La bara era
coperta da un drappo nero. Sistemata malamente su due assi di legno sotto l'altare,
sembrava essere dotata di vita propria. La si avvertiva nell'aria già prima di vederla,
appena si metteva piede nel maestoso portale. L'atmosfera era sospesa, tesa e immobile
entro le mura della chiesa, e sembrava focalizzarsi proprio nel punto sotto l'altare. Era
un'attrazione irresistibile, e nonostante tutti e trenta i cherubini scolpiti nel legno
rivolgessero ostinatamente lo sguardo altrove, così come le statue in marmo presenti un
pò ovunque, non si poteva fare a meno di osservare la misteriosa bara.
Queste erano più o meno le sensazioni provate da Janet Colt in quella mattinata di
ottobre. Era in piedi con il portale chiuso alle sue spalle, e nonostante l'afa
insopportabile che c'era fuori, stava rabbrividendo. Non aveva osato fare un passo in più
da quando era entrata, ed era rimasta come inebetita quando aveva posato lo sguardo
sull'altare. Si guardò attorno e si scosse un pò. Finalmente era riuscita a distogliere
lo sguardo da quel posto, ed era tornata alla realtà. Non capiva come mai quella cassa di
mogano l'avesse spaventata tanto: era una fedele religiosa, e non aveva mai avuto paura
dei cadaveri. Semmai si dovrebbe aver paura dei vivi, si era sempre detta. Solo in quel
momento si accorse di quanto era grande la chiesa. Mentre si aggirava tra le panche,
antiche e un pò consunte, si accorse anche che la chiesa era completamente vuota. La
solitudine, l'aria tesa e gli occhi dei santi e dei cherubini che la spiavano da ogni dove
nella penombra, la misero in uno stato d'agitazione alquanto nervoso, cosicché quando lo
sguardo tornò sulla bara di mogano coperta dal drappo nero, si voltò repentinamente e si
avviò rapida verso l'uscita. Quando fu nuovamente all'inizio della fila di panche, si
fermò.
- Stupida. -
Era la prima parola che diceva da quando era entrata. Rivolse lo sguardo in avanti, non
senza un certo sforzo, e chiese scusa al Cristo in croce per avergli dato le spalle. Si
calmò, aguzzò gli occhi e ricontrollò prima di decidersi che gli occhi di Gesù non si
erano mossi e il drappo nero non si era sollevato. Il Salvatore la osservava come prima.
Si rese conto che era davvero stupida, e così dimostrava di essere la donnicciuola debole
che tutti credevano fosse. Ma come faceva a convincere gli altri di non esserlo, se non
convinceva neanche se stessa? Non c'era nessuno in chiesa, doveva metterselo in testa.
Appunto. Allora nessuno aveva alzato il drappo nero sistemato sopra la bara, solo qualcuno
da dentro avrebbe potuto... Scacciò via i pensieri molesti prima di essere costretta a
fuggire un'altra volta. Del resto una chiesa non era una strada, non poteva mettersi a
correre come in un prato. In quel momento era felice di essere sola in chiesa, perchè
stava visibilmente tremando. Poteva rabbrividire quanto voleva (e stava rabbrividendo
molto), ma nessuno l'avrebbe vista. Lo stesso nessuno che aveva alzato il drappo. Cercò
di distogliere i pensieri da quel maledetto ricordo, ma era consapevole che non poteva
ignorarlo. Perciò cercò di riportare alla memoria il primo quarto d'ora che aveva
passato a fissare la bara. Perchè l'aveva fatto? Cosa aveva visto? Era come se in quel
lasso di tempo avesse semplicemente smesso di pensare. Era assurdo, ma non c'era altra
spiegazione.
Avrebbe voluto rifletterci in un ambiente più sereno, senza quella tensione che si
tagliava a fette. Ma Janet Colt voleva risolvere il mistero, perchè c'era un mistero.
Indubbiamente, in quella chiesa c'era qualcosa che non andava, forse nell'angolazione
delle pareti, forse nelle troppe sculture ombrose, molto più probabilmente in quella
testa umana sgozzata che continuava a spiarla da dietro l'organo. Janet si lasciò cadere
su uno dei sedili, cacciò le mani in tasca e accese una sigaretta. Aspirò a lunghe e
calme boccate il fumo che si spandeva nell'aria, sino a finire la sigaretta. Osservò,
senza nascondere il disappunto, che ne era rimasta solo una, e poi si occupò dei problemi
più immediati, come la pozzanghera di sangue che si stava formando poco lontano dai suoi
piedi. Il continuo plic plic del sangue che sgocciolava doveva averle dato
alla testa, perchè si intestardì nel capire perchè il sangue si fermasse in quel
preciso punto, vista l'assenza di buche o dislivelli di alcun genere nel pavimento. Poi
Janet decise a malincuore di tornare alla realtà (la realtà?).
Alzò lo sguardo, ma la testa era ancora là. Sembrava sospesa per aria, dietro le canne
dell'organo. Osservò i capelli, radi e scuri, il viso glabro e pallidissimo, la bocca
larga e violacea. Non osservò gli occhi. Non ne ebbe il coraggio. Già alla prima
occhiata era riuscita ad evitare lo sguardo del cadavere (era certa che la testa
appartenesse al cadavere nella bara). Janet continuava a fissare la testa con il sangue
rappreso non più solo con raccapriccio, ma anche con una strana sorta di compassione. A
quanto pare qualcuno (non sapeva chi, nè voleva saperlo) le aveva concesso del tempo per
pensare. Janet Colt pensò. Al posto di tentare di razionalizzare, avrebbe fatto meglio a
pregare, e pregare molto, ma non le venne in mente. I suoi pensieri erano ingarbugliati e
irrazionali, ma era normale, vista l'atmosfera. Non era facile pensare, sapendo che
nessuno l'assisteva, e sapendo chi la osservava in quel preciso momento. Non era uno
scherzo ottico o del cervello: di questo era tragicamente sicura. Forse lo scherzo non era
del cervello, ma di qualcun altro. Qualcuno che poteva aver alzato il drappo nero, poteva
aver sbarrato le poche finestre della chiesa con inferriate (solo ora se n'era resa
conto), e poteva aver fatto il resto. Si aggrappò a questa ipotesi, ma sapeva che non era
così. Il silenzio assoluto era insopportabile, nessun suono proveniva nè dalla chiesa
nè da fuori. Avrebbe preferito una sarabanda di urla infernali a questo beffardo
silenzio. All'improvviso le venne in mente un pensiero, cioè di quanto fosse assurda
quella situazione.
- Che diavolo ci faccio qui ? Avrei dovuto essere in hotel, non in questa stramaledetta
chiesa pidocchiosa! - urlò, sfogando le sue paure. Malgrado le bestemmie, l'udire la
propria voce le diede coraggio, e stava quasi per alzarsi e correre via, quando si accorse
che il tempo era scaduto. Non poteva più farci niente. La porta si era serrata da sola.
Pianse, pianse per lunghi minuti, ma ormai tanto valeva arrivare fino in fondo. Fece una
veloce confessione al Signore, mentalmente, visto che pregare era inutile: forse neanche
Lui poteva aiutarla. Si asciugò il viso, e alzò lo sguardo. La testa non si era mossa,
era sempre lì, con la stessa espressione mite e pacifica (la si poteva indovinare dalle
labbra). Aveva provato commiserazione e pena per quella... cosa, ma ora i suoi sentimenti
stavano cambiando. Non sopportava più quella testa, con la giugulare troncata di netto e
una riserva pressochè infinita di sangue. Ormai la odiava, e quando la pozzanghera
raggiunse i suoi piedi l'odio raggiunse il colmo: Janet afferrò una brocca di vetro lì
accanto e la scagliò alla testa, maledicendola e urlando. Il suo odio era nutrito dalla
paura, ma lei non avrebbe mai ammesso di aver paura, neanche lì, neanche in quel momento.
Perciò guardò dritta negli occhi la cosa, in tono di sfida, ma non era preparata a ciò
che vide. Si era immaginata uno sguardo di accusa, o uno supplicante, ma nella penombra
scorse solo una banale docilità negli occhi dell'essere ultraterreno, una docilità che
rasentava l'idiozia. Ora c'era anche una sfumatura di sorpresa e innocenza che sembrava
però la sintesi di un'enorme malvagità, beffarda e crudele. La guardava. Oddio! la guardava!
Chi era lui per guardarla? Quello era uno sguardo umano! Plic plic. Il
sangue sgocciolava ancora. Plic plic. Doveva essere una persona molto florida e in
salute per avere tutto quel sangue. Plic plic. Janet si irrigidì nella panca
mentre un corpo evanescente, decapitato e nudo, usciva dalla bara. Quando fu di nuovo
visibile da dietro l'organo aveva nuovamente la sua testa. L'uomo col viso glabro e lo
sguardo insulso la fissò ancora. Si dirigeva verso un'arcata buia, ma la sua testa era
girata innaturalmente di 180 gradi e la fissava ancora. Janet Colt accese l'ultima
sigaretta e ricambiò lo sguardo. Il cadavere scomparve dietro l'angolo, ma i suoi occhi
rimasero stampati nell'aria, e portavano chiaramente un messaggio. Janet lo percepì
immediatamente. Dicevano:
- Aspetta lì. Prendo la mia mannaia e torno. -
- Non mi troverai, demonio! - urlò a mò di risposta Janet Colt. Mentre si chiedeva se
l'avesse sentita, cercava un nascondiglio tra le panche. Dove non l'avrebbe mai cercata?
Lo sguardo andò inevitabilmente all'altare, e poi sotto l'altare. Dall'oscurità giunse
un rumore metallico. Janet osservò la bara, e vide che il drappo nero era un poco alzato,
quasi a chiamarla.
- Bisogna aver paura dei vivi - si disse Janet, ma stava rabbrividendo.
- Io non ho paura di niente - si ripetè. La lucidità era tornata proprio quando avrebbe
voluto svenire, o almeno essere incosciente. Una figura bianca cominciava ad avvicinarsi
dal buio, accompagnata dallo sgocciolio del sangue. Aveva in mano qualcosa di grosso e
pesante, che pareva luccicare.
- No, qua non mi troverai, infame - pensò Janet.
La bara è coperta da un drappo nero.
Stavolta è sistemata sopra la terra fresca del cimitero del paese, a pochi metri da una
fossa scura e poco profonda, scavata di recente. Piove a dirotto fuori dell'enorme chiesa.
Il piccolo sagrato non è riparato e l'acqua entra in profondità nel suolo molle e
poroso. Non molto lontani, dei rumorosi e poco rassicuranti fulmini squarciano l'aria,
portando con loro una brutta tempesta. In balia delle forze della natura il sacerdote
continua a esercitare le sue funzioni. Mary Colt segue affascinata la scena, un funerale
con quel grandioso scenario avrebbe affascinato anche una persona meno sensibile.
Nonostante non conosca il morto guarda con una sorta di dolore intimo la bara che viene
velocemente calata nella fossa e ricoperta di terra. Il defunto è un certo signor R.,
gliel'ha detto il notaio del paese, un tipo strano e solitario decapitato due giorni
prima. Mary non riesce proprio a capire cos'è questa malinconia che la pervade dopo che
l'ultima palata di terra ha ricoperto completamente la bara. Ecco che arriva il notaio,
che bofonchia sul fatto che al mattino, quando aveva sollevato la bara, gli era sembrata
molto più pesante di poco fa.
- Forse Dio, nella sua infinita misericordia, insieme alla vita ha tolto a quest'uomo il
pesante fardello dei suoi peccati - argomenta il prete.
- Bah - dice il notaio - molto più probabilmente la testa di questo poveraccio è
rotolata via dalla bara -.
Mary, nel frattempo, sta pensando alla sorella che dovrebbe essere già tornata in hotel a
quest'ora, quando all'improvviso sente un gran fracasso provenire dagli alberi nell'angolo
est del cimitero. Sembra che qualcuno rovisti nel boschetto alla ricerca di qualcosa. Gli
altri non ci fanno caso, fino a quando non sentono tutti il rumore di qualcosa di grosso e
metallico cadere per terra, su una roccia. Mary si precipita con gli altri verso gli
alberi, e si accorge che ha smesso di piovere. Tutti sentono un rumore di passi che
corrono, ma non viene trovato niente, oltre a una mannaia sporca di sangue su una pietra.
Tutti si spaventano, comincia ad accorrere gente, e ben presto si capisce che la mannaia
è sicuramente l'arma con cui il signor R. è stato decapitato due giorni fa in chiesa; il
notaio aggiunge che qualcuno deve avvertire il coroner. C'è molta confusione, Mary ora ha
molta paura, anche se non sa bene di cosa. Si guarda intorno e vede, in piedi appoggiato a
un albero, un tizio col cappello che prima al funerale non aveva visto. Nel trambusto
generale l'uomo, molto misterioso e molto pallido, sembra che tenti di ascoltare qualcosa,
qualcosa che sfugge a tutti. L'uomo appoggia l'orecchio a terra, e infine si rialza
soddisfatto.
- Ecco dove si era nascosta! -
Lo dice piano ma tutti lo sentono. Mary sente il rumore nello stesso istante e, compresa
la sua natura, sviene. Tutti gli altri interrompono le loro attività e fissano
sconcertati l'uomo che si avvicina, raccoglie la mannaia e saluta tutti agitando il
cappello. Dopodichè si allontana lentamente, lasciando una scia di sangue dietro a sè. Plic
plic. Il sangue sgocciola dal collo. Plic plic. Tutti rimangono allibiti e
terrorizzati per molto tempo; il notaio è il primo a svegliarsi dal letargo. Si guarda
attorno inorridito e chiede:
- Ma allora chi abbiamo sepolto? -
Da lontano giunge una risata diabolica, mentre i tonfi sordi e le grida di donna che
provenivano dal terreno, e che si ripetevano da un pò con una certa continuità, sono
già svaniti nel silenzio.