneggiava in un angolo buio del giardino.
Lì era perfetta, perché al buio si vedeva meglio la luce della candela dentro, così aveva detto la mamma.

Matteo si avvicinò alla zucca e guardò quel ghigno malefico cercando di imitarne l’espressione.
“doccetto o schezzetto?” aveva detto alla zucca fingendo di essere grande, mentre continuava a fare smorfie da piccolo demone.
“dolcetto!” ringhiò una voce stridula e gracchiante, che rimbombava come dal profondo di una caverna.
Gli occhi di Matteo si sgranarono e la sua bocca si gonfiò di stupore.
La bocca della zucca si spalancò di colpo e una lingua di fuoco gli si attorcigliò attorno al collo, trascinandolo all’interno per la testa.
Matteo si divincolava, ma lentamente veniva inghiottito e le diaboliche fauci si serravano.
Mugolii di piacere infernale si liberavano dalla zucca, che gustava il tenero boccone.
Poi il ghigno tornò a dischiudersi sulla buccia dura e tesa.
La fiammella della candela scoppiettò un po’, fino a quando un getto d’aria spinto fuori dall’interno non la spense.
Digerito.
Quel soffio di vento divenne un sussurro tra le foglie d’autunno... “ti è piaciuto lo scherzetto, fantasmino?”

Valchiria Pagani