PARTE PRIMA
Nei monti di Ronya vive da secoli un uomo che ignora il significato della sua vita. Esso
ignora il motivo del suo vivere su quei monti e non sa perchè deve starci per così tanto
tempo. Egli è stanco oramai, molto stanco, e vorrebbe fermarsi per riposare un poco, ma
deve vagare per le aspre cime. Deve.
- Perchè io vado ramingo pè terre e monti, e non posso avere un unico domicilio, mentre
il genere umano intero può stanziarsi e riposare? Perchè non posso godere del conforto
di un altro essere umano, e posso sollazzarmi solo con lo zufolio del mio flauto? -
Così egli va lamentandosi e appellandosi al cielo mentre gira senza meta per il vasto
Reame dei Monti Cangianti.
PARTE SECONDA
Le sue peripezie cominciarono quando il padre e la madre diedero a lui tanti soldi e il
flauto che ancora lui porta, e gli dissero:
- Và figliolo, e torna con questi soldi triplicati! - e fra le tante lamentazioni che
egli è solito fare ora che è un ramingo, è inclusa quella di non poter tornare da suo
padre e sua madre coi soldi triplicati, per adesso. Egli salì poi su un mezzo di
trasporto e arrivò a quella enorme città che gli altri chiamavano Nuova York, ed egli
effettivamente triplicò i suoi soldi, li triplicò in un giorno solo puntando tutto su un
pugile di infima fama che a torso nudo e senza guanti abbattè un palmizio. Allora egli,
desiderando portare i soldi triplicati ai suoi genitori si arruolò immediatamente nella
Marina per tornare a casa, e prima di salpare egli chiese espressamente al Capitano:
- Portami a casa -. Ma il Capitano non doveva essere una brava persona, perchè portò la
nave proprio nella direzione opposta a quella dove stava la sua casa, pur di non
accontentarlo. Ma gli altri marinai erano scontenti del comportamento del loro Capitano ed
erano solidali col pover'uomo, per cui fecero sbarcare il Capitano su uno scoglio in mezzo
al mare ed elessero a loro Capitano il loro nuovo amico. Ora egli era felicissimo perchè
aveva coronato il sogno che non aveva mai avuto, e anche perchè poteva tornare a casa
dalla madre e dal padre. Ma ora non aveva fretta, per cui passò il tempo a girare in
lungo e in largo per i mari e gli oceani, toccando sempre nuovi porti e facendo ogni notte
festa sul suo veliero, con marinai, ballerine e tonni. Ma egli avrebbe fatto molto meglio
a tornare a casa sua allora, quando poteva, e infatti adesso se ne lamenta sempre:
- Dovevo andare a casa mia allora! -, dice. Ma egli continuava a vagare per porti e paesi,
e ad ogni porto che toccava una maledizione di questa o quell'altra strega veniva a
colpirlo. Un giorno si stancò di questa situazione, e andò a chiarire bene la faccenda
all'annuale concilio delle streghe, e fece la voce grossa un pò a tutte, chiedendo di
smetterla di torturarlo. Le streghe, strusciando i piedi, col capo un pò chino annuirono,
ma qualcuna disse minacciosa:
- Ci rivredemo tra tre giorni e due anni! -. L'uomo tornò al suo posto di comando e
ricominciò a bere rum e a portare la salsedine dei Sette Mari in tutti i porti
conosciuti, ricevendo in cambio le spezie dell'Occidente, rubini, oro e camomilla.
Le sue avventure da Capitano sono ancora famose in tutto il mondo e vengono ancora cantate
dai marinai ubriachi. Una volta si trovò a dover liberare un'intera colonia di pescatori
che era rimasta intrappolata dentro una bottiglia, e quanto dovette faticare per tirarli
tutti fuori! Un'altra volta, dopo essere stato affondato dai pirati, si ritrovò nel
Magnifico Mondo Sottomarino di Sua Maestà la Regina, dove colloquiò a lungo con il
governatore di quel posto, un vecchio branchiato e brontolone. Egli si lamentò a lungo
con il Capitano per l'incuria in cui questa provincia a quattromila metri di profondità
era stata lasciata dal governo di Sua Maestà, insistendo sul fatto che l'Inghilterra
avrebbe dovuto tenere in maggior conto le sue province più lontane. Il vecchio offrì
anche al Capitano una tazza di tè e il modo per tornare in superficie.
Un bel giorno, mentre egli gironzolava per le viuzze di un porto che aveva conquistato per
la terza volta, si imbattè in una vecchia strega. Allora egli si ricordò del concilio
delle streghe, della maledizione e della minaccia di quella stessa strega, e che fossero
passati proprio tre giorni e due anni, e ora si erano rincontrati per davvero! Il Capitano
si avvicinò con circospezione, finchè la vecchia strega non lo salutò e lo invitò a un
vicino bar. I due si tennero allegri bevendo e cantando antiche canzoni, fino al momento
di salutarsi.
Passò circa un mese, quando il Capitano scese dalla nave su un punto desolato della costa
per esplorarlo, e non tornò mai più. I marinai levarono le ancore piangendo, e poco
tempo dopo trovarono un nuovo Capitano, un uomo dalla lunga barba che diceva di essere
rimasto su uno scoglio per più di due anni.
Così finirono per il nostro uomo le avventure da Capitano, ma non le sue. Infatti egli si
era per caso imbattuto in uno di quei rari draghi violetti che vivono sui monti, e
scendono sulle coste per rapire ignari Capitani. Egli venne così rapito e portato in
rapido volo nel nido del drago sui Monti Cangianti, ma si liberò dai tre artigli della
bestia prima di arrivarci. Così non venne mangiato, ma nella caduta il buon uomo perse la
memoria, il suo nome, un fazzoletto blu ma sopratutto la sua meta, il suo scopo.
Ed è per questo che egli adesso vaga per i Monti Cangianti senza poterne uscire, perchè
non ha una meta, e ci vaga da secoli, perchè nella caduta ha perso anche l'età; e qua
finisce la parte di storia che riguarda il passato dell'uomo.
PARTE TERZA
Un giorno l'uomo uscirà dai monti di Ronya. Attraverserà con sicurezza i difficili passi
montani e troverà facilmente l'invisibile pista per uscire dal Reame dei Monti Cangianti,
e vi riuscirà, statene certi! Ma come farà? chiederete, dopo anni e decenni e secoli,
come farà?
Ora dovete sapere che i Monti Cangianti non hanno questo nome per caso o per burla, ma
perchè essi cambiano la loro conformazione col passare del tempo. E un giorno, fra tanto
tempo, colui che era stato chiamato Capitano troverà nel suo eterno vagare, dietro un
versante fino ad allora coperto da una rupe rugosa, un sacco di raso contenente un
fazzoletto blu e uno scopo. Fortunatamente, poco più in là egli troverà anche la sua
memoria, e così ritroverà anche il significato della sua esistenza, che tanto aveva
cercato. Purtroppo non ritroverà mai il suo nome, cosicchè neanche noi lo sapremo mai:
c'è da pensare che esso rimarrà nascosto per sempre da qualche sporgenza rocciosa, o che
qualche rana giocosa lo ruberà per appropriarsene e farsene un vanto tra i membri della
sua buffa razza.
Il nostro uomo dunque, dopo aver ritrovato la sua meta saprà istintivamente dove recarsi
e uscirà lesto dall'odiato Reame dei Monti di Ronya, per entrare nel principato di
Gudnhaven dai Mille Cieli, ma l'aroma di ciliegie che pervade questa terra sterminata non
gli risulterà gradito, tanto da procurargli più d'una rissa coi gelosi abitanti del
posto. Da quel momento in poi egli vagherà in lungo e in largo per mari e terre, Reami e
Protettorati, ma invano, poichè egli si sarà perso nel grande mondo, e non avrà modo di
tornare nella natia casa. Allora comincerà a chiedere, ma i popoli da lui interrogati ne
sapranno quanto lui sulle indicazioni da dare per la giusta via. I Ramoniani Blu gli
diranno candidamente di non sapere nulla sulla faccenda, gli Yr-Dema lo canzoneranno
crudelmente per la sua sorte, e i Madrileni gli porteranno una pelliccia calda,
equivocando evidentemente per differenze di lingua la sua richiesta.
Alfine egli sarà disperato, ma proprio quando avrà perso ogni speranza (fidatevi,
succederà proprio così!), i Popoli del Mare lo informeranno dell'esistenza, nel Paese
degli Umanisti (che ancora oggi non esiste, ma esisterà allora), di un Oracolo che tutto
sa, detto l'Unopiede, perchè avrà un solo piede. Non perderà tempo, il nostro uomo
senza nome, a ringraziare tutti i ventotto capi degli enigmatici Popoli del Mare e a
gustare la loro tipica bevanda, il cui gusto tanto ricorda quello dell'acqua salata, ma si
metterà subito in cammino verso il Paese degli Umanisti, per incontrare l'Unopiede, dal
cui consigliò dipenderà la sua vita futura. Arrivato che sarà alla sua meta, però,
incontrerà alcuni studenti della Novissima Accademia degli Umanisti, i quali lo
derideranno dicendo:
- Ecco qui un altro stolto arrivato da chissà dove per cercare l'inesistente Unopiede! -.
Dal che l'uomo capirà che la sua ricerca era stata vana, e si addolorerà molto.
- Oh no! - esclamerà - ora dovrò rimettermi a cercare! -
E infatti si rimetterà a cercare.