Sono un mostro diverso dal solito che striscia nei veli dell'esistenza. Vivo nel Labirinto che esiste da sempre. So cosa sono. So dove sto e non ignoro da dove provengo. La mia origine è nei viventi che sono al di là di questo mio mondo. Per quanto percorra di giorno e di notte tutti gli anfratti che mi girano attorno, non trovo l'uscita e non esco all'esterno, nè raggiungo la soglia del Labirinto scavato dai Sogni. La mente umana spande rami profondi e forma per gemmazione nuove caverne, cunicoli e anfratti. La mia esistenza è tra la vita e la morte, tra ordine e caos, tra Essere e Nulla.
Ognuno m'ignora e non guarda il mio loco. Nessuno che mi veda o ci faccia caso. Escrescenze e protuberanze mi coprono il corpo di scaglie, aculei e piaghe. Sono un mostro di... pura follia e senza specchiarmi da sempre lo so. Mi nutro di gente nel Labirinto per caso caduta. Alcuni entrano senza saperlo; s'aggirano cauti con apprensione e molte paure. Guardano gli anfratti, ascoltano tesi eventuali rumori; a tentoni avanzano entro le forre crepuscolari. Impauriti per chimeriche ombre, elevano grida e chiamano aiuto. Nessuno sente, nessuno risponde ai loro forti, continui richiami. La gente è altrove. Altrove c'è gioia e benessere. La vita vera è oltre la soglia del Labirinto. I miei prigionieri vagano senza riposo in questi anfratti cupi e profondi. Tutti cercano con la fuga l'uscita, la libertà e anelano la vita, ma cadono esausti e hanno la morte. Li assalgo famelico cogli artigli pungenti. Attanagliati dalla mia forza, li sbrano con le fauci taglienti-sanguinolenti e li ingoio nelle viscere putrescenti. La gente lì fuori ama e si aiuta, ma se cade per caso in questa rete di lunghe caverne è per sempre perduta. Più si dimena contro il destino, più si avvicina alle mie possenti fameliche brame. La salvezza è altrove. Nella mia tela non c'è speranza. Sono il mostro che come il ragno aspetta le prede.
Nessuno sforzo aiuta i perdenti caduti per sempre nel Labirinto.