Era una
chiesa come tutte le altre, popolata da persone che avevano donato la propria vita a Dio.
All'interno di essa, nell'ala est c'erano gli alloggi, piccole stanze con arredamento
minimale e triste.
Una delle stanze apparteneva a padre Simone, un prete di circa 30 anni, una persona
affascinante ed acculturata, tantochè molte donne del paese consideravano uno spreco
enorme il fatto che lui fosse un uomo di chiesa.
Padre Simone si stava vestendo, un'operazione semplice per chiunque, ma non per lui, i
rumori che gli affollavano la testa gli impedivano di muoversi con agilità, dandogli
spesso spasmi di dolore che lo immobilizzavano, in un'altra occasione si sarebbe rimesso a
letto, ma non stavolta, aveva un appuntamento troppo importante, padre Michele, suo
diretto superiore aveva chiesto di vederlo.
Per arrivare da camera sua all'ufficio di padre Michele era obbligatorio attraversare un
lungo corridoio, quel corridoio era la parte di quella chiesa che padre Simone odiava di
più, fra quei muri stretti e sporchi i rumori aumentavano di intensità, la strada era
vicinissima e quindi i lamenti del mondo esterno erano per lui più percettibili che mai.
Là fuori, tutti parlavano, tutti si muovevano... un esercito di umani che non l'avrebbero
fatto dormire nemmeno quella notte, l'ennesima passata fra lacrime e dolore.
Un esercito di errori che camminano, mangiano, lavorano e muoiono.
Alla fine del corridoio il dolore pareva essersi alleviato, il sudore si era asciugato, ma
padre Simone volle comunque aspettare un paio di minuti prima di bussare alla porta della
persona alla quale da oltre 5 anni doveva rendere conto delle proprie azioni, e spesso
anche dei propri pensieri.
Non ci fu bisogno di bussare, la porta si aprì da sola e dietro di essa apparve la figura
di un uomo sui 55 anni, un'espressione di ghiaccio alla quale padre Simone era abituato,
anche se questo non gli impediva di provare disagio ogni volta che se la trovava di
fronte.
I due si sedettero, padre Simone su una vecchia sedia di legno scomoda e malandata, il suo
interlocutore su una comoda poltrona rossa che ricordò al giovane prete il sapore del
proprio sangue.
"Simone, l'ultimatum che ti era stato dato è scaduto ieri, ne eri a
conoscienza?"
"Padre... non riesco più a contare i giorni, non dormo da 3 settimane, solo rumori,
rumori che mi impediscono di riposare, spesso anche di respirare, sono peggiorati
dall'ultima volta che abbiamo parlato"
Una lacrima scese bagnandoli prima la guancia e poi il collo, una lacrima fredda che
sembrava volergli attraversare tutto il corpo.
Mentre padre Simone se la asciugava, un rumore violentissimo sembrò squarciare la stanza
in due, mille pensieri gli si affollarono nella testa prima di realizzare che il tonfo era
stato provocato da padre Michele, o meglio, da un suo violento pugno sulla scrivania.
C'era rumore dappertutto, non sarebbe mai scappato, era circondato.
"Non hai più fede in Dio, la gente non crede più nelle tue parole, non appartieni
più a questo posto, a tal proposito proprio oggi ho parlato con i miei superiori e con
tua sorella, l'unica parente che siamo riusciti a rintracciare"
Sua sorella...
"Padre io... oddio... deve capire... io... dovete aiutarmi... non potete cacciarmi
adesso, il cielo mi è testimone, sono e sarò sempre un umile servitore di Dio, la fede
non mi ha mai abbandonato, sono i rumori signore, lamenti orribili... lamenti che... a
volte mi distraggono dai miei compiti"
Simone se ne stava rannicchiato nella sua sedia, i capelli sugli occhi e lacrime, stavolta
molte lacrime, un fiume di goccie fredde che gli toglievano il respiro.
"Domani stesso lei verra accompagnato da uno dei miei inservienti a casa di sua
sorella, starà lì per un periodo non inferiore a sei mesi, dopodichè il suo caso verrà
riesaminato, sono dispiaciuto quanto deluso dal suo recente comportamento, purtroppo non
ho scelta, è la soluzione migliore per lei e per la chiesa che sono stato chiamato a
dirigere.
Nel tornare verso la sua stanza incrociò due suore, improvvisamente smisero di parlare e
volsero lo sguardo il più lontano possibile dal suo, era abituato a tali comportamenti,
soprattuto nelle ultime settimane, ciò a cui non si sarebbe mai abituato era il rumore
lancinante che lui aveva imparato a leggere dietro quei silenzi ostentati.
Eccolo nella sua stanza, grigia, impersonale e triste, ogni tentativo di ravvivarla con
fiori ed ornamenti vari gli aveva procurato ammonizioni da parte di padre Michele, i
seguaci di Dio non hanno bisogno di colori diceva lui, i colori ci distraggono dal compito
di servitori di nostro signore.
Mise i pochi vestiti in una valigia che non veniva riaperta da molti anni, dopodichè,
come era solito fare nellultimo periodo, infilò la testa sotto il cuscino,
nellinutile tentativo di cercare un pò di silenzio... e riposo.
Due persone a lui sconosciute si precipitarono nella sua stanza prima delle 8, non erano
preti, lavoravano però per la curia, e con fare molto rude gli spiegarono la situazione,
erano lì per accompagnarlo a casa di sua sorella Marta, lunica parente che avevano
rintracciato.
O forse lunica che non era riuscita a non farsi rintracciare...
Marta viveva in una piccola casa, nel centro della città, 2 camere da letto, una per lei
e suo marito e laltra per la piccola lIlenia, la loro figlia di 7 anni.
Simone e sua sorella non avevano mai avuto un buon rapporto, lei era convinta che suo
fratello fosse un senzapalle, ed era questa la spiegazione che si dava del fatto che lui
si fosse fatto prete, quando si ha paura del mondo, la chiesa è un buon rifugio, se non
il migliore.
Il giovane prete, il suo rifugio, lo aveva appena perso.
Uno dei due uomini che lo aveva accompagnato, bussò alla porta di sua sorella, la quale
aprì la porta solo dopo un minuto, guardò i due uomini e poi volse uno sguardo al
fratello, non era per niente sorpresa, era stata avvertita sul serio, il che rese Michele
lievemente più sereno.
"Padre Michele mi ha chiamato 3 giorni fa, mi ha detto che ti eri ammalato, che
nessuno ti voleva più in chiesa, che loro non potevano curarti, mi ha praticamente
obbligato ad ospitarti qui, a casa mia, con la mia famiglia"
Un modo politicamente corretto per far capire al fratello che poteva starsene in quella
casa solo per una notte, due al massimo, nè lei, nè la sua famiglia avevano il minimo
desiderio di vivere con lui per più di 48 ore.
Marta su questo fu piuttosto chiara, gli altri componenti della sua famiglia invece, non
si degnarono nemmeno di rivolgerli una parola, fu per questo che Simone si rifutò di
cenare con loro, si stese invece sul lettino che la sorella aveva allestito in camera
della figlia, I muri della chiesa avevano pareti più spesse, pareti che in qualche
maniera erano capaci di attenuare i lamenti e le urla che lui riusciva a percepire, ma da
quella stanza, da quella stanza i rumori diventano più chiari e più spaventosi che mai,
prendevano forma e delineavano demoni ai quali per settimane intere aveva cercato di
sfuggire.
Erano solo le 9, quella notte sarebbe stata un inferno ed intanto il sudore gelato gli
provocava violenti spami, il cuscino sopra gli occhi era diventato un patetico tentativo
di non vedere linferno che ormai era diventato visibile anche con gli occhi chiusi.
Si mise una mano fra le gambe, strinse violentemente il membro con entrambe le mani, un
rituale che a volte riusciva a dargli un pò di sollievo, iniziò a masturbarsi in maniera
convulsa, improvvisamente la coperta scivolò sul pavimento, un secondo dopo la raccolse
sentendo la porta che si apriva.
Ilenia aveva una faccia felice, una bambina dallinfanzia spensierata pensò lui, si
guardarono per un attimo, poi leì senza proferire parola si mise sotto le coperte e
scivolò lentamente verso un'altra lunga notte di sonno.
Sotto le coperte, i movimenti di Simone si erano fatti meno convulsi, si muoveva con mano
più rilassata, non avrebbe mai permesso a se stesso di farsi scoprire dalla piccola
Ilenia, anche se, il fatto di avere qualcuno nella stanza mentre si masturbava gli dava un
senso di paura ed eccitamento che per un pò gli fecero dimenticare dei demoni e dei
rumori che fino a qualche minuto fa abitavano la stanza.
Era al massimo dellerezione, i lamenti erano tornati, più rumorosi che mai, si
masturbava con violenza tale che la piccola Ilenia ebbe un sussulto nel sonno, sapeva che
cera una sola cura a quel male, solo leiaculazione lo aveva aiutato in passato
a ritrovare la pace, se pur momentanea.
La testa che sta per scoppiare, respiro affannoso, il pene eretto e sanguinante, la
bambina nella stanza, i muri che hanno preso il colore rosso sangue, un esercito di
persone che dalla strada gli stanno via via passando le proprie agonie per liberarsene
definitivamente.
Non aveva scelta, aspettò che sua sorella ed il marito fossero a letto e poi andò in
cucina, prese un coltello, se lo avvicinò al pene e mentre piangeva dalla sua bocca
usciva una strana cantilena che forse era una preghiera o forse un canto di dolore che
solo per lui poteva avere un senso, non poteva permettere a se stesso di fare del male a
qualcuno, se non poteva eiaculare dentro una donna per liberasi dal male, doveva liberarsi
dallo strumento che gli provocava tanto dolore.
In quel momento si aprì una porta, la faccia addormentata della sorella si trasformò
improvvisamente in un espressione di dolore e spavento che padre Simone mai aveva visto in
una donna, la stessa che in quel momento gli si avventò al collo usando parole di
disprezzo nei suoi confronti, entrambi piangevano, ancora più rumore, insopportabile
stavolta... lamenti ai quali nemmeno lui era abituato.
La sorella gli strappo dalle mani il coltello e glielo infilò con forza e decisione in
una gamba, il sangue scorreva ma lui non sentiva dolore, il bisogno di liberarsi dal male
era più importante di ogni altra cosa, il suo tentativo di autolesione, interrotto dalla
sorella lo portava suo malgrado a non avere scelta.
Si tolse il coltello dalla gamba, ormai interamente ricoperta da un sangue più nero che
rosso, prese la sorella per i capelli, la buttò con forza a terra e la costrinse a
mettersi in bocca un tovagliolo che si trovava sul tavolo di fronte a loro, le alzò la
vestaglia scoprendo che non portava le mutande, le fece allargare le gambe mentre lei
cercava invano di chiamare il marito, dalla sua bocca uscivano suoni soffocati che solo
lui riusciva a percepire.
Il pene insanguinato entrò con violenza nella vagina della sorella, erano entrambi nudi
sul pavimento, la donna tentava invano di affondare le unghie nella schiena del suo
strupratore, ma questo regalava a Simone una sensazione di piacere e dolore che mai aveva
provato, adesso anche la donna era completamente piena di sangue, in parte del fratello,
in parte suo.
Sentiva che stava per venire e non potè trattenersi dallo stringere il collo della
sorella, che sembrava aver smesso di lottare, chiuse gli occhi e sentì il pene che stava
scoppiando, una sensazione che gli inebriava il corpo, un piacere mai provato prima, si
stese a terra, accanto alla sorella tramortita, godendosi per qualche secondo un silenzio
che ormai non ricordava più.
Il mio nome è Dario Meini, vengo da Firenze ma attualmente vivo a Sydney, Australia.