Era una
sera d'estate, faceva caldo, c'era noia, c'erano quattro bicchieri di vodka e sette birre
sul tavolo del bar e poi c'eravamo noi e un solo pacco di sigarette da 2 euro e 90.
Il barista è un nostro amico, ci fa segno con la mano che sta per chiudere.
Ci faceva compagnia una sola ragazza che sarebbe partita a giorni, noi invece, saremmo
rimasti ancora lì, seduti su quel tavolino, se non col corpo, con la mente. Avremmo
aspettato un giorno intero per finire come al solito a guardarci negli occhi e parlare di
sesso con una sconosciuta, così come stavamo facendo.
C'era un pacco di Winston e 4 accendini e avevo i piedi nudi di lei sulle mie gambe.
Giocava a stuzzicarmi l'ombelico ed io le pizzicavo il dito piccolo del piede. Lei, come
le altre, in un giorno d'estate, parlava delle barche e delle "lampare"
storpiando il siciliano e ridendone. Noi, come gli altri, ridevamo e parlavamo di cultura
siciliana, delle ceramiche di Parrino, dei pupi, della cassata, dei cannoli e di tutte le
cose che rendono attraente il popolo siciliano ma che in verità noi ragazzi non
conosciamo quasi più.
Odiamo le ceramiche decorate a mano e quegli acquarelli sbiaditi che rappresentano soli e
mari. Odiamo l'Orlando Furioso e le frasi storpiate in dialetto dal puparo:
"Ti sfido Orlando, che morire ti facesse più onore che campare. A singolar tinzone
per la splendidicità della mia amata".
Da piccoli si tiravano i petardi sul palco del teatrino e si scappava.
"Cu fu" usciva fuori il secondo puparo, "cu minchia fu, ca u scannu".
La cassata e i cannoli li fanno dovunque ci siano siciliani che, si dice qui, "sono
come l'ortica".
Lei la guardavamo, era bella ma non era unica, rappresentava solo una serata per uno di
noi tre, al massimo per due. Così credevamo prima che cominciasse a parlare di come
adorava l'uomo siciliano perché peloso, scuro, muscoloso perchè abituato ai lavori duri,
sicuro di sé e... la sua lingua girava a vuoto e non parlava di noi, né dei nostri
nonni, ma di film di serie B, documentari sulla Mafia e dei nostri antenati. Noi
lavoravamo nei Club Med e studiavamo in qualche università, ascoltavamo i "The
Cure" e la Hot List di MTV, ballavamo techno e ci facevamo d'acido lisergico ridendo
delle suonerie buffe scaricate da Internet: eravamo dei normali ragazzi spettinati, magri
e depilati.
Di solito, dopo ore di parlare, la ragazza di turno sceglieva uno di noi tre per una
scopata alla casa vecchia, la casa in campagna di Nino, ma quel giorno non ci sarebbe
stata alcuna scelta se non la nostra.
Era una sera d'estate, faceva caldo, c'era noia, la vodka era finita, le birre vuote erano
state portate via dalla cameriera del bar e ci restavano 8 sigarette e tre euro in tasca.
"Andate e chiudetevi dentro. Io le faccio fare un giro prima: la riscaldo".
"Tieni le chiavi"
"Ho le mie"
Nino va via e lei saluta come se non dovessimo vederci mai più.
"Buon ritorno a casa" le dico e la stessa cosa le dice Gianni. Lei mi guarda e
sorride come a volermi dire che le dispiace, ma che doveva sceglierne uno. Io le sorrido,
ma il mio sorriso mira a smentirla.
Apriamo la porta della casa vecchia che sono le tre del mattino, spegniamo le luci e in
bagno giriamo dei piccoli spezzoni documentaristici: io e Gianni in mutande ad aspettare
"la parte depravata dell'Esercito Italiano", poi quelle mutande le tiriamo via e
documentiamo il vero cannolo siciliano che piace tanto alle tedesche.
"Ok, senti il piano", dico a Nino dopo aver ricevuto il sorriso di lei appena
alzati dal tavolo del bar, "entriamo in camera da letto e ci nascondiamo dentro
l'armadio. Tu entra come se niente fosse, calati le braghe e fattelo succhiare... ma che
tenga le spalle verso noi. Saremmo già nudi e pronti".
Poi mi rivolgo a Gianni che ghigna come un bambino:
"Nessuno rida, è una cosa delicata questa"
"Non è pericoloso?"
"E' una turista, è una troia, ci starà, non succederà niente".
"E se non ci sta?"
"Faresti sesso con tre donne?"
"Certo, che domande fai?"
"Non credere che le donne siano tanto diverse da te".
Ci stiamo annoiando a morte dentro la casa vecchia. Nino ritarda, ci siamo fumati due
sigarette a testa, ne rimangono 4 e vorremmo sprecarle per il dopo festa. Sento dei rumori
e intravedo Gianni che si masturba. Ha una mano poggiata sul muro e la testa chinata.
"Cosa fai?"
"Cerco di farmelo venire duro, sono troppo nervoso" e lo diventa ancora di più
quando si sente la macchina di Nino arrivare sulla stradella adiacente al recinto della
campagna. La sua Saab a contatto con il terriccio fa un tale casino che lo sentirebbe
tutto il vicinato, se solo ce ne fosse uno.
Avvicino Gianni a me e gli dico di tranquillizzarsi, che andrà tutto bene, che quella è
una troia in vacanza, e non vuole altro: che mi ascolti invece di tremare come una foglia.
Dentro l'armadio c'è polvere e puzza di muffa, l'anta è aperta, ma è così buio che le
cose sembrano rovesciate, ed io per un attimo penso di avere le spalle rivolte alla
stanza, ma dopo un secondo mi accorgo che sono scherzi della mia percezione.
Non possiamo chiudere le ante, farebbero troppo rumore nel momento in cui verrebbero
aperte per uscire dall'armadio.
Nino segue le istruzioni e si siede sul divanetto in pelle rivolto verso l'armadio. Lei è
china su di lui, era già mezza nuda fin dall'uscita dall'auto, ma aspettiamo che lo sia
completamente.
Gianni sta sudando, sento il suo calore, mi fa schifo sapere di essere nudo accanto a lui,
caldo e sudato. Ormai non può tirarsi indietro, questo lo sa, vorrebbe scappare ma non
può, e questo lo rende ansioso, così ansioso che si sente come un lamento continuo che
tormenta la silenziosa stanza. Piccoli spasmi delle corde vocali. Gli do una spallata ma
non sente il tatto.
"Stai tranquillo" sussurro, "adesso usciamo, la carezziamo dolcemente e
poi..."
Ma non faccio in tempo a finire la frase che lui esce di scatto e la prende da dietro con
violenza. Io vado lo seguo e Nino resta impalato dicendo solo un "Oh, ragà,
oh". Lei grida, io cerco di zittirla e di tirarla indietro, ma le metto le mani tra
le gambe e queste si bagnano di lei. Basta poco ad eccitarmi e mi porto a strofinarmi su
di lei che cerca di mordermi il palmo della mano. Se da piccola avesse avuto un fratello
stronzo come il mio, avrebbe imparato il gioco del palmo della mano.
"Mordi" mi diceva mio fratello, "se ci riesci ti faccio fare un giro in
moto".
Ma è impossibile mordere il palmo della mano.
La stringo a me, così forte che posso sentirle il battito del cuore da dietro la schiena.
E' soda, liscia, profuma di un profumo che conosco già ma che per tutta la sera non mi
ero stancato di annusare. Le annuso i capelli, le prendo la gamba destra e la alzo e in
fine... la penetro. Per un attimo non si muove e penso che le stia piacendo, che Gianni
avrebbe dovuto stare tranquillo, che era come dicevo io: le ragazze vogliono solo
divertirsi. Ma d'improvviso sento più mani nel suo corpo e capisco che non era la sua
volontà a tenerla ferma, ma la volontà di Nino e Gianni, che lasciavano che la
penetrassi e che mi chiedevano perché ancora non venissi. Mi sentii sporco in
quell'attimo, così sporco che per liberarmi aumentai il susseguirsi di colpi e le venni
dentro. Chiusi gli occhi, sentivo sussurrare ma non volevo ascoltare niente, volevo
godermi quell'attimo in attesa di ciò che sarebbe successo. Non era consenziente e questo
non sarebbe stato facile da superare: per lei. Mi tirai indietro e poi guardai la scena
facendo finta di filmare. Gianni era come impazzito, adesso ero io quello che tremava e
Nino, lui sembrava sapere che tutto quello sarebbe successo.
"Cosa ti aspettavi" mi chiede senza che abbia detto alcuna parola, "non
può andare sempre tutto liscio. Me la sbrigo io dopo, se vuoi continuare ti conviene
farlo finchè sei in tempo...".
Quell'ultima frase non l'accettai.
Scossi la testa: "No, ho finito" e dopo aver acceso la camera del cellulare,
inquadrai il viso di lei che mi guardò spaventata, umiliata forse, ma sicuramente
abbandonata ai colpi insistenti di Gianni.
E' un'altra sera d'una nuova d'estate, fa caldo, c'è noia, sei bicchieri di vodka e
dodici birre sul tavolo del bar e poi, noi, più grandi di un anno e con un solo pacco di
sigarette da 3 euro e 10 centesimi, sempre le stesse.
La francese che è con noi parla delle barche e delle "lampare" ed io del
mercato rionale della Vucciria.
"E voi" chiede "cosa sapete della ragazza tedesca scomparsa l'anno
scorso?"
Tiro a me il cellulare con un gesto istintivo: "Sono solo leggende" dico,
"solo leggende".
Poi Nino mi passa le chiavi della casa vecchia e mi schiaccia l'occhio: toccava a me
riscaldarla.