Le scimmie urlatrici attaccarono: si lanciarono all'improvviso sul gruppo in
avanscoperta: morsero; staccarono dita; masticarono orecchie. Il sangue di
quei poveracci sgorgò senza pietà e inondò le pellicce di quelle immonde
bestie.
Mbutu, l'ex guardiano dello zoo oramai impazzito, inesorabile intervenne e
le fece fuori tutte a colpi di machete.
Accadde due giorni prima: tre aerei governativi attraversarono i cieli di
Kumpele e rilasciarono un densa e fitta nebbia che la ricoprì per intero:
gas nervino, dissero.
Molti morirono dopo pochi secondi; altri morirono nelle ore successive in
preda a spasmi e continuando a vomitare sangue.
Ma gli animali dello zoo, invece, sopravvissero.
Non sopravvissero però nel senso classico del termine. Sarebbe stato meglio
dire che non morirono... si trasformarono.
Gli abitanti delle periferie evitarono il contatto col gas ed ebbero la
fortuna di salvarsi. La maggior parte di loro pensò che fosse proprio
diritto entrare in città e recuperare tutto quello che fosse possibile: lo
sciacallaggio si manifestò in ogni zona e in tutte le sue forme.
Una tigre siberiana “rinata” e appena uscita dalla gabbia, con le fauci
spalancate, si stava avvicinando pian piano ai superstiti sanguinanti e
doloranti del gruppo attaccato dalle scimmie. Mbutu che ancora teneva in
mano la testa di un'urlatrice si allarmò, gridò e gliela lanciò addosso.
Gorilla con occhi vacui che si muovevano al rallentatore; orsi che si
raccoglievano apparentemente senza senso in un angolo della loro piscina;
zebre e mufloni che furenti ragliavano contro ogni cosa desse segno di vita;
leoni che a scatti si dirigevano verso l'uscita. Ogni animale del giardino
zoologico aveva un obiettivo cardine comune: aggredire chiunque dimostrasse
di essere vivo.
La città di Kumpele era perfetta per la sua posizione geografica confinante
col maledetto Regno di Lumbawa. L'operazione avrebbe dovuto dare buoni
frutti ma non andò così: solo gli animali di un misero zoo si trasformarono
in esseri non-morti che, tra l'altro, si limitarono ad attaccare
esclusivamente i pochi abitanti rimasti.
Il piano del governo fallì nel modo più orrendo. Si era deciso di
sacrificare quelle persone per la nobile causa della vittoria della guerra.
Il cosiddetto gas Z che avrebbe dovuto tramutare tutti gli abitanti in belve
assetate di sangue e pronte ad attaccare ed annientare il nemico non diede
gli esiti sperati.
Il Presidente Matanga non apprezzò l'esperimento e obbligò gli scienziati
militari a preparare una nuova soluzione nel più breve tempo possibile.
L'episodio venne archiviato come avvelenamento delle falde acquifere
avvenuto per mano dei nemici di Lumbawa.
Tre mesi dopo Matanga si recò nei laboratori dell’Impero per assistere
personalmente agli esperimenti segreti del nuovo gas Z. Rimase soddisfatto
nel vedere un uomo che, nella camera di contenimento e dopo aver inalato il
gas, cominciò a perdere il senno divenendo visibilmente famelico e
aggressivo. Nessun tipo di proiettile poteva fermare l'ossessiva volontà
omicida di quella belva; solamente il fuoco poteva distruggerlo. Difatti,
quando i lanciafiamme furono azionati, la cavia placò per sempre la sua
brama di sangue e morte.
Bene. Stavolta il gas avrebbe funzionato senza dubbio. L’ordine partì contro
la capitale del regno nemico. Quantomeno si pensò che il panico generato
avrebbe dato la possibilità all'esercito del Presidente Matanga di
approfittare del caos e procedere con un'invasione inaspettata e di lì
naturalmente: la Vittoria!
Matanga sorrise e volle presenziare col ministro della guerra anche
all'armamento degli aerei da guerra con le enormi capsule di gas Z.
Quel giorno, però, il cavo dell'argano che stava sollevando una delle teche
che conteneva la capsula si spezzò.
La capsula cadde per 5 metri e si infilzò su uno spuntone di un muletto
sottostante.
Quando il gas fuoriuscì e colpì la delegazione governativa il presidente non
smise di sorridere.
Il cadetto Joseph non aveva dubbi: il non-morto che gli si stava avvicinando
con l'intenzione di strangolarlo era il presidente Matanga. Lo riconobbe
nonostante avesse gli occhi bianchi e rivoli di sangue raggrumati attorno
alla bocca; lo riconobbe dal sorriso.
Sorrideva lo zombie Matanga, sorrideva anche mentre ardeva sotto le scariche
del lanciafiamme del cadetto Joseph.
Eh sì! Stavolta il gas Z aveva funzionato perfettamente.