Solitamente
ero dietro al bancone il martedì. Solo, come spesso accadeva.
Sentivo che quella sera cera qualcosa di speciale, sentivo unaria di
diversità nella solita routine delle cose, prevedevo un cambiamento. Volontariato dietro
al banco di un bar della chiesa, un classico patronato. Come di solito, ultimamente, non
cera anima viva.
Tempo prima avevo qualche amico che veniva a fare due chiacchiere, amico forse è dire
troppo, beh cera qualcuno che veniva a prendere un caffè, il martedì. Si parlava
del più e del meno, del tempo... la politica, le cose... banali.
La sala era vuota, i pochi tavolini che cerano erano coperti da delle tovaglie di un
colore orrendo, sfatto e sbiadito, come tutto il posto. La luce era di quella tipica
freddezza lasciata dai neon nel più spettrale degli ospedali; continuavo a dirlo io, al
prete, di rimettere in ordine il locale.
Ma lui non ne voleva sapere, aveva invece comprato unorrenda statua di... sì... di
SantAntonio credo.
Era lì, sopra la scalinata che portava alle stanze del catechismo... con un lumino di
luce elettrica, sempre acceso. Quel posto era tutto quello che avevo, tutto quello che
speravo di avere e tutto quello che la vita mi aveva offerto fino ad allora.
Il martedì era il mio turno di volontariato.
Tutto quello che restava di me.
Sì, cera qualcosa di strano nellaria prima che lui entrasse. La luce era
diversa, pareva più calda; latmosfera era meno decadente; sembrava che tutto il
locale fosse mutato, solo per accoglierlo.
Il mio cliente.
Non mi accorsi neanche della sua presenza. Ero chinato per rimettere a posto delle
bottiglie di quella birra di sottomarca che comprava il prete per risparmiare; appena mi
alzai lui era lì, che mi fissava.
A dire la verità non so se mi fissasse, sembrava fissare un punto a destra dei miei
occhi, sembrava strabico. Ma di certo non lo avrei fatto pesare a lui, il mio cliente.
Era entrato come un fantasma e la sua presenza era funerea, incantata... lo accolsi come
se fosse stato il più bel regalo del destino. Sorrisi ed ascoltai quello che aveva da
chiedermi.
- Caffè ed un bicchiere dacqua... -
Le parole più semplici mi avevano dato un tremito di speranza, mi sentivo vagire come un
bambino appena nato, ma dovetti trattenermi, perché il mio cliente avrebbe sentito.. ed
io non lo volevo.
Da quel momento in poi tutto finì, il mio battito rallentò, non ero più felice.
Quellessere schifoso versò tutta lacqua nella tazza di caffè, con il caffè
ancora dentro. Mi fissava sempre con quellaria vacua, mentre lo faceva.
Ormai il bancone era tutto bagnato di acqua sporca, tutto il caffè era uscito e nella
tazza era rimasta solo acqua... ero molto irritato.
- Dammi tutti i soldi... -
Il mio cliente.
Non mi piaceva più il mio cliente, era stato insensibile, brandiva un coltello. Io lo
accoglievo come se fosse un fratello e lui voleva i soldi; quali soldi poi.
Lunico denaro che cera erano quelle poche monete ferme da settimane, forse
mesi... anni.
Non avevo visto mai nessuno io dentro quel posto, solo me stesso ed il prete, quel
tirchio, maledetto prete... in realtà non erano mai venuti amici a prendere il caffè.
Sentii un rigolo caldo nellavambraccio, un quieto torpore liquido che mi bagnò
tutta la camicia , il sangue del mio cliente.
Conficcai il coltello a doppia punta, quello per i limoni, nel suo collo teso; lui non
ebbe il tempo di muoversi... finalmente mi guardò negli occhi.. non era strabismo.. forse
quella di prima era paura.
In quel momento tutta la mia vita divenne chiara e limpida, i colori della sala divennero
caldi, festeggiavano con me il mio successo.
Poco dopo anche la statua di San Antonio festeggiò, il lumino si spense ed il corpo del
mio cliente era appeso lì, proprio vicino a lei.... per i piedi.
Ero rinato...
Me ne andai...
Verso il mondo che ora mi apprezzava...
E che mi apprezza tuttora.