Il mio
migliore amico ha un solo amico. Io.
Anchio per la verità ho un solo amico, vale a dire lui, con la differenza che io
non ho molta scelta dal momento che non esisto. Sono il suo amico immaginario. Penso
spesso che se mi fosse concesso di scegliere non starei certo a presso ad una nullità
come lui. Il che peraltro non può che essere un riflesso della scarsa stima che
quelluomo ha di se stesso.
Il mio migliore amico è un grigio burocrate. Uno di quelli a cui le
dita restano impregnate dellinchiostro dei timbri. Nulla di quello che il mio amico
timbra esce mai dalledificio dove lavora, spesso gli ritorna in mano arricchito di
altri timbri ma mai di alcuna informazione, fosse anche inutile. Una volta ha timbrato per
sbaglio lo scontrino del bar e non ha potuto evitare di fargli seguire tutto liter,
prima di riaverlo tra le mani e decidere eroicamente di buttarlo nel cestino.
Il suo è un mestiere mortalmente noioso, ma non scevro di risvolti inaspettati.
Una volta ha visto con i suoi occhi unaliquota fiscale cercare di possedere una
sedia. E stato soltanto un istante, prima che il duro legno della suppellettile
respingesse la molesta entità.
Il suo superiore, vedendolo scosso, lo consolò dicendogli che quelle cose a volte
capitano. Sebbene fortunatamente di rado.
Il mio migliore amico ha dei problemi molto seri, il che peraltro si
desume anche dal fatto che alla sua età (anni 44) senta ancora il bisogno di un amico
immaginario. Mi ha detto esplicitamente che mi ha creato per potermi angariare, cosa che
non si esime mai dal fare ove possibile. A volte mi costringe a vestirmi da donna, ma non
risulto mai più attraente di un brutto travestito. Il che ad ogni modo non è certo
terribile come quando vuole che gli dica quanto è simpatico.
Quella parola mi resta sempre come aggranchiata in gola.
Il mio migliore amico in verità è un vero stronzo. Lo ucciderei, se soltanto potessi
toccarlo: ho meditato alle volte di tentare di indurlo al suicidio, ma poi morirei
anchio e questo tutto sommato mi disturba. Dovrei cercare prima di rendermi reale,
ma non ho idea di come si possa fare.
Una volta ho provato anchio a possedere una sedia, ma non ci sono nemmeno andato
vicino.
Non sono nemmeno riuscito a convincere un feltrino a staccarsi da sotto il suo piede.
E sì che questo riesce a farlo persino unaliquota.
Un giorno il mio migliore amico, guardandosi nello specchio
dellascensore, notò che i suoi capelli erano troppo bene allineati perché ciò
fosse frutto di un caso.
Sebbene non vi avessi mai posto attenzione, dovetti convenirne.
Da un giorno allaltro si è convinse che quelli non fossero i suoi veri capelli, ma
che qualcuno chissà come glieli avesse cuciti in testa.
Inoltre mi disse che era ben sicuro desser stato, in gioventù, moro. In effetti
diversi peli scuri uscivano dalla sua barba grigiastra avallando la sua tesi. Ma sulla
testa chissà come i suoi capelli erano tutti di un bel biondo acceso.
Dimprovviso ogni movimento del suo braccio destro cominciò ad essere accompagnato
da una specie di ronzio. Non lo aveva mai sospettato, mi disse, ma in realtà doveva
essere un organismo parzialmente cibernetico.
E quel disdicevole fatto che il suo pene tendeva ad arrotolarsi fastidiosamente nelle
mutande? Doveva pur significare qualcosa!
Forse che le sue mutande erano troppo larghe o la sua virilità troppo minuta, gli
suggerii.
Dopo quelle mie parole, convincersi di essere stato defraudato della sua vita fu un passo
breve. E il tracollo che ne seguì, quasi istantaneo.
Il giorno successivo perdeva cotone pressato dalla pancia, come un
pupazzo.
Quello ancora dopo si svegliò con una gamba di marzapane. Mi convocò durgenza
nella sua stanza da letto. Io, sebbene riluttante, apparvi. Quando mi disse quello che era
successo non ci volevo credere, poi scostò il lenzuolo e vidi con i miei occhi. La gamba
in questione era completamente rigida, aveva laria vagamente cotta al forno e ne
promanava un chiaro odore di mandorla. Una guarnitura di zucchero caramellato serviva a
disegnare le unghie dei piedi.
Un opuscolo che il mio amico teneva dentro il cassetto del comodino trattava
largomento (a quanto pare cerano precedenti clinici), ma non risultò di molta
utilità. Lunica cosa chiara era che bisognava ad ogni costo resistere alla
tentazione di inzuppare larto marzapanizzato nel latte.
Ritenevo che non sarebbe stata unindicazione difficile da rispettare, non
fossaltro per la mancanza di recipienti sufficientemente capienti da renderlo
possibile. Invece la cosa si rivelò niente affatto scontata. Evidentemente larto
acquisiva una qualche forma di controllo sulla volontà del suo possessore, o quantomeno
la distorceva poiché nel tardo pomeriggio sorpresi il mio amico a dar fondo a tutte le
sue riserve di derivati vaccini versandoli sul fondo della vasca da bagno. Latte, yogurt,
formaggio magro ed emmenthal a dadini vi formavano un conglomerato abominevole e viscoso
che per fortuna non superva il centimetro daltezza.
Il mio amico riuscì però ad intingervi il tallone prima che le mie parole lo facessero
rientrare in sé.
Asciugarlo col phon mentre si sbriciolava a poco a poco non fu piacevole, nemmeno a
vedersi.
Il mio amico si convinse di essere vittima di un complotto.
Lo deduceva da alcune evidenze a suo dire inoppugnabili. Tra esse, quella che lui riteneva
largamente più significativa era che ora il suo pene eretto misurava soltanto 7,7
centimetri, mentre era ben certo che solo la settimana prima ne misurava ben 8 tondi
tondi.
A fonte di questi tre millimetri scomparsi persino l'arto marzapanizzato era per lui una
quisquilia. Telefonò in ufficio dicendo che a causa di quel rimpicciolimento doveva
giocoforza prendersi un periodo di malattia. Il suo superiore non mancò di puntualizzare
il fatto che un paio di mesi prima si erano trovati vicini allorinatoio, ed egli
aveva valutato il suo pene non erigibile oltre i 7,5 centimetri. Fu in quella
conversazione che il mio amico scoprì che tale particolare misura andava condotta sul
versante inferiore a partire dallo scroto e non su quello superiore a partire dal ventre,
il che ne accorciava la misura raffrontabile di un ulteriore centimetro. Forse a causa di
questo shock, il giorno seguente si svegliò con gli organi buccali scambiati rispetto a
quelli anali.
Respirava col naso ma mancando di lingua e labbra ogni volta che tentava di parlare gli
usciva soltanto un gridolino monocorde associato ad un suono da scorreggia, e questo era
nulla rispetto a quanto accadeva nella parte bassa. La lingua prolassava miserevolmente
dal foro duscita e quando era in procinto di evacuare la percezione del disgustoso
sapore lo induceva superiormente a violentissimi conati. Principalmente per evitare questa
tortura decise di smettere di mangiare.
Dopo 43 giorni di digiuno in cui non era deperito di un solo grammo
dentro di me sorse un dubbio.
Nella progressiva metamorfosi del mio creatore rilevavo una componente di assurdità ed
incoerenza. Ad esempio: passi per larto marzapanizzato che impossessandosi di lui lo
aveva spinto a riempire la vasca di latte e derivati, ma perché mettere lemmenthal
a dadini e risparmiare le sottilette? Eppure ero ben certo che in frigo ce ne fossero. Mi
pareva che la cosa fosse pervasa da una certa irrazionalità.
A poco a poco si fece largo in me un pensiero. Forse dopotutto ero stato vittima di un
clamoroso errore di prospettiva. Forse dopotutto non era lui ad immaginare me, ma io lui.
Questo avrebbe potuto spiegare numerose cose: ad esempio perché una persona con un pene
ridicolmente corto come il suo si fosse creato un amico destinato, con i suoi 8,4
centimetri di erezione, ad umiliarlo largamente. Certo daltro canto cera anche
da considerare anche quel fatto che lui mi costringeva a vestirmi da donna, ma la cosa ad
essere onesti non mi dispiaceva poi più di tanto... anzi per dirla tutta lho sempre
trovata piuttosto eccitante.
Questa ipotesi, che forse dopotutto fossi io limmaginante e lui limmaginato,
apriva una quantità di possibilità completamente nuove. Se fosse stato veramente così,
come a questo punto non dubito più, non dovevo più temere che la sua morte determinasse
la mia scomparsa.
Elaborai dunque, come nella miglior tradizione, un piano.
Iniziai a fingere di ricevere lettere minatorie rivolte a lui.
Che le mandassero a me e non a lui, nel suo delirio, non gli pareva strano.
Gliele leggevo ovunque, specialmente al bagno, quando il suo umore era peggiore già a
prescindere. Sapevo dove colpire per distruggerne il briciolo di dignità residua. Sebbene
formalmente anonime, lasciai intendere che esse provenissero dal suo capoufficio il quale
si riservava il capriccio di divulgare la nostra relazione omosessuale. Il fatto che a suo
avviso io non esistessi il che rendeva la minaccia un po tirata per i capelli non
gli sovveniva.
Si copriva il volto con le mani, agitava il pugno ed emetteva i suoi soliti gridolini con
rumore di scoreggia. Chissà che cosa voleva dire esattamente...
Ad ogni modo, presto il suo stato di prostrazione fu assoluto.
Il coup de grace che gli inflissi fu magistrale, nellultima
agghiacciante lettera il diabolico capoufficio rivelava la sua identità e specialmente
tutta la sua malvagità. Mandava fotografie: una del pene eretto del mio amico con a
fianco un finto righello che calcolava la sua misura in 6,4 centimetri. Unaltra di
me e lui in flagrante delicto, dove addirittura era LUI a vestire da donna. In una terza
cera lui bambino sul palco della recita scolastica, e la sua fidanzatina Osvalda che
gli spiaccicava in faccia una girella.
Non so bene perché ma ero quasi certo che sarebbe stata quella a fagli più male.
Ad ogni modo la cosa peggiore era che il capoufficio affermava di avere riunito attorno a
sé un agguerrito gruppo di esoteristi e che insieme a loro si preparava ad evocare il
fantasma della sua vecchia madre (che laveva sempre desiderato aviatore)
appositamente per raccontarle tutto. Questa prospettiva, specialmente gli risultava
insopportabile.
Infine, per colmo di malvagità, non adduceva nessuna richiesta. Quello del suo
capoufficio non era un ricatto, non cera modo per evitare quellepilogo.
Tutte quelle indicibili verità sarebbero state divulgate, e sua madre evocata.
Era soltanto questione di tempo.
Oggi ho fatto trovare al mio amico una rivoltella nel cassetto della
scrivania.
Eccola la via di fuga, lunica. Lui ha capito immediatamente il suggerimento, forse
ci vorrà qualche giorno perchè si decida, ma lo farà, statene certi. Si ucciderà. Io
sto qualche metro dietro le sue spalle e lo osservo senza dire nulla. Sul soffitto della
stanza, nellangolo di nordovest, anche unaliquota è venuta a godersi la
scena. Il mio amico ci metterà un giorno o forse dieci: a lei non importa. Le aliquote
sono pazienti, specialmente quelle scacciate dallampliamento della no tax
area.
Sapete, una cosa? A questo punto comincio ad avere un po di paura: e se dopotutto mi
sbagliassi? Se davvero fossi io limmaginato e lui limmaginante? Questo
significherebbe che starei per morire. Cosa mi succederebbe? Proverei dolore o scomparirei
semplicemente dimprovviso nel nulla, mentre mi sento ancora nel pieno delle forze?
No, stronzate, non è possibile. Arti bionici e marzapanizzati... quando mai si sono
visti?
Aspettate! Cè un improvviso accelerare degli eventi! Il mio amico si è puntato la
rivoltella al cuore!
Esita.
Se la punta alla tempia.
Di nuovo al cuore.
Esita ancora...
Spara! Si accascia con la testa sulla scrivania!
E io... ci sono! Ci sono ancora! Maledetto figlio di puttana, avevo ragione io!
Sono io quello vero! E adesso mi sono per sempre liberato di te!
Aspettate... rialza la testa, non è ancora morto... ma non cè da preoccuparsi,
ormai è fatta. Un lago di sangue si allarga sotto di lui. Il proiettile ha certamente
leso vari organi vitali.
Ecco, si riaccascia, ancora dieci secondi e schiatta sul serio.
La sedia ha un piccolo sussulto, ma è soltanto un blando tentativo di possessione da
parte dellaliquota sovreccitata dallo spettacolo.
Bene. Adesso che mi sono liberato di quel peso morto per la mia vita si aprono nuove
infinite possibilità: credo proprio che iniz