Salto
spesso da un pensiero all'altro.
Alle volte mentre sto finendo una frase, sto già pensando a qualcos'altro. Qualcosa che
non c'entra nulla con ciò che stavo dicendo. Non so se è una cosa normale, beh, a me
succede così. Anzi a dire il vero mi succede così anche per quanto riguarda tutto il
resto della mia vita. Cioè voglio dire che non porto mai a termine quello che ho
iniziato. Sono un'inconcludente.
Mi appassiono a qualche cosa e per un po' quella cosa sembra essere l'unica ragione di
vita. Addirittura provo compassione per tutti quelli che non condividono quella mia stessa
passione. Anzi alle volte mi incazzo proprio se qualcuno non capisce l'entusiasmo
che metto in ciò che sto facendo. Che so, per esempio, nella primavera di quattro anni
fa, o cinque? Mi ero perso dietro i modellini di elicotteri. Diavolo, quelle piccole
creature meccaniche che scoreggiano nuvolette grigie di vero carburante mi facevano
impazzire. Ero diventato un vero e proprio esperto. Sapevo tutto sui motori e i
telecomandi, sapevo tutto sui produttori migliori di pezzi di ricambio, anche i
pettegolezzi. Un paio delle più famose riviste del settore avevano pubblicato dei miei
articoli, insomma ero uno che la sapeva lunga sui modellini di elicotteri a motore. Poi,
un bel giorno, tutto finito. Chi se ne frega del modellismo. Quello che conta veramente
nella vita, nella mia vita, è il free-climbing. Sì, quei pazzi scatenati che senza
nessuna sicurezza si arrampicano ovunque fra le pareti scoscese delle montagne rocciose.
Quei dementi che per un bicchiere di adrenalina camminano sugli specchi dei grattacieli
nelle metropoli più famose del mondo mentre un nugolo di poliziotti e vigili del fuoco li
aspettano a braccia aperte per fargli passare qualche notte al fresco e mandarli a casa
con una bella multa in tasca, feticcio d'orgoglio di quel gruppo di fanatici.
Beh, io sono stato uno di quelli. Mi sono rotto qualche costola, conservo ancora le
radiografie, cadendo come un sacco di patate da pareti di quinto e sesto grado di
difficoltà. Niente male per un principiante. Poi non sono più caduto, certo altrimenti
non sarei qui a raccontarlo.
Credete che sia durato molto? Il free-climbing intendo. No. Dopo essere stato ripreso tre
o quattro volte dalla televisione nelle mie imprese spericolate e senza dubbio fuori
legge, basta. Cioè dico, quando cominciavo ad essere uno che conta nell'ambiente, una
sorta di icona per le nuove generazioni, chiudo.
Perché?
Non lo so.
Adesso sto pensando alle ciliegie. Questa sera me ne stavo lì seduto
davanti alla TV via satellite, mi pare che guardassi un documentario sulle orchidee, e mi
ingozzavo di ciliegie per l'appunto. Com'è che si dice:... una tira l'altra? Cazzo se è
vero!
Insomma per farla breve ne ho mangiato un secchiello pieno. Mica lo avevo premeditato. Ma
l'ho fatto. Quanto saranno stati? Quattrocento, cinquecento grammi di ciliegie? Mah? Un
bel po' comunque.
Niente di ché, se non fosse che non avevo nulla dove sputare i noccioli o gandolini
come li chiamava un mio vecchio amico. E allora me le sono mangiate tutte intere, proprio
tutte; polpa e nocciolo. Nel secchiello sono rimasti solo i piccioli o come diamine si
chiamano quei cosini verdi che trattengono la ciliegia attaccata al ramo fino a che non è
matura.
Ora, la polpa di ogni ciliegia non è un granché sul totale del peso di ogni frutto.
Perciò credo che su mezzo chilo di ciliegie devo avere almeno trecento grammi di noccioli
belli tosti nella pancia.
Ecco perchè ora me ne sto seduto al cesso con un forte dolore allo stomaco spremendo
acqua maleodorante dall'ano in fiamme. Ogni tanto passa anche uno di quei piccoli bastardi
e tintinna sul fondo in ceramica della tazza dopo un sonoro "pliph" nell'acqua
putrida. Penso che morirò così. Chino sulla tazza del water con le mani strette intorno
al ventre e l'espressione di uno che sta partorendo un vagone ferroviario messo di
traverso.
Pensate a chi mi troverà messo così. Al tanfo che sentirà quando aprirà la porta di
questo bagno.
Che foto metteranno sulla mia lapide? Dato che non ce ne sono di recenti, metteranno
quella che mi farà la scientifica per documentare la mia morte. Occhi in fuori e denti
stretti. Click! Un bel primo piano sulla mia lapide. Questo è quello che lascerò ai
posteri.
Oddio, che dolore tremendo.
Sputate sempre i noccioli delle ciliegie bambini, altrimenti vi succederà quello che è
successo a quel tale che fu ritrovato sul cesso... Beh, diventerò una leggenda. Uno
spauracchio per i piccoli, più famoso e gettonato dell'intramontabile "Uomo
Nero", del "Babàu" che si nasconde sotto il letto dei bimbi che fanno i
capricci per dormire.
Sono passati più di quaranta minuti. Oramai non sento più le gambe. E
il culo mi fa un male boia. Mi sembra che qualcuno mi abbia spento un sigaro tra le
chiappe, uno di quei bei sigaroni cubani che sono impossibili da tenere in bocca
date le dimensioni, che sembrano proprio degli stronzi.
Il solo pensiero di passarci sopra un pezzo di quella carta igienica da due soldi, quella
rosa per intenderci, mi fa venire gli incubi. Già, perché credo di essermi appisolato
più di una volta nell'ultima mezzora, con il mento tra le mani e i gomiti appoggiati alle
ginocchia insensibili. Non credo che se tentassi di alzarmi le gambe mi reggerebbero.
Finirei con la testa nell'oblò della lavatrice qui davanti. Magari lo sforzo per alzarmi
e la botta mi farebbero sparar fuori gli ultimi noccioli che si accalcano nell'ultimo
tratto di intestino.
Comincio a sollevare prima un piede e poi l'altro nel vano tentativo di riattivare un
minimo di circolazione ai piani bassi. Macché.
Mi massaggio vigorosamente le cosce, ma il disagio non fa che aumentare. E poi la vedo.
L'incubo di chiunque si trovi in una situazione simile. Vi ricordate della carta igienica
da due soldi? Be', adesso che guardo meglio e faccio un rapido calcolo mi rendo
perfettamente conto che non sarà mai sufficiente per fare ciò per cui è stata
concepita.
I miei occhi perlustrano la piccola stanza da bagno e notano che si tratta di un piccolo
bagno di servizio, una specie di piccola lavanderia, perciò niente bidè e niente doccia.
Cara grazie che c'è un water, non è mica il bagno principale. E ora che si fa?
Prima possibilità: farsi bastare la carta... impossibile. Seconda possibilità: lavarsi
il culo nel lavabo... roba da trapezisti, in condizioni normali, mutilato degli arti
inferiori, praticamente impossibile. Terza possibilità buttarsi sul pavimento e aspettare
con il culo per aria che le gambe riacquistino funzionalità e... lavarsi il culo nel
lavabo. Oppure me ne frego e me ne vado così come sono venuto.
Urge una decisione perché sento che il materiale appena espulso, che in parte si è
fermato in prossimità dell'orifizio, per non so quale proprietà fisica comincia a
rapprendersi lì dove si trova. E' un fatto della vita che la cacca si solidifichi a
contatto con l'aria, credo perchè perda via via la sua umidità. Pensate un po', parte
casca nel pozzetto del cesso e parte, la parte più evanescente direi, vi rientra nelle
narici sotto forma di umidità puzzolente. Mi viene da dire che ci respiriamo
"l'anima" della nostra cacca. Che pensiero allettante.
Insomma è il caso che io passi all'azione.
Non mi ricordo più quali erano le possibilità che avevo elencato mentalmente per uscire
da questa situazione, ma non importa.
Per prima cosa prendo quel micropezzetto di carta rosa dura come il cartone da imballaggio
e con molta, moltissima cautela, mi tampono l'orifizio, sicuro che questa operazione
pulirà ben poco, ma che diamine, un uomo si deve poter accontentare.
Poi mi lascio cadere sul pavimento piastrellato di un disgustoso verde marcio. Le gambe mi
fanno parecchio male, ma siamo già alla fase degli spilloni che mi martirizzano, segno
che il sangue comincia a scorrere di nuovo.
Come un soldato in una trincea mi trascino con il passo del leopardo verso il lavabo, che
da qui mi sembra un grattacielo. Già, proprio come un leopardo che lo ha preso in quel
posto, e non ha gradito affatto.
Forse non ho mai provato ad andare con un uomo per questa atavica paura del dolore al
culo, che non deve essere mica da poco, almeno le prime volte. Anche la paura degli aghi
mi ha tenuto lontano dal provare, almeno una volta, l'esperienza di iniettarsi dell'eroina
nelle vene e farsi un "viaggio".
Ora riesco a sollevarmi. Mi appoggio con il sedere al bordo del lavabo, un po' di
contorsioni e riesco a sciacquarmi con molta delicatezza. L'acqua fredda mi fa sobbalzare,
ma poi è piacevole. Il culo mi si sfiamma un poco.
Il mal di stomaco non è del tutto scomparso e credo che quindi dovrò ripetere la seduta
più volte questa sera, ma per ora credo di aver guadagnato una tregua fino ad arrivare a
casa. Lì ho della morbidissima carta da culo che mi attende copiosa sul portarotoli.
Fortunatamente non sono venuto fin qui in auto, perché avrei qualche difficoltà a
guidare, cioè a stare seduto. In metropolitana posso stare anche in piedi, anche se si
tratta di una decina di fermate non sarà certo faticoso. Comunque non vado quasi mai a
fare un "lavoro" con la mia macchina, non è sicuro. Meglio usare i mezzi
pubblici.
Mi tiro su i calzoni anche se in questo posto non c'è nemmeno uno straccio per asciugarmi
il culo bagnato, strano per un locale adibito a lavanderia, ma è così. Se ci fossero
stati dei panni li avrei usati per pulirmi e non avrei fatto le acrobazie sul lavabo. E
anche se avessi imbrattato e fatto sparire dei panni non avrei causato dispiacere a
nessuno... ormai.
Faccio scorrere l'acqua nel water, giusto per non lasciare tracce, tracce organiche di me,
voglio dire.
Vedo spesso C.S.I. alla TV e quegli stronzi della scientifica sono proprio bravi a
risalire a qualcuno anche da un singolo pelo, figuriamoci con mezzo chilo di diarrea e
noccioli semi digeriti di ciliegia sulla scena di un delitto.
Comunque ho imparato che se cazzeggi sul lavoro vieni punito. Solo che in questi giorni fa
così caldo che l'idea di mangiarmi qualche ciliegia fresca di frigorifero e approfittare
della TV satellitare in panciolle in uno dei salotti più lussuosi della città, dopo aver
fatto il "lavoro" ovviamente, non mi sembrava poi così male. Ci sarà il
ricordo del mio culo in fiamme a rammentarmi la lezione.