Boris alzò
il muso dalla ciotola e si leccò i baffi.
"Ti è piaciuto piccolino?"
Non c'era maledetta volta che gli davano da mangiare senza che la femmina giovane gli
facesse quel verso. Come se lui avesse potuto capire i suoi gorgoglii.
Boris fece un paio di giri attorno alle sue gambe, tanto per darle soddisfazione. Lei
allungò una zampa verso la sua testa, ma lui sgusciò via e se ne andò nell'altra
stanza. Odiava quando gli esseri umani lo toccavano.
Scivolò nel corridoio e cercò l'uscita. La porta era chiusa. Merda. Si sedette sul
pavimento e si leccò una zampa. Lo aiutava a pensare. Non c'era altro modo, per quanto
odiasse farlo. Controvoglia, si rialzò, fece due larghe passeggiate ed infine cominciò a
grattare contro il legno della porta.
"SILVIA! APRI LA PORTA CHE BORIS VUOLE USCIRE!"
La voce della vecchia femmina era stridula come quella di una gatta in amore. Quel
pensiero gli mosse qualcosa nella pancia ed il desiderio di uscire si fece feroce. Estruse
tutte le unghie e grattò più forte.
"Eccomi, eccomi..."
Alla buonora. La femmina giovane arrivò col suo passo pesante ed aprì la porta. Boris
uscì con calma, ma senza guardare indietro. "Silvia" gli sbraitò qualcosa
senza delicatezze, ma lui si limitò a non considerarla. Sentì la porta richiudersi. Fino
all'alba era libero.
Era una notte magnifica. L'aria era calda ed i profumi delle piante erano così forti da
dare alla testa. Sentì un movimento in un cespuglio. Anche se si era ingozzato di quella
roba che gli passavano in casa, al pensiero del sangue la sua bocca si riempì di saliva.
Se fosse stata un'altra sera non ci sarebbero stati cazzi: la voglia di cacciare era una
stretta nelle sue budella. Ma si ricordò cos'aveva da fare.
Si sedette e si leccò la schiena. Qualunque cosa si fosse mossa nella siepe se ne scappò
via. Boris si rialzò ed uscì dal giardino.
Non gli piaceva camminare per strada: le macchine, di notte, passavano velocissime. Un
paio di volte aveva rischiato di rimanerci sotto. Scattò ed attraversò la striscia
d'asfalto. S'infilò in un vicolo e cominciò a girovagare tra le case. Dove diavolo
poteva essersi cacciato? Era lì, sentiva il suo puzzo dappertutto. Poi l'odore non fu
più solo d'urina, ma di gatto. Boris si fermò e scrutò nel buio del viottolo, finché
non lo trovò.
Aramis era vecchio e malandato. Il nome gliel'aveva dato un umano con cui stava da
giovane, ma poi l'avevano scaricato e adesso viveva per strada. Aveva perso un occhio in
una zuffa per una mezza fetta di carne marcia. All'altro era andata peggio: mangiandola si
era beccato la dissenteria ed era morto. Aramis invece era ancora lì, sdraiato sul
muretto di un giardino, sempre con la sua fame bestia.
"Ah, sei qui! Credevo che avessi cambiato zona." gli miagolò Boris.
Aramis si limitò a guardarlo, con l'occhio buono mezzo socchiuso.
"Ma dove cazzo vuoi che vada."
Aramis era uno di quei vecchi gatti che si esprimevano solo a gesti, cosa che mandava
particolarmente in bestia Boris.
"L'educazione proprio non ti entra in testa,eh?" gli ruggì contro.
Ma Aramis non fece una piega.
"Sgonfia quella coda, quando parli con me. Cosa vuoi?"
Boris rilassò la schiena, che aveva incurvato come un ramo di salice. Si sedette e
guardò Aramis nel suo occhio giallo.
"Volevo chiederti se sapevi... che fine hanno fatto gli altri."
Boris non riuscì ad interpretare quel movimento delle labbra del vecchio.
"Gli altri... chi?" gli rispose degnandolo finalmente di un suono.
"Lo sai chi. E' da giorni che non li vedo. Dove sono spariti tutti?"
"Strano. Mike l'ho visto proprio ieri notte."
Il vecchio continuava a guardarlo, con un angolo della bocca piegato all'insù. Boris
cominciò a pensare che lo stesse prendendo per il culo.
"Cazzate. Sono almeno due notti che non marca il territorio."
"Forse ha cambiato zona."
"Non ne aveva motivo."
"Forse ce l'aveva."
Aramis si alzò stancamente. Si stiracchiò e, pigramente, saltò a terra.
"Vieni." disse, e fece per andarsene.
"Dove?"
"Da Mike."
Boris gli avrebbe volentieri cavato l'altro occhio, ma si rassegnò a seguirlo.
Trotterellarono per un bel pezzo. Si allontanarono dalle case ed alla fine arrivarono ad
una palazzina isolata. C'era una macchina enorme, di quelle che gli uomini usavano per
andare nei campi. Aramis si sedette vicino alla montagna di metallo e cominciò a pulirsi
le zampe, con calma.
L'odore che c'era nell'aria non piaceva per niente a Boris.
"Dov'è Mike?"
"Hai il pelo dritto, ragazzo."
"Perché mi hai portato qui? Cos'è questo?"
Aramis guardò la fessura che si apriva nella grande scatola di ferro.
"Mike è lì dentro, non lo senti?"
Boris camminò davanti ad Aramis e lo guardò con aria di sfida. Il vecchio non si
scompose. Proseguì, fino all'apertura nella macchina. Dentro era buio ed il caldo
toglieva il fiato. L'odore divenne insopportabile. Gli occhi si abituarono all'oscurità
e, all'improvviso, lo vide.
Boris soffiò furiosamente e schizzò fuori. Aramis lo guardava, sempre con la sua stronza
espressione.
"E' ridotto male, eh?"
Boris ansimava. Quello che rimaneva di Mike era incrostato sulle lastre di ferro della
macchina. L'aveva riconosciuto solo dall'odore.
"Come... come..."
Aramis si grattò un orecchio.
"Ieri notte l'ho visto che scappava come un pazzo. Forse si è nascosto qui. Alla
mattina l'umano dev'essere venuto ad accendere la macchina. E forse Mike era troppo stanco
per accorgersene..."
Boris soffiò di nuovo. Si accucciò in un canto, lontano dalla macchina, e si mise a
tremare. Perché Mike aveva fatto una cosa così stupida? Cosa l'aveva spaventato così
tanto? Lentamente il suo cuore cominciò a battere un po' meno selvaggiamente e Boris
riuscì a rallentare il respiro, a sentire di nuovo gli odori. C'era qualcos'altro
nell'aria, che il naso di quel vecchio coglione non riusciva più a fiutare. E Boris
capì.
Boris aveva il fiatone. Non aveva mai corso per così tanto nella
stessa notte. Il primo istinto era stato scappare, ritornarsene a casa degli umani e
nascondersi sotto al letto della vecchia femmina. Ma poi aveva capito che non sarebbe
stata una soluzione. Lei si era tradita. Lui aveva sentito il suo odore dove Mike era
morto. Doveva trovarla. E ucciderla.
Corse per tutte le case degli umani, per tutti i giardini. Ogni tanto si fermava a fiutare
l'aria, poi ripartiva, coi polmoni che gli bruciavano. Ogni volta sentiva il suo odore,
portato dal vento o nascosto dalla puzza della spazzatura.
Boris cominciò a seguire la grande strada. La notte era così fonda che non passava più
nessuna macchina. La traccia era sempre più forte. Poi qualcosa cominciò ad insinuarsi
nell'aria, a confondere la scia. Boris si fermò ad annusare, a pensare. E vide quella
cosa in mezzo alla lingua d'asfalto. Si avvicinò lentamente, come se stesse puntando una
lucertola. L'odore era sempre più chiaro. Carne. Fece ancora qualche passo, ormai la
poteva vedere. Era una fetta di carne, grossa e sanguinante. Di quelle che mangiano gli
umani.
Boris ci girò un po' attorno. Poi si sedette e cominciò a leccarsi una zampa. Che
strano. Sembrava una trappola per cani, ma non puzzava di veleno. Eppure sentiva ancora la
traccia che stava seguendo.
Un miagolio, sommesso ma stridulo, gli fece interrompere le pulizie.
"Ciao, Boris."
Alzò il muso e si guardò attorno. Nel fosso. In mezzo alla siepe. La voce era venuta
dall'alto. Sul tetto. Sul tetto della casa più vicina, molto più in alto di dove avrebbe
mai potuto arrivare con un salto. La vide.
Carmen era sdraiata sui coppi e lo guardava coi suoi occhi verdi. Era ancora bellissima.
Quando lui, Mike e gli altri l'avevano presa, le sue urla erano arrivate fino al tetto
più alto. Ora stava agitando la coda lentamente, colpendo delicatamente le tegole. E lo
guardava.
"Ciao Carmen." miagolò piano. Faceva ancora caldo e lei era ancora nella
stagione giusta. La libidine montò così violenta da stordirlo.
L'idea non era stata di nessuno. Era stato l'istinto che gliel'aveva detto, e tutti si
erano eccitati da morire. Carmen era troppo bella per averla una sola volta. Era rimasta
incinta e finché era così non si poteva far nulla. Avevano aspettato, con pazienza, che
i piccoli nascessero. Poi, una notte, li avevano presi e li avevano ammazzati. Tutti e
sei. Carmen ci aveva messo solo qualche notte per tornare in calore, ma qualcosa in lei
non era ritornato come prima. Un po' alla volta si erano stancati e l'avevano lasciata
perdere. Ma poi, uno alla volta, avevano iniziato a sparire.
"Non vieni da me?" disse lei "Si sente fin da quassù che mi vuoi."
"Dove sono gli altri?"
"Un po' dappertutto."
"Come Mike?"
Carmen cominciò a far delle fusa leggere leggere. E Boris s'incazzò da morire.
"Tu sei stato l'unico abbastanza sveglio da venirmi a cercare." gli disse.
"Dovevi nasconderti meglio. Sono più grosso di te e tu non hai i piccoli. Sentirai
male."
Le fusa di Carmen diventarono un ruggito.
"Non mi sono nascosta. Lo sai chi fa il giro di questa strada, vero?"
Improvvisamente a Boris la notte non sembrò più tanto calda. Si dissolse tutto, il
profumo di Carmen, la voglia di sangue. Rimase solo l'odore della carne, là sull'asfalto.
Quando Boris cercò di scappare era tardi. Si sentivano già i primi ringhi. Venivano
dappertutto. I cani. Il branco di cani randagi. Cominciò a correre in tondo. Ma ad ogni
angolo spuntavano gli occhi lucidi di un'altra bestia. Due. Quattro. Sei. Erano così
affamati che sbavavano. Boris inarcò la schiena e soffiò. Saltò agli occhi di quello
che sembrava più impaurito dalla sua reazione ed affondò le unghie. Ma gli altri gli
furono subito addosso. Boris urlò, e le sue urla arrivarono fino al tetto più alto.