Aurora
passava tutte le notti davanti al computer a progettare, ma quando i suoi occhi stanchi si
chiudevano si ritrovava sempre a pensare a Pascal.
Si chiedeva se anche lui si ricordasse delle loro telefonate che a volte duravano tutta la
notte.
Se non avesse accettato quel meraviglioso lavoro, adesso vivrebbe ancora in Svizzera e la
loro distanza sarebbe rimasta agli immemorabili 43000 metri.
Anche se i chilometri erano pochi, avevano ridotto il loro rapporto ad una serie di
telefonate notturne.
Si amavano, ma entrambi non avevano il coraggio di confessarlo.
Passavano ore in silenzio, aspettando che laltro facesse il primo passo.
Un tempo si vedevano tutti i giorni.
Entrambi frequentavano una famosa accademia darchitettura.
Si conobbero nei laboratori e presto divennero grandi amici.
A metà semestre Pascal si rese conto che larchitettura non faceva per lui e trovò
un lavoro in un negozio di telefonia vicino a casa sua.
Aurora soffrì molto per la separazione e non volle più vedere Pascal per evitare altre
sofferenze.
Una notte Aurora si rese conto che il suo cuore non poteva più
sopportare quella situazione e interruppe bruscamente la loro silenziosa telefonata.
La mattina seguente Aurora lasciò la Svizzera senza avvertire Pascal.
Lui cercò per mesi di chiamarla ma senza alcun risultato.
Tentò tutte le notti e si domandava ogni volta per quale motivo il suo cellulare suonasse
a vuoto.
Mille pensieri lo invadevano e non lo lasciavano più dormire.
Tutte le mattine si presentava al lavoro in condizioni pietose dopo aver passato la notte
in bianco.
Aurora aveva trovato il coraggio di andare a Parigi per realizzare
finalmente il suo più gran sogno.
Mesi prima, un famoso architetto parigino di nome Ferdinand Pètain, gli aveva proposto di
diventare la sua socia.
Mesi fa i due avevano partecipato ad un concorso indetto dal comune di Zurigo per la
costruzione di un nuovo centro commerciale.
Aurora fu così geniale che bagnò senza fatica il naso a tutti i partecipanti, compreso
il famoso Ferdinand Pètain.
Il francese era rimasto sbalordito dalla genialità della giovane e laveva
contattata.
Appena arrivò a Parigi, Aurora lasciò incustoditi per un attimo i
suoi bagagli mentre chiamava un taxi e un uomo incappucciato, visibilmente vecchio ma
molto furbo, rubò una sua borsa contenente i suoi documenti e il cellulare.
Stranamente laltra valigia non fu rubata.
Sembrava proprio che quel furto fosse studiato a tavolino.
Aurora interpretò la disgrazia come un brutto segno del destino e decise allora di
tagliare definitivamente ogni contatto con Pascal e con la sua vecchia vita.
La giovane trascorreva serate eleganti nei ristoranti più prestigiosi
di Parigi, riceveva regali costosi da Ferdinand per i suoi ottimi risultati sul lavoro.
Vedeva davanti a sè una carriera da sogno.
Mentre Aurora viveva questa vita splendida, Pascal cambiava sempre più, parlava poco,
usciva di casa solo per recarsi al lavoro.
Un giorno si sentì male, svenne e cadde a terra.
Lo ricoverarono durgenza allospedale civico di Lugano dove gli riscontrarono
un grave aneurisma celebrale.
Fu subito trasferito con lelicottero in un ospedale parigino specializzato
nellintervento chirurgico senza ricorrere allapertura della calotta cranica.
Aurora stava passeggiando lungo la Senna.
Lelicottero che trasportava Pascal le passò sopra la testa a gran velocità.
Alzò gli occhi e losservò allontanarsi.
Nonostante lelevata velocità del mezzo, riuscì a riconoscerne la provenienza
svizzera grazie ai colori della carlinga.
Pascal affrontò bene lintervento e si riprese in fretta.
Passò diversi giorni in una camera dospedale completa dogni lusso e
privilegio.
Quando finalmente fu congedato dopo un mese di riabilitazione, Pascal decise di passare
qualche giorno a Parigi per visitare la Tour Eiffel che tanto desiderava vedere dal vivo.
Affittò una stanza in una pensione.
Verso mezzogiorno, quando si trovò esattamente sotto la torre, ne fu sbalordito.
Restò con la faccia allinsù osservando i turisti che prendevano lascensore
per arrivare al ristorante.
Ad un tratto gli passò davanti una coppia.
Si tenevano a braccetto e parlavano a bassa voce.
Pascal fu invaso da un profumo famigliare che non sentiva da molti mesi.
Abbassò lo sguardo sulla coppia che ormai era lontana.
La donna indossava un abito arancione di seta svolazzante e un grande cappello di paglia.
Luomo, visibilmente più anziano di lei, indossava calzoni e camicia bianca di lino
e camminava aiutandosi con un bastone.
Pascal fu percorso da un brivido, continuava a ripetersi che quella donna non poteva
essere Aurora, anche se quel vestito, quel cappello e quel profumo, di certo non lo
mettevano in dubbio.
Due giovani giornalisti che si trovavano di fianco a Pascal, notarono
anchessi la coppia e si misero a parlare fra loro.
Pascal riuscì solo a sentire i nomi Ferdinand Pètain e Aurora
Borromeo.
Senza pensarci un secondo Pascal si diresse nella loro direzione e cominciò a correre tra
la folla di turisti che si erano accalcati davanti alla torre. Improvvisamente il suo
sguardo cadde su un puntino lontano arancione.
Solo Aurora poteva indossare abiti tanto vistosi.
Cominciò a correre come non aveva mai fatto in vita sua, nessun ostacolo lo fermava,
tagliò lungo i giardini sotto limponente torre.
Ben presto si rese conto di essere seguito da una pattuglia di poliziotti e senza
comprenderne il motivo, interruppe la sua folle corsa perdendo di vista la coppia.
Dopo aver riscattato una salata multa per aver calpestato e devastato le aiuole fiorite
del parco ritornò deluso nella vecchia pensione dove alloggiava. Fu invaso dalla
tristezza e dalla malinconia e si ricordò le telefonate notturne con Aurora.
Si domandava chi potesse essere quelluomo molto più vecchio di lei che
laccompagnava.
Era geloso e frastornato.
Il giorno seguente, allora di pranzo, Pascal si recò nuovamente
sotto la torre con la speranza di rivederla.
Restò parecchio tempo seduto su una panchina osservando la gente che passava.
Tutto dun tratto, quando ormai la speranza lo aveva abbandonato, vide Aurora sbucare
fra la folla.
Indossava un abito giallo e lo stesso cappello di paglia del giorno prima. Correva
leggiadramente verso lascensore della torre, ignorando la folla accanita di
giornalisti che la seguiva.
Pascal prese coraggio, si alzò dalla panchina che occupava ormai da mezzora e puntò
dritto verso di lei ma la folla gli impedì nuovamente di raggiungerla.
Gridò il suo nome forte, con tutta la forza che aveva in gola.
Per un attimo sembrò che tutta Parigi tacque per ascoltare quel nome.
Aurora si girò di scatto. Scrutò la gente. Il suo cuore batteva forte come non mai.
Avrebbe riconosciuto la voce di Pascal fra milioni di altre.
Spintonò la gente per cercare di aprirsi un varco fra loro, ma più sinoltrava
nella massa più in cerchio si stringeva attorno a lei.
Gridò anchessa il nome del suo amato ma senza ottenerne risposta.
Urlò chiedendogli dove si trovasse, ma Pascal non rispose.
Ad un tratto una mano la afferrò, lei si girò con gli occhi pieni di lacrime ma si
accorse che era stato Ferdinand a prenderle il braccio.
La tirò con la forza fuori da quel tumulto di giornalisti incalliti e la fece salire
sulla sua macchina.
Senza che Aurora potesse dire una parola, Ferdinand ordinò al suo autista di
allontanarsi.
Quando furono lontani dalla Tour Eiffel, Ferdinand guardò Aurora con risentimento e le
chiese spiegazioni.
Quando lei le accennò daver riconosciuto la voce di Pascal tra la folla, lui si
arrabbiò.
Le disse che ormai erano mesi che le ripeteva che Pascal era solo frutto della sua
immaginazione.
Aurora abbassò gli occhi e annuì con la testa.
La sera stessa Ferdinand invitò Aurora a dormire a casa sua.
Il grande architetto abitava in una villa minimalista in cemento armato nero.
Limmensa residenza contava diversi locali, grandi e curati nei minimi particolari
dellarredamento.
Ferdinand le fece preparare la stanza più bella.
Appena Aurora arrivò si chiuse in camera e fece un bagno rilassante nella Jacuzzi al
centro del locale.
Si addormentò nella vasca, coccolata dalle mille bollicine.
Il suono di un cellulare la svegliò nonostante provenisse da unaltra stanza.
Guardò lora: erano le sei passate.
Le sembrò strano daver dormito così a lungo quando ultimamente il suo sonno si era
ridotto a poche ore a notte.
Uscì dalla vasca, prese un enorme asciugamano appoggiato ad una sedia e si avvolse in
esso.
Il cellulare continuava a suonare senza tregua.
Non le sembrava il suono del suo nuovo Motorola, assomigliava terribilmente alla suoneria
che aveva sul suo vecchio Nokia.
Uscì dalla sua stanza e camminando scalza per il corridoio, seguì attentamente quel
suono.
Raggiunse lo studio che si trovava accanto alla sua stanza e senza pensarci un secondo,
entrò.
Restò in ascolto un attimo e poi aprì la valigetta di Ferdinand da cui proveniva il
suono.
Si ritrovò fra le mani il suo vecchio Nokia bianco, con i tasti tanto consumati da non
poter più leggerci i numeri scritti sopra.
Sullo schermo lampeggiante, appariva e scompariva il nome del chiamante: Pascal.
Il suo cuore si fermò.
Schiacciò il tasto verde e pronunciò un esile pronto.
Dallaltra parte il silenzio più assoluto.
Finalmente lei riuscì a trovare il coraggio e bisbigliò dolcemente le parole
Pascal, io ti amo. Perdonami!
Il sole stava sorgendo.
Un esile raggio di luce illuminò Aurora e subito cadde la linea; ormai era giorno.